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Ombre cinesi sulla tecnologia Usa. Silicon valley bank nel mirino dell’Fbi

L’Fbi ha deciso di indagare sul fondo Hone, finanziato con denaro cinese e azionista della banca fallita e poi salvata lo scorso anno. Il rischio è che Pechino possa avere messo il naso nella tecnologia made in Usa

Era il marzo del 2023 quando l’America rivisse il brivido di una nuova Lehman Brothers. La Silicon valley bank, istituto legato a doppio filo all’industria tecnologica californiana, saltava per aria a causa della svalutazione dei portafogli prodotti, riconducibile all’impennata dei tassi decisa dalla Federal Reserve. Per qualche giorno fu il panico, poi si mosse il Tesoro, pilotando First Citizens verso la Svb, salvando il salvabile. Tutto sembrava finito, e forse era proprio così.

Ma diciotto mesi dopo ecco che la Silicon valley bank torna al centro della scena. Motivo? L’Fbi sta indagando su un fondo di venture capital statunitense che ha utilizzato denaro cinese per diventare uno dei primi investitori della Svb. Il che vuol dire che, con ragionevole probabilità, Pechino ha potuto ficcare il naso dentro la banca che ha finanziato parte dell’innovazione tecnologica americana.

Il fondo in questione si chiama Hone Capital, con sede in California, ed è stato lanciato nel 2015 con 115 milioni di dollari di capitale iniziale da un gruppo di private equity cinese. Ha investito in 360 start-up tecnologiche statunitensi in meno di tre anni, inclusa l’acquisizione di partecipazioni nel produttore di auto senza conducente Cruise, nel gruppo di pagamenti Stripe e nella società di ingegneria aerospaziale Boom.

L’Fbi, ha scritto il Financial Times, sospetta che Hone Capital, attraverso queste partecipazioni, sia riuscito a ottenere informazioni riservate sulle tecnologie, i finanziatori e i clienti delle startup, per poi passarle alle autorità cinesi. La questione è rilevante anche perché alcune aziende nel portafoglio del fondo lavorano per il governo degli Stati Uniti. Pare inoltre che una parte delle risorse economiche di Hone Capital arrivino da fondi governativi cinesi. E questo nonostante il fatto che a partire dal 2019 Hone Capital abbia dismesso molte delle sue partecipazioni, alcune delle quali sono state però trasferite ad un altro veicolo di investimento con sede negli Stati Uniti, ma sempre controllato dalla società madre cinese.

Non è tutto. Sempre secondo il quotidiano britannico, nell’indagine dell’Fbi è coinvolta anche AngelList, una delle piattaforme di investimento più importanti della Silicon Valley, che tra il 2015 e il 2016 ha ricevuto finanziamenti proprio da Hone Capital per 80 milioni di dollari, in cambio, il fondo ha ottenuto l’accesso a tutte le operazioni nel sistema di AngelList, dove gli investitori possono condividere le risorse per effettuare un investimento.

L’indagine del Bureau arriva mentre le crescenti tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina hanno scosso l’industria hi tech, che per anni aveva accolto con favore gli investimenti cinesi. Almeno fino a luglio, quando il National Counterintelligence and Security Center degli Stati Uniti ha avvertito le start-up tecnologiche che gli avversari stranieri, tra cui la Cina, stavano utilizzando investimenti per acquisire dati sensibili e minacciare la sicurezza nazionale.



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