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Gli ucraini attaccano in profondità. Colpito il deposito missilistico a Toropets

Azioni come quella realizzata dai servizi di Kyiv con l’impiego di droni potrebbero inficiare pesantemente la logistica russa. Ma il via libera occidentale all’uso delle armi a lungo raggio renderebbe più facile realizzare una campagna del genere

The biggest event of the war”. I toni dei commenti su Twitter sono certamente enfatici ed esagerati, ma non c’è dubbio alcuno che quanto accaduto nella notte tra martedì 17 e mercoledì 18 settembre abbia uno suo peso. Le immagini provenienti da Toropets, una cittadina dell’oblast di Tver sono effettivamente d’altissimo impatto: imponenti colonne di fumo si alzano da quello che era un deposito afferente al 107° Arsenale della Direzione principale dei missili e dell’artiglieria del ministero della Difesa russo, contenente missili balistici di produzione nordcoreana Kn23, missili per sistemi lanciarazzi multipli Grad e sistemi di difesa aerea S-300 ed S-400, missili balistici Tochka-U e persino alcuni missili balistici ipersonici Iskander.

Responsabili di quest’azione, secondo una fonte dei servizi di Kyiv che ha parlato in forma anonima con la testata ucraina Suspilne, sarebbero gli operatori dei droni del Servizio di sicurezza ucraino (Sbu), che hanno agito in concomitanza con la Direzione principale dell’intelligence militare ucraina (Gur) e le Forze per le operazioni speciali ucraine (Sso). L’attacco con il drone avrebbe causato una prima esplosione, a cui sarebbero seguite una serie di detonazioni secondarie causate dall’esplosione delle munizioni locate all’interno del deposito.

Rossiskaya Gazeta riferisce che la costruzione di questo arsenale, avvenuta nel 2015 al costo di 3,6 miliardi di rubli (equivalenti a 39 milioni di dollari), rientrasse all’interno di un programma per migliorare il sistema di stoccaggio di missili, munizioni ed esplosivi. L’ex viceministro della Difesa Dmitry Bulgakov aveva dichiarato nel 2018 che la struttura poteva resistere ai missili e persino a un piccolo attacco nucleare. Lo stesso Bulgakov che è stato arrestato lo scorso luglio con accuse di corruzione, una delle piaghe storiche dell’apparato militare russo sin dal crollo dell’Unione Sovietica.

I benefici dell’azione ucraina sono concreti. Oltre al tanto naturale quanto fondamentale effetto benefico sul morale della popolazione e dei soldati di Kyiv, attacchi di questo genere permettono di limitare la capacità del Cremlino di portare avanti non solo attacchi contro le posizioni delle forze armate ucraine, ma anche la campagna di bombardamento “strategico” (tecnicismo eufemistico risalente alla seconda guerra mondiale) che mira a colpire le infrastrutture e la popolazione civile dell’Ucraina, con l’obiettivo di spingere il fronte interno verso il punto di rottura.

Operazioni come quella realizzata contro la struttura di Toropets, nelle parole dell’Institute for the Study of War, esercitano pressioni operative più ampie sulle forze armate russe, al di là della distruzione individuale di scorte di munizioni e strutture logistiche. “Ripetuti attacchi contro depositi di munizioni all’interno della Russia che causano livelli di danno simili a quelli dell’attacco a Toropets potrebbero costringere il comando militare russo a riorganizzare e disperdere i sistemi di supporto e logistica all’interno della Russia per mitigare l’impatto di tali attacchi”, si legge nell’aggiornamento giornaliero sul conflitto pubblicato dall’Istituto.

Che poi prosegue, andando a toccare una delle questioni più dibattute in queste ore: “Le forze russe potrebbero non aver affrontato le vulnerabilità di molte strutture logistiche all’interno della Russia a causa dello spazio di rifugio che le restrizioni all’uso di armi fornite dall’Occidente da parte dell’Ucraina hanno generato, sebbene la struttura di Toropets non si trovi nel raggio d’azione dei sistemi occidentali sparati dall’Ucraina. L’abolizione delle restrizioni sull’uso dei sistemi occidentali e il continuo sviluppo delle capacità di attacco a lungo raggio dell’Ucraina potrebbero consentire alle forze ucraine di sfruttare più efficacemente tali vulnerabilità russe[…] Gli attacchi ucraini contro le strutture all’interno della Russia potrebbero avere un impatto sulle operazioni offensive in tutto il teatro ucraino, se le forze ucraine hanno il materiale, le capacità e l’autorizzazione a condurre una campagna di attacco contro le strutture logistiche e di supporto all’interno della Russia su larga scala”.

Nonostante i segnali incoraggianti degli scorsi giorni, l’amministrazione statunitense continua a temporeggiare sull’autorizzazione a Kyiv per l’impiego delle armi di manifattura occidentale in territorio russo. I funzionari dell’amministrazione temono infatti che un allentamento delle restrizioni sull’uso delle armi avrebbe un impatto limitato sul campo, e comporterebbe grandi rischi sul piano escalatorio. Timori che vengono cavalcati dalla leadership moscovita: la settimana scorsa il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato espressamente (che sia un bluff o meno, è un altro discorso) che la Russia sarebbe “in guerra” con gli Stati Uniti e i suoi alleati della Nato se permettessero all’Ucraina di usare le armi a lungo raggio.

Nel frattempo, i funzionari statunitensi hanno dichiarato di aver chiesto all’Ucraina di specificare meglio i suoi obiettivi di combattimento. Novità al riguardo potrebbero arrivare dal vertice tra il presidente statunitense Joe Biden e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, previsto per la prossima settimana.

(Immagine presa dal social media X)


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