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Occorrono politiche lungimiranti per ridurre il debito. Scrive Bonanni

Le forze politiche bipolari, ciascuna attraversata da componenti demagogiche e populiste, non sembrano in grado di adottare politiche lungimiranti. Ed è necessario per le realtà consapevoli, pur collocate in schieramenti opposti, trovare insieme delle coordinate politiche per cambiare la visione economica e sociale del Paese, per restituire senso alla politica. La ricetta di Raffaele Bonanni

L’Italia si trova in un momento critico sia a livello continentale che mondiale, colpita da debolezze strutturali e debito pubblico esorbitante. La politica, indipendentemente dal colore, non ha ancora adottato indirizzi economici responsabili sulle priorità del Paese. Questo ha portato il debito a salire rapidamente a 3mila miliardi di euro, con costi di 90 miliardi in interessi.

Gran parte delle élite culturali ha preferito tacere su tali nodi, privando i cittadini più consapevoli di valutazioni e indicazioni economiche e sociali responsabili. Di fronte ai rischi geopolitici inediti e ai cambiamenti economici significativi nelle dinamiche di scambio e negli equilibri di mercato, dobbiamo adottare nuovi e necessari indirizzi per garantire il benessere futuro degli italiani.

Le forze politiche bipolari, ciascuna attraversata da componenti demagogiche e populiste, non sembrano in grado di adottare politiche lungimiranti, essendo inclini a scelte semplificate. Ed è necessario per le realtà consapevoli, pur collocate in schieramenti opposti,  trovare insieme delle coordinate politiche per cambiare la visione economica e sociale del Paese, per restituire senso alla politica.

La classe dirigente deve puntare sull’unico modo per rendere benefica l’azione politica: indicare una direzione, senza negare la necessità di sforzi e sacrifici temporanei per raggiungere l’obiettivo finale. Ad esempio, il debito va ridotto a scapito delle misure populistiche. Siamo gli unici in Europa a non aver ridotto il debito di un solo centesimo; anzi, lo abbiamo raddoppiato. Ogni riduzione avrebbe effetti positivi significativi: risparmieremmo sugli interessi da reinvestire nello sviluppo; attireremmo maggiori investimenti internazionali; e ci sottrarremmo progressivamente dai rischi legati alla voracità dei mercati finanziari, che tendono a sfruttare la debolezza dei debitori.

La riduzione progressiva del debito e il piano pluriennale di riduzione della spesa primaria, pattuito con l’Ue nel nuovo patto di stabilità, non sembrano essere presi sul serio dal dibattito politico, a partire dai ministri. Eppure, già si parla di un “tesoretto” di 13-14 miliardi di euro che deriverebbe dalla lotta all’evasione fiscale. Questo è il solito pallone sonda che governi imprudenti hanno usato per bonus elettoralistici finanziati con nuovo debito.

È necessario fermare i membri del governo che propongono spese coperte da ulteriore debito, così come alcune forze sociali e dell’opposizione che nelle loro rivendicazioni ignorano la realtà del bilancio. Agendo in questo modo, non fanno altro che normalizzare le trasgressioni governative.

Il documento finanziario che inizierà il suo percorso di definizione a fine settembre per il 2025 deve diventare il punto di svolta tra il passato e il futuro. Dipenderà dal coraggio e dalla lungimiranza della migliore classe dirigente che in ogni epoca di difficoltà ha saputo emergere.

Investire nella concorrenza, nell’innovazione, nella ricerca, e nel capitale umano è l’unica strada per rilanciare la competitività e stabilire entrate solide e costanti per la redistribuzione della ricchezza. Il capitale umano necessita di un’attenzione particolare: il suo sviluppo, come la ricerca di soluzioni per colmare i vuoti della nostra demografia in declino, è di primaria urgenza. L’intero settore dell’educazione deve essere sottoposto a un profondo processo di cambiamento.

Il patto non scritto, ma vigente, che la docenza non sia retribuita adeguatamente in cambio di una mancanza di verifica sul suo stato di efficienza durante i cambiamenti culturali e tecnologici deve essere abbandonato. Gli insegnanti devono essere retribuiti decorosamente e partecipare a processi formativi che li avvicinino ai cambiamenti in atto. La nuova docenza deve essere selezionata in base alle specializzazioni utili a preparare i giovani ai mestieri del futuro. Oggi manca mezzo milione di specializzazioni avanzate, necessarie per la digitalizzazione dei servizi e delle produzioni, posti ancora vacanti.

Anche i flussi migratori, meglio regolamentati, sono ormai cruciali per il nostro sistema produttivo e per il welfare. La proposta dello ius scholae per la cittadinanza ai loro figli può diventare un segno di civiltà e di riconoscenza verso gli immigrati che da tempo lavorano nel nostro Paese.

Soluzioni bipartisan il banco di prova per il superamento del sistema politico rissoso ed improduttivo.

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