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Destino comune, Mao, modello cinese. Il prof. Tsang ci porta nel pensiero di Xi

Emanuele Rossi ospita nella newsletter Indo Pacific Salad un’intervista al professore Steve Tsang, uno dei principali esperti al mondo di Cina, in cui si delinea il pensiero del leader Xi Jinping e i suoi riflessi sulle dinamiche globali. Dalla sinizzazione al destino comune, fino all’esportazione del modello cinese nel mondo

Grazie a un’intervista a Steve Tsang, direttore del China Institute della SOAS, Formiche.net prova a entrare nella testa del leader cinese, Xi Jinping. Tsang è uno dei massimi esperti al mondo di Cina e tra quei grandi accademici che con i loro studi permettono di decifrare il pensiero dei leader che hanno dipinto i corridoi dello Zhongnanhai. Il professore hongkonghese è in Italia perché giovedì 5 settembre sarà ospite del Guarini Institute of Public Affairs della John Cabot University di Roma, protagonista di un evento organizzato dall’associate director dell’istituto, il professore Enrico Fardella, in cui verrà presentato il suo nuovo libro ”The Political Thought of Xi Jinping” (Oxford University Press, 2024). L’edizione della newsletter “Indo Pacific Salad” questa settimana ruota attorno all’intervista in cui si parla anche delle differenze tra il pensiero di Xi e quello di Mao Zedong, del concetto di sinizzazione, delle problematiche economiche cinesi messe a confronto delle priorità di Xi.

Di seguito pubblichiamo un estratto: per leggerla interamente, basta iscriversi seguendo il link.

Tsang parla del destino comune pensato da Xi

Il “Destino Comune dell’Umanità” è spesso indicato come un modello cinese di governance globale, uno dei grandi temi sul tavolo anche nel confronto Usa-Cina. Quali sono le caratteristiche più sorprendenti di questo modello e quale tipo di gerarchia tra attori globali e regionali? “Il concetto di ‘Destino Comune dell’Umanità’ deve essere compreso insieme alle tre iniziative globali che Xi ha lanciato, sullo sviluppo, la sicurezza e la civiltà. Perché insieme, formano il quadro ideologico per guidare lo Stato e il popolo cinese a lavorare per trasformare l’ordine internazionale liberale esistente in un ordine tianxia sino-centrico”. Tianxia è un concetto tradizionale cinese composto da due parole “cielo” e “sotto”, che significa “tutto sotto il cielo”.

“Nel pensiero di Xi, i migliori tempi nella storia dell’umanità sono stati quelli in cui la Cina era la potenza più potente, ricca, avanzata e ben organizzata, una potenza così dominante e superiore che tutti gli altri ne riconoscevano la superiorità, vi deferivano e accettavano la sua leadership”, spiega Tsang. “Questo sarebbe considerato il raggiungimento della pax Sinica, con tutti che vivevano in armonia, senza che la Cina debba invadere nessuno. Questo è il tipo di ordine internazionale che Xi vorrebbe condividere con il mondo, in sostituzione dell’ordine internazionale liberale che viene visto come di, per e a favore dell’Occidente”.

È un concetto molto importante, cruciale per comprendere non solo la Cina, non solo il rapporto con gli Stati Uniti (l’altra grande potenza), ma in generale le dinamiche degli affari internazionali. Attenzione adesso: “Xi chiama la trasformazione dell’ordine internazionale liberale in un ordine tianxia la democratizzazione delle relazioni internazionali’. In realtà, si tratta di rendere la Cina la potenza preminente nel mondo, incontrastata da nessun altro. Questa concettualizzazione è globale per portata e ambizione, e non regionale”. Il lavoro diplomatico e di sicurezza a livello regionale è dunque solo un passo verso la realizzazione dell’ambizione globale insita nel compimento del “Sogno Cinese di ringiovanimento nazionale”.

Esportare il modello cinese

Uno dei paradossi più sorprendenti del discorso cinese deriva da una apparente contraddizione tra l’unicità del percorso cinese, in particolare le caratteristiche specifiche della storia politica cinese sotto la guida del Partito, il pensiero di Mao, e la capacità di esportare modelli cinesi di governance politica ed economica all’estero. Come spiegare questa apparente contraddizione? “Nel pensiero di Xi non c’è enigma. Il modello cinese è superiore e lo è a causa dell’esistenza del Partito Comunista Cinese e dell’abbraccio allo Xi-Thought. Questo non è pensato per l’esportazione, poiché altri non possono replicarlo senza creare un clone del Partito Comunista Cinese e adottare lo Xi Thought per intero. Xi è chiaro che non è interessato ad esportare il modello cinese, almeno così com’è”.

Ciò che sostiene è infatti la condivisione della saggezza cinese, dei metodi cinesi e dell’esperienza cinese, da cui altri possono essere ispirati e trarre preziose lezioni. “Un’implicazione importante – continua il professore – è che ogni paese ha il diritto di scegliere il proprio sistema di governo, quindi le autocrazie hanno tanto diritto di rimanere tali quanto le democrazie di rimanere fedeli al proprio sistema. In altre parole, l’approccio di Xi rassicura gli autocrati nel Sud del Mondo che la Cina li sostiene, contro qualsiasi tentativo occidentale guidato dagli Stati Uniti di far loro cambiare il loro sistema politico, e quindi crea un incentivo per le autocrazie nel Global South a sostenere l’ambizione della Cina di affermare la sua preminenza globale”.

È un’altra considerazione importantissima per comprendere cosa sta accadendo davanti ai nostri occhi, non alla Cina, ma al mondo. “La Cina – dice con un esempio Tsang – addolcisce l’accordo utilizzando la Belt and Road Initiative per fornire prestiti di sviluppo alle autocrazie senza condizionalità, cosa che le principali agenzie di sviluppo internazionali non faranno”.

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