L’ex presidente della Bce presenta il suo rapporto, con il quale dare all’Europa un’ultima possibilità di sopravvivenza. Il Continente rischia l’agonia, servono subito investimenti doppi, se non tripli, rispetto a quanto avvenuto con gli aiuti americani dopo la Seconda guerra mondiale. E il debito comune non è più rimandabile
E venne il giorno di Mario Draghi. Come da previsioni della vigilia, la Commissione europea ha alzato il velo sul rapporto redatto dall’ex presidente della Bce e già premier italiano, per provare a rendere l’Europa e i suoi governi, ancora più indipendenti dai mercati cinese e americano. E l’unico modo per riuscirci, è aumentare la propria competitività, mettendo carburante nel motore degli investimenti, della ricerca e dell’innovazione. Quando, mesi fa, Ursula von der Leyen si rivolse al padre spirituale del whatever it takes, affinché gettasse le basi per una rinascita industriale ed economica dell’Europa, proprio quando la morsa di Stati Uniti e Cina, complice il ritorno delle tensioni commerciali innescate dalla sovraccapacità cinese (qui l’intervista all’economista Fabio Scacciavillani), è tornata a stringere.
In 65 pagine, sintesi delle circa 400 che compongono il voluminoso rapporto, Draghi ha provato a dare la sua visione di Europa, fornendo quella cassetta degli attrezzi con la quale il Vecchio continente e il suo governo centrale, Bruxelles, potranno tentare di darsi una possibilità. Il filo conduttore del lavoro messo a punto da Draghi emerge, comunque, fin dalle prime battute: non c’è un minuto da perdere.
L’EUROPA SECONDO DRAGHI
Una panoramica. Innovazione, energia, sicurezza geopolitica e degli approvvigionamenti di materie prime e critiche, tutto ben condito da quella competitività, da portare avanti assieme alla decarbonizzazione, riduzione delle dipendenze e delle vulnerabilità esterne, rafforzamento delle capacità industriali su spazio e difesa, potenziamento dei mezzi di finanziamento e, infine, dei processi di governo dell`Unione europea. Sono gli elementi chiave toccati dal rapporto, Il futuro della competitività europea, che Draghi ha illustrato nel corso di una conferenza stampa insieme alla stessa von der Leyen.
L’analisi parte da un esame del quadro in cui si trova l`Europa e delle sfide che ha davanti, sintetizzate in tre capitoli: accelerare l’innovazione e trovare nuovi motori di crescita, abbassare i prezzi dell`energia continuando il processo di decarbonizzazione e di aumento dell’economia circolare e, terzo, adattarsi a un mondo di geopolitica meno stabile in cui le dipendenze esterne stanno diventando vulnerabilità e in cui non ci si può più permettere di affidare ad altri la propria sicurezza. Lo studio, insomma, analizza possibili strategie per chiudere il divario di innovazione che l’Europa accusa rispetto ai suoi maggiori competitori, guarda alle cause degli elevati prezzi dell’energia e a possibili soluzioni parallelamente alle sfide.
Un capitolo è dedicato poi alle vulnerabilità e alle dipendenze sugli approvvigionamenti esterni, ma anche alla necessità di procedere a un rafforzamento delle capacità industriali nei settori di difesa e aerospaziale. Il penultimo capitolo, il quinto, riguarda il tema di come finanziare gli investimenti in cui un elemento critico individuato è quello dell’attuale incompletezza dell’Unione dei mercati dei capitali, così come la necessità di trovare alcuni strumenti di finanziamento comune per massimizzare la crescita di produttività.
Infine, l’ultimo capitolo riguarda il rafforzamento dei processi di governo dell’Unione europea, partendo dalla considerazione che una nuova strategia industriale non riuscirà ad avere successo senza cambiamenti in parallelo nell’architettura e nel funzionamento dell’Unione. In particolare viene raccomandata la creazione di un nuovo quadro di coordinamento sulla competitività che dovrebbe focalizzarsi sulle priorità strategiche, la necessità di semplificazione delle procedure, nell`ambito del quale viene raccomandata di la creazione di un nuovo vicepresidente della Commissione responsabile della semplificazione, e un taglio degli oneri burocratici a favore delle Pmi.
UNA SFIDA EPOCALE
Ma è dalla prefazione del documento che emerge tutta l’urgenza di una sterzata in Europa, accompagnata da un radicale cambio di mentalità. Draghi non ci ha pensato due volte a parlare di doppio Piano Marshall, inteso come volume di investimenti per foraggiare la competitività perduta. “L’Europa si trova di fronte a una sfida esistenziale e l’unico modo di superarla, senza dover rinunciare ad alcuni dei suoi valori fondamentali, è quello di perseguire più crescita economica e maggiore produttività”. Secondo Draghi, tanto per fare due conti, il costo necessario per decarbonizzare e digitalizzare l’economia e al tempo stesso aumentare le capacità di difesa in Europa “dovrà essere aumentato di circa 5 punti percentuali di Pil, a livelli che non si vedevano dagli anni 70 e 60” del secolo scorso. A titolo di paragone ricorda che gli investimenti del Piano Marshall dal 48 al 51 ammontaronono “a circa l’1-2% del Pil l’anno”.
D’altronde, “se l`Europa non può diventare più produttiva saremo costretti a fare delle scelte. Non potremo essere in grado di diventare al tempo stesso leader sulle tecnologie, un polo di responsabilità climatica e un player indipendente su scala globale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremmo ridimensionare alcune se non tutte le nostre ambizioni. l’Europa esiste per assicurare che i suoi cittadini possano beneficiare dei suoi valori fondamentali, prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. Se l`Europa non può più assicurarli ai suoi popoli perderà la sua ragione di essere”.
L’agonia è dietro l’angolo, insomma, non c’è più tempo a disposizione. Draghi ha fatto l’esempio del reddito reale disponibile delle famiglie, che negli ultimi 15-20 anni negli Usa è cresciuto due volte rispetto all’Europa. “Potrei andare avanti su diverse metriche. Sarà una lenta agonia saremo una società che con l’invecchiamento fondamentalmente si restringe. Ma l`impressione di una morte immediata è nascosta dal fatto che questa torta che si restringe si divide tra sempre meno persone”.
L’ORA DI UN DEBITO COMUNE
Non poteva mancare un riferimento al grande assente di questi anni, il debito comune, terrore della Germania e dei Paesi frugali. Sì, il Recovery Fund è stato un esperimento di successo. Ma alla fine si è trattato di un caso isolato, o quasi. “L’Unione europea ha bisogno di un titolo di debito pubblico comune. Sapete tutti come la penso: è uno strumento funzionale per raggiungere i nostri obiettivi”, ha detto Draghi nel corso della conferenza stampa. Su questo “serve una valutazione comune su quali siano i pericoli e le ricadute. E questo è un ambito in cui i Paesi membri devono mettersi d’accordo”, ha detto. Berlino è avvisata.