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Chi è Teresa Ribera, erede di Vestager alla Concorrenza europea (e non solo)

La ministra spagnola alla Transizione ecologica è stata scelta da Ursula von der Leyen come vicepresidente esecutiva per il Green Deal con delega alla Concorrenza. Le sfide che ha davanti a sé, sia sull’ambiente che in tema tecnologico, sono difficili. Ecco quali

Da donna a donna, ma da liberale a socialista. Cambia in parte ma anche in tutto la figura della commissaria alla Concorrenza europea. La nuova squadra esecutiva è stata presentata quest’oggi da Ursula von der Leyen, più sbilanciata a destra rispetto al passato, ma nel ruolo che era di Marghrete Vestager oggi siede la spagnola Teresa Ribera. Quella dell’antitrust sarà una delega, perché il ruolo principale che le è stato assegnato sarà quello di “vicepresidente esecutiva di una transizione pulita, giusta e competitiva e sarà anche responsabile della politica sulla Concorrenza”, ha spiegato la presidente della Commissione Ue nel presentarla. “Guiderà il lavoro per garantire che l’Europa rimanga sulla buona strada per gli obiettivi stabiliti nel Green Deal europeo”, forza trainante della vecchia quanto della prossima legislatura. Motivo per cui la scelta di Ribera cade a pennello, essendo fino ad oggi ministra della Transizione ecologica nel governo di Pedro Sanchez. Proprio il premier spagnolo aveva avanzato la candidatura della sua ministra – e vicepresidente – lo scorso luglio in rappresentanza della Spagna.

Le sfide di fronte a Ribera sono tante e non meno complesse. La prima riguarderà sicuramente la questione delle auto elettriche, con alcuni paesi (Italia inclusa) che chiedono di rivedere le scadenze. A vedere la storia della ministra, però, non sembra fattibile. Non è una che scende a compromessi, come ha dimostrato in occasione della Cop29 di Dubai quando aveva definito “disgustosa” la lettera con cui si i paesi produttori di petrolio avevano lanciato il segnale che un mondo senza idrocarburi sarebbe stato impossibile. Ribera si è dimostrata acerrima nemica del carbone, chiudendo molte miniere nel suo paese. Pensando però anche a riconvertire le mansioni dei lavoratori, per cui aveva stanziato 250 milioni di euro. Insomma, se l’Europa ha stentato nella rivoluzione green, una sterzata potrebbe arrivare da questa nomina.

Anche il settore tecnologico presenta sfide non meno ardite.

Ribera arriva in un momento estremamente delicato nei rapporti tra Ue e Big Tech, con quest’ultime messe sotto torchio dalle autorità comunitarie. Le sentenze della Corte di Giustizia hanno fatto storia, sebbene non rappresentino la fine dello strapotere delle grandi aziende tecnologiche. Ma ciò non esclude che Ribera potrebbe insistere sulla linea dura fin qui adottata. Certamente a Ribera tornerà d’aiuto la laurea in giurisprudenza per i cavilli più sottili, ma fino a un certo punto. Come la sua predecessora, dovrà vigilare qualora ci siano storture sul mercato, con fusioni tra grandi aziende che rischiano di soffocare quelle più piccole. Come sottolinea Reuters, potrebbe inoltre continuare con la stretta sui sussidi statali extra-Ue, per evitare che aziende al di fuori del perimetro europeo possano acquisire o partecipare a bandi con fondi statali.

Bisognerà tuttavia trovare una soluzione per il quieto vivere, rispettando le regole del Digital Markets Act (Dma) e del Digital Services Act (Dsa) senza però soffocare il progresso. Niente di più difficile.

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