Il titolare della Farnesina, a margine dell’assemblea dell’Onu, incontra i parigrado dei Balcani. I nodi di Kosovo e Bosnia, i progressi dell’Albania e i tentativi di penetrazione dei super player esterni. È un’area altamente strategica per l’Italia che plasticamente va dal Friuli al Mediterraneo orientale e che abbraccia gli interessi del governo in una serie di Paesi-chiave per lo sviluppo europeo futuro
Rilanciare il processo di integrazione europea di e di cooperazione regionale, nella consapevolezza che, accanto ai progressi e ai ritardi dei singoli Paesi che anelano all’Ue, andrà pianificata una strategia per attenzionare i tentativi di penetrazione dei super player esterni. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riunito a New York, a margine della 70ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, i ministri degli Esteri dei Balcani occidentali e del gruppo “Amici dei Balcani occidentali”. Presenti i rappresentanti di Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Austria, Repubblica Ceca, Croazia, Grecia, Slovacchia e Slovenia. “Lavoriamo per stabilità, crescita e integrazione nei mercati europei di una regione strategica per l’Italia”, ha spiegato il vicepremier.
Riunificazione balcanica
Lo ha detto da tempo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: di fatto le politiche europee di allargamento altro non significano che la cosiddetta “riunificazione dei Balcani”, con l’obiettivo di usare come metro di valutazione politica la tesi che allargamento vuol dire stabilità. La “riunificazione europea” dunque deve contemplare i Balcani occidentali e l’Italia sarà sempre al fianco di questi Paesi, spiegò la premier incontrando mesi fa il serbo Vucic, anche come accrescimento del ruolo italiano in loco. Roma pivot nei Balcani rappresenta in teoria lo stesso punto di caduta immaginato per il Piano Mattei in Africa, ovvero con la costruzione di rapporti e relazioni con i singoli paesi al fine di elaborare strategie condivise e rafforzare i rapporti bilaterali in un’ottica collaborativa e non predatoria.
In questo senso va letto l’impegno di Roma per le relazioni con l’intero costone balcanico, dove la tela dell’Italia si muove essenzialmente su due direttrici di marcia: sostenere il progresso dei singoli paesi nei dossier più significativi (che sono anticamera all’adesione) e mantenere il ruolo di partner politico principale anche in considerazione della vicinanza (geografica, culturale, sociale).
Progressi e ritardi
Da citare alcuni numeri che incidono sulle performance dei singoli paesi e che rappresentano senza dubbio un fattore di rischio: la Bosnia Erzegovina ad esempio, uno dei Paesi maggiormente instabili, ha il tasso di inflazione più basso della regione, 1,96 per cento su base annua. Ma prima in classifica è la Serbia con il 5,6 per cento seguita dal Montenegro con un’inflazione annua del 4,4 per cento. A seguire Croazia (4,1 per cento), Slovenia (3,4 per cento), Macedonia del Nord con il 3 per cento e l’Albania con il 2,6 per cento.
Nota dolens il Kosovo, attraversato dalla crisi con la Serbia: l’Ue ha deciso per il via libera all’esenzione del visto per i serbi in Kosovo con l’obiettivo di provare a compiere un passo verso una nuova distensione nella crisi tra Pristina e Belgrado. Innanzitutto consentirà ad alcuni cittadini kosovari di poter viaggiare in regime di Schengen e Ue anche con il passaporto serbo. In secondo luogo si punta finalmente ad armonizzare la questione relativa ai visti per tutta la regione balcanica, favorendo così la minoranza etnica nel nord del Paese che non avrà più bisogno di un passaporto kosovaro per viaggiare.
Pollice in su, invece, per i progressi dell’Albania, che hanno attirato le attenzioni di un player esterno come la Turchia, che dal 2013 è stata dichiarata “partner strategico” di Tirana. Le mosse turche in loco passano dal comune denominatore delle iniziative legate alla difesa. Da pochi mesi infatti l’Albania ha riaperto la base aerea di Kuçova, a sud di Tirana, per trasformarla in un hub logistico e operativo aereo della Nato.
La tela italiana
Si tratta essenzialmente di un’area che va dal Friuli al Mediterraneo orientale e che tocca anche gli interessi del governo in una serie di paesi-chiave per lo sviluppo europeo futuro. Il riferimento è ai nuovi ingressi nell’Ue dei Paesi dei Balcani occidentali, sia per smorzare le mire russe su quella regione, sia per confermare il tenore delle promesse europei a quei Paesi.
In questo senso l’Italia si è caratterizzata per un forte attivismo, come dimostra la conferenza di Trieste del gennaio 2023, che è stata utile per riflettere su crescita e integrazione, senza dimenticare un settore nevralgico come le infrastrutture: interessante il Corridoio Pan Europeo 10, ovvero la bretella che dall’Austria giungerà al porto greco di Salonicco, in piena evoluzione geopolitica. Non sfugge che energia, sicurezza e immigrazione clandestina sono i tre temi principali della macroarea balcanica, su cui sono puntate le attenzioni non solo dell’Ue ma anche di Cina e Russia.