In un contesto politico diverso, quel voto sull’utilizzo delle armi occidentali in territorio russo potrebbe avere ripercussioni e potrebbe addirittura mettere in discussione la tenuta del governo. Ma il contesto gioca indiscutibilmente a favore di Giorgia Meloni. Finché l’unica alternativa a questo diviso centrodestra sarà il cosiddetto campo largo, la presidente del Consiglio potrà dormire sonni tranquilli. Il corsivo di Andrea Cangini
È nota la pessima figura fatta dall’Italia lo scorso giovedì a Bruxelles in occasione del voto sull’Ucraina. Come l’Ungheria di Orban, gli europarlamentari di tutti i partiti che a Roma rappresentano la maggioranza di governo hanno votato contro l’articolo che autorizzava l’Ucraina ad utilizzare le armi occidentali in territorio russo (unica, lodevole, eccezione, il forzista Massimiliano Salini) e al momento del voto finale la risoluzione è stata approvata solo da Fratelli d’Italia e da Forza Italia. Non dalla Lega. È vero che la risoluzione non era vincolante, ma non c’è dubbio che l’Italia abbia dato prova di scarsa affidabilità agli occhi dei partner europei e dei membri dell’Alleanza atlantica.
In un contesto politico diverso, quel voto potrebbe avere ripercussioni e potrebbe addirittura mettere in discussione la tenuta del governo. Ma il contesto gioca indiscutibilmente a favore di Giorgia Meloni. Finché l’unica alternativa a questo titubante e diviso centrodestra sarà il cosiddetto campo largo, la presidente del Consiglio potrà dormire sonni tranquilli.
Sull’Ucraina, infatti, la divaricazione a sinistra è ancor più consistente di quanto non lo sia a destra. Partecipando alla marcia per la pace Perugia-Assisi, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha fatto di tutto per allargare la faglia che lo divide dal Pd di Elly Schlein. E lo ha fatto sapendo che il giorno prima a Bruxelles alcuni europarlamentari grillini hanno depositato due emendamenti per chiedere la sospensione tout court dell’invio di armi al popolo ucraino e per, tesi che più putiniana non potrebbe essere, adombrare presunti collegamenti tra le forze armate ucraine e i movimenti neonazisti europei.
Un eventuale governo Schlein-Conte, dunque, non reggerebbe alla prova della politica estera e di difesa. Anche perché, a traballare è lo stesso Partito democratico, i cui parlamentari europei in occasione del voto sulla risoluzione pro Ucraina a Bruxelles sono riusciti a dividersi in quattro posizioni diverse: c’è chi ha votato a favore, chi ha votato contro, chi si è astenuto, chi ha preferito non partecipare al voto. Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che nel cosiddetto campo largo milita anche l’Alleanza verdi sinistra di Fratoianni e Bonelli, inopinatamente attestata su posizioni analoghe a quelle del Movimento 5 Stelle, comprendiamo le ragioni per cui agli occhi delle istituzioni europee e della Nato il governo Meloni e l’attuale centrodestra rappresentino senz’altro il minore dei mali possibili.