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Modello Berlusconi per la cooperazione Italia-Uk. La versione di Castellaneta

Giorgia Meloni potrebbe cercare di ripercorrere le orme di Silvio Berlusconi, che era riuscito a costruire una solida alleanza con Tony Blair, anch’egli a capo di un governo progressista ma in grado di andare oltre le divisioni “binarie” della politica tradizionale. Per fare ciò la figura del ministro degli Esteri Antonio Tajani può essere fondamentale. L’analisi di Giovanni Castellaneta

È possibile che i rapporti bilaterali tra Italia e Regno Unito restino forti anche con un governo laburista a Londra? Probabilmente quel feeling speciale che si era creato tra Giorgia Meloni e il conservatore Rishi Sunak, favorito anche da una maggior vicinanza ideologica, non si ripeterà adesso che a Downing Street abita Keir Starmer. Ma l’incontro che si è svolto ieri a Roma tra i due leader dimostra una vicinanza maggiore delle aspettative, che aiuta anche a considerare i rapporti internazionali andando oltre le categorie rigide (e forse non più adatte a raccontare i tempi odierni) di destra e sinistra.

Il nuovo premier britannico sta facendo un primo giro di visite nelle capitali dei principali Paesi alleati (sabato scorso si trovava a Washington per un delicato faccia a faccia con Biden che si è concentrato sul sostegno all’Ucraina) per allacciare rapporti e farsi conoscere: del resto, era da 14 anni che un governo laburista non era al potere in Regno Unito. Ieri è toccato all’Italia, e il fulcro dell’incontro con Giorgia Meloni (anche se in mattinata Starmer aveva anche incontrato i Ceo delle principali aziende nazionali, per sottolineare l’importanza del mondo del business) ha ruotato intorno alla gestione dei flussi migratori.

Il leader Labour, non appena insediatosi al potere, ha messo da parte la soluzione (per certi versi molto radicale ma soprattutto difficilmente applicabile) messa in campo dal governo Sunak per deportare gli immigrati clandestini in Ruanda, focalizzandosi invece sul contrasto dell’immigrazione clandestina all’origine. Per questo motivo, il premier britannico ha manifestato il proprio interesse per l’iniziativa che l’Italia sta attualmente sviluppando in Albania con la costruzione di un centro temporaneo di accoglienza dei migranti clandestini dopo il loro primo approdo sulle coste italiane. Si tratta di una questione molto delicata per il governo Starmer, già messo alla prova in queste ultime settimane da episodi tragici di naufragi avvenuti nella Manica, ma che testimonia la chiara linea di Londra di voler contrastare i traffici di migranti con fermezza, a prescindere dal colore politico dell’esecutivo di turno. Ecco perché fa bene Meloni ad andare oltre le semplici categorie “destra-sinistra” per costruire un ponte che possa garantire la solidità di un’alleanza con un Paese fondamentale come il Regno Unito.

In altre parole, la comunanza di intenti nel dossier migranti può essere un volano per rafforzare la cooperazione tra Roma e Londra anche in altri settori, a cominciare dalla Difesa (un dossier che acquisterà sempre più importanza, a maggior ragione se negli Usa dovesse vincere Trump) e continuando con l’economia. Giorgia Meloni potrebbe cercare di ripercorrere le orme di Silvio Berlusconi, che era riuscito a costruire una solida alleanza con Tony Blair, anch’egli a capo di un governo progressista ma in grado di andare oltre le divisioni “binarie” della politica tradizionale. Per fare ciò, e per portare dunque ad un rafforzamento dell’asse anglo-italiano, la figura del ministro degli Esteri Antonio Tajani (forte della sua lunga esperienza al fianco di Berlusconi e della sua autorevolezza internazionale) può essere fondamentale.

Ieri sono stati gettati i semi per una proficua cooperazione bilaterale che punta a trovare un’intesa su obiettivi comuni e concreti, cercando di andare oltre (o di ridurre) le divisioni politiche.

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