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Così le forze centriste potranno collaborare tra loro. Scrive Bonanni

Le forze centriste potranno stilare un programma comune per collaborare tra loro, stipulando una unione politica federale che associa ciascuno degli aderenti e si dà regole di convivenza. Una sperimentazione sul campo della maturità necessaria per grandi obiettivi, al riparo da personalismi e furbizie, degna della cultura politica che i riformisti delle famiglie umaniste e liberali attendono da tempo. Il commento di Raffaele Bonanni

Ogni volta che emergono difficoltà nel bipolarismo, alcuni ambienti politico-culturali mostrano interesse nel concepire un’alternativa. Tuttavia, non bastano le buone intenzioni, né nuovi soggetti con gli stessi opportunismi e manchevolezze del sistema che criticano.

Parliamo della galassia delle presenze politiche e prepolitiche comunemente chiamate centriste: cattoliche, socialiste, liberali. Queste rispecchiano le idee di una parte consistente degli elettori, ma la loro forza si disperde in tre direttrici finora votate a vicoli ciechi. Alcuni si turano il naso e si accomodano a sinistra o a destra tra mille tormenti; altri costituiscono formazioni politiche che vanno in rotta di collisione con altre di simile cultura per contendersi l’egemonia di un’area ancora da costruire; altri ancora sono rappresentati da elettori sfiduciati sulle sorti future.

I primi due gruppi hanno fallito per opportunismo, cercando di bruciare le tappe convinti del mito premiante di chi è in campo a prescindere da ogni altro requisito. In tale situazione, è chiaro che si imprigionano in un contesto dominato da populisti e demagoghi, senza progredire tra i cittadini che votano o tra quelli che non votano, ormai più del 50% dell’elettorato.

Nel nostro sistema politico manca l’apporto dei centristi, forze inclini al buon senso nell’economia, nel governo delle istituzioni, nei costumi, disposte a compromessi per raggiungere larghe intese e non aduse al muro contro muro o alle facili invettive. Queste forze basilari in politica ostacolano gli eccessi e tendono a stroncarli nelle parti estreme.

Oggi, le due estreme si sono congiunte e hanno occupato lo spazio più ampio nella politica e nelle istituzioni, orientando la spesa pubblica improduttiva alla continua rincorsa elettorale. A dispetto della dinamica governo-opposizione, le estreme sono accomunate dall’incustodia dell’economia, dall’equilibrio del funzionamento del Welfare, dalla demolizione della terzietà delle funzioni dello Stato, e dall’indifferenza e ostilità verso le storiche alleanze con i Paesi democratici.

Se i centristi vogliono cambiare, devono smettere di pensare ai tempi brevi per la loro fortificazione, testimoniare la loro alternatività al sistema bipolare per apparire credibili a chi attende cambiamento, ripudiare drasticamente i partiti personali e rendere democratici e scalabili gli organismi dirigenziali. La loro credibilità e alternatività dovrà manifestarsi nel rigore verso le politiche di bilancio, nei sostegni mirati ai settori di eccellenza delle produzioni e dei servizi, nelle politiche energetiche che superino quelle fossili a favore di quelle pulite e nucleari per ridurre i costi e conquistare autonomia, nel cambiamento dell’educazione e nelle politiche incentivanti per la produttività e il merito.

Anche l’organizzazione dello Stato nella nostra Repubblica e nella prospettiva dell’evoluzione dell’Unione Europea merita una battaglia culturale e politica per ripristinare la piramide naturale statale nella ricerca dell’efficienza e dello snellimento. La logica della sussidiarietà verticale deve svilupparsi dall’Europa allo Stato nazionale per poi procedere verso gli enti locali. Stato ed enti locali dovranno snellirsi per efficienza e per raggiungere costi minori rispetto alla situazione attuale, che vede ogni articolazione straripare nei costi e richiedere sempre più tasse ai contribuenti.

Inoltre, la sussidiarietà dovrà essere estesa a quella orizzontale, instaurando rapporti tra soggetti pubblici, privati e associazioni di cittadini che possono organizzarsi per erogare servizi pubblici al pari degli enti locali. In questa logica, l’autonomia differenziata deborda dalle traiettorie future, appesantisce ulteriormente i pesi dei contribuenti e mina l’equilibrio da delineare per il futuro.

Le forze centriste potranno stilare un programma comune per collaborare tra loro, stipulando una unione politica federale che associa ciascuno degli aderenti e si dà regole di convivenza. Una sperimentazione sul campo della maturità necessaria per grandi obiettivi, al riparo da personalismi e furbizie, degna della cultura politica che i riformisti delle famiglie umaniste e liberali attendono da tempo. Sarà un cammino scelto in libertà che provvederà alla selezione della dirigenza e di un soggetto libero da proprietari, demagogia e dall’ipoteca delle estreme, che con l’attuale assetto bipolare e le leggi elettorali hanno compromesso le potenzialità dell’Italia nell’ultimo quarto di secolo.



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