I cinesi continuano a spendere meno di quanto producono, riversando l’eccesso di manifattura sui mercati esteri. E per avere una ripresa dei consumi nazionali serviranno non meno di dodici anni
La Cina degli anni 20 del Terzo Millennio ha optato per brillare di luce riflessa: inondare i mercati globali e concorrenti di prodotti e beni di consumo, ma tenendo ben stretta la cinghia in casa propria (qui l’intervista all’economista Fabio Scacciavillani). E così, la crescita cinese, se di crescita si può parlare vista un’anemia ormai atavica, viene da fuori e non da dentro. Il gioco, però, è a perdere. Perché per quanto si possa manomettere e distruggere le industrie del Pianeta, a suon di prezzi costantemente contro la sana concorrenza, niente potrà sostituire la spinta che può derivare da una ripresa dei consumi.
Di questo sono sempre più convinti gli economisti di mezzo mondo, tra cui quelli del Carnegie. “Il problema in Cina è che i livelli di consumo sono così bassi che riequilibrare l’economia e la crescita, richiederà molti più anni del normale”, si legge in un rapporto appositamente dedicato alla crisi cinese. “Quindi, quanto tempo ci vorrebbe perché i consumi cinesi raggiungano un livello normale? Per rispondere alla domanda, supponiamo che un livello di consumo sostenibile sia del 63-64% del Pil, dieci punti percentuali più alto di quello che è oggi. Data questa ipotesi, è ragionevolmente facile calcolare quanto tempo ci vorrebbe per la Cina per raggiungere l’obiettivo del 63-64%”
Ebbene, “ci vorrebbero dodici anni perché la quota di consumo aumenti dal 53-54% del Pil al 63-64%”, è la conclusione. Tradotto, il Dragone non tornerà a consumare come si deve prima di una dozzina di anni. Il che vuol dire che la sua economia, nel medio termine, è destinata a rimanere anemica, scaricando tutto l’eccesso della manifattura (la differenza tra quanto prodotto e quanto consumato in patria) sui mercati esteri, con tutte le conseguenze che ormai ben si conoscono. “Il Paese sta partendo da una base di consumo così bassa, che forse non sarebbe nemmeno sufficiente arrivare alla soglia del 63-64%. Ci vorranno molti anni perché Pechino possa tornare a consumare e assumere, per davvero, il ruolo di seconda economia globale”.
D’altronde, come sottolinea l’economista Michael Pettis (qui l’intervista su questi temi fatta con Formiche.net dello scorso anno) in un inciso del rapporto, “i regolatori stanno cercando di risollevare l’economia cinese ma senza affrontare in alcun modo il problema di fondo stesso: il rallentamento stesso dell’economia, che sta spingendo le famiglie a tagliare la spesa e allo stesso tempo a limitare ciò che desiderano, abbattendo i consumi”.