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Il Medio Oriente trascina le portaerei americane (che non sono nell’Indo Pacifico)

Gli Usa non hanno portaerei nell’Indo Pacifico, mentre ne hanno due in Medio Oriente. Il Pentagono ha capacità operative vaste, ma la questione apre a polemiche politiche verso Usa2024 e a riflessioni più consistenti

Per la prima volta dal 2021, gli Stati Uniti si trovano senza una portaerei schierata nel Pacifico, o più precisamente nell’Indo Pacifico orientale, regione chiave per la sicurezza globale e l’equilibrio di potere con la Cina. Questo spostamento di attenzione è legato a un crescente impegno nel Medio Oriente, dove le tensioni con l’Iran e il supporto a Israele richiedono un dispiegamento militare significativo. La USS Abraham Lincoln è arrivata nella regione la scorsa settimana, unendosi alla USS Theodore Roosevelt, già presente nella zona dall’inizio del mese. Entrambe le portaerei provengono proprio dal Pacifico, in un movimento di assetti che rappresenta una rotazione significativa delle forze statunitensi.

Questo esercizio tattico riflette una situazione in cui la deterrenza sembra essere saltata, soprattutto considerando le sfide che gruppi di miliziani possono porre alle rotte geoeconomiche che collegano l’Europa all’Asia attraverso l’Indo Mediterraneo. Un quadro complesso, che richiede una risposta efficace alle minacce emergenti, ma che rischia di sottrarre attenzione ed energie alla strategia.

Il Pentagono ha dichiarato che, al momento, non vi è una necessità immediata di mantenere una portaerei nell’Indo Pacifico, e ha rassicurato che gli Stati Uniti mantengono comunque la capacità di intervenire rapidamente con operazioni “over the horizon” se necessario. Tuttavia, questa situazione sta creando dibattito sul timore che l’assenza di una presenza navale di massimo livello possa essere interpretata dalla Cina come un’opportunità per espandere la propria influenza nella regione. Dibattito molto strumentalizzato a livello politico interno e su cui la Cina finisce per capitalizzare a livello di narrazione.

Cosa dice il Pentagono

Interrogato sulla questione, un portavoce del Pentagono ha spiegato ieri che gli Stati Uniti monitorano attentamente la gestione globale delle forze per garantire la copertura degli impegni, inclusi quelli nella regione indo-pacifico, considerata comunque la principale priorità. Nonostante l’assenza di una portaerei, il Pentagono ha enfatizzato che esiste comunque una significativa capacità militare nella regione, anche una forte presenza navale.

Le portaerei, solitamente accompagnate da gruppi da battaglia, rappresentano la massima espressione della proiezione militare strategica di un Paese e sono simboli di potenza. Come spiegava il capitano in pensione Jerry Hendrix, esperto delle strategie di dispiegamento navale degli Stati Uniti, la capacità degli Stati Uniti di proiettare potenza e dissuadere potenziali aggressori dipende strettamente dal dispiegamento di queste navi. La Cina, in particolare, ha mostrato una crescente aggressività nelle acque del Mar Cinese Meridionale, rafforzando le preoccupazioni legate a una potenziale assenza navale statunitense.

Il vero problema è dunque legato al peso che gli inciampi tattici producono sulle priorità strategiche: concentrarsi su minacce immediate in Medio Oriente, o anche in Ucraina, può avere conseguenze a lungo termine sull’equilibrio di potere nell’Indo-Pacifico? Probabilmente no, ma intanto anche per far fronte a certe situazioni gli Usa lavorano a quel “latticework approach” di cui si parlava in IPS28082042: alleanze, cooperazioni e capacità condivise con i partner regionali. Ma nell’immediato c’è un’altra problematica: alleati e partner americani non sono ancora in grado di sostituire un’eventuale assenza statunitense, mentre la Cina continua a rafforzare le sue capacità militari giorno dopo giorno.

Gli Usa mantengono capacità operative 

Bryan Clark, un ex ufficiale navale e attuale esperto di difesa dell’Hudson Institute, ha fornito a Business Insider un’analisi tecnica della situazione, spiegando che l’incapacità degli Stati Uniti di mantenere più di una portaerei nel Pacifico, salvo in caso di guerra, richiederà alla U.S. Navy di fare maggior affidamento su gruppi anfibi e sottomarini per dissuadere e deterrere Cina, Russia o Corea del Nord. Attualmente, due piattaforme anfibie — là Boxer e la America — sono dispiegate nel Pacifico centro-orientale, a sostegno a proposito di questo.

Le due sono incluse nelle rispettive Amphibious Ready Groups in grado di eseguire una vasta gamma di operazioni militari. Le navi d’assalto anfibio come la Boxer e la America fungono da ammiraglie del gruppo e sono dotate di una piattaforma di volo che consente il decollo e l’atterraggio di elicotteri e aerei a decollo verticale, come gli F-35B. Accanto a queste navi, un ARG include anche una nave da trasporto anfibia (LPD), che supporta il movimento di forze di sbarco e una nave da sbarco (LSD) a completamento della formazione, fornendo ulteriori capacità per il trasporto e il lancio di mezzi come hovercraft e altri veicoli anfibi, essenziali per portare truppe ed equipaggiamenti dalla nave alla riva. Queste navi lavorano in sinergia con una Marine Expeditionary Unit (MEU), una forza di circa 2.200 Marines pronti per essere dispiegati rapidamente in diversi scenari operativi.

Sono progettate per essere estremamente flessibili e possono essere impiegate in una vasta gamma di missioni, e ciò le rende uno strumento fondamentale per la proiezione di potenza. Non a caso, anche la Cina ha iniziato a potenziare questo settore negli ultimi anni. Saranno certe unità a essere fondamentali se e quando Pechino deciderà di risolvere la pratica dell’annessione taiwanese con la forza.

In definitiva, gli Usa mantengono nell’Indo Pacifico una reale ed effettiva capacità operativa, anche efficace all’evenienza, nonostante l’assenza di una portaerei. E dunque la questione è anche parte del dibattito interno verso Usa2024. Questa dimensione è chiara in letture della situazione come quella fornita dal capitano Jim Fanell, ex direttore dell’intelligence interna alla flotta del Pacifico, al Washington Times — giornale conservatore fondato dal reverendo Moon e ancora in mano alla Chiesa dell’Unificazione. L’attuale gap, dice Fanell, “invia un messaggio chiaro e inequivocabile a Pechino che dice che è improbabile che l’amministrazione Biden-Harris intervenga per aiutare a proteggere l’interesse nazionale dell’America in Asia o quelli dei nostri alleati come il Giappone, [le Filippine] o persino Taiwan”. Non è così definitivamente, ma ogni occasione è buona per fare campagna elettorale in questo momento.



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