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La Nato si esercita con i droni sottomarini, anche Fincantieri alla Repmus 2024

L’esercitazione Nato Repmus raccoglie le ultime avanguardie in tema di dominio underwater per sviluppare nuove tattiche di contrasto ai sottomarini. Mentre Fincantieri partecipa col suo drone navale Sand, i progetti futuri dell’Italia puntano a rivoluzionare l’approccio verso il monitoraggio degli abissi

Il mare si riempie sempre più di droni, e molti di questi sono italiani. La corsa all’underwater entra in una nuova fase, in cui le eccellenze della cantieristica italiana si fanno avanguardia di nuovi sistemi e architetture digitali. Fincantieri e le sue controllate, Fincantieri NexTech e IDS (Ingegneria dei Sistemi), partecipano per il secondo anno consecutivo alla Repmus 2024 (Robotic experimentation and prototyping augmented by maritime unmanned systems), esercitazione militare annuale, in corso in questi giorni in Portogallo, organizzata e ospitata dalla Marina militare portoghese e dalla Nato, con la partecipazione di Forze armate straniere, università e aziende hi-tech. L’esercitazione, che punta a sviluppare nuove capacità Asw (anti-submarine warfare), si caratterizza per la grande attenzione riservata alle capacità unmanned e ai droni navali nel dominio underwater. Al centro di questi sforzi c’è l’implementazione, secondo i protocolli Nato, del Multi mission Mus toolkit (dove Mus sta per Maritime unmanned system), progettato per essere integrato sia su navi di nuova generazione sia su unità già in servizio e in grado di connettere e rendere interoperabili tra di loro unità robotiche e con equipaggio. Così facendo, si crea un ecosistema di piattaforme ibride, talvolta definito Asw barrier, pilotate direttamente e da remoto, che possono interagire tra di loro e scambiare informazioni sull’ambiente circostante per adattarsi in tempo reale all’evoluzione delle minacce sottomarine. Simili integrazioni tra sistemi autonomi e con equipaggio saranno cruciali per innalzare le capacità antisommergibile delle Forze armate Nato, sempre più preoccupate dai progressi sottomarini di Russia e Cina.

I nuovi sistemi targati Fincantieri

L’esercitazione è un’occasione per testare tecnologie all’avanguardia sviluppate in collaborazione con il Cssn (Centro di supporto e sperimentazione navale) della Marina militare italiana, come il drone navale Sand (Surface advanced naval drone). Operato mediante l’Unmanned management system (Ums) di IDS, il Sand è un battello di superficie a pilotaggio remoto, lanciato da IDS nel 2019 e capace di condurre una varietà di missioni, quali ricerca, soccorso, monitoraggio ambientale e sicurezza marittima. L’interazione tra il drone e il sistema di gestione permette a chi opera il veicolo di accedere, gestire e scambiare dati tra più piattaforme in modo efficace. Il flusso di informazioni permette di monitorare la posizione e lo stato dei veicoli subacquei, modificare il loro comportamento, acquisire immagini dei sensori acustici e ottici subacquei e fornire reporting sulle missioni assegnate ai reparti operativi cooperanti. Inoltre, il Sand è stato recentemente integrato con l’avanzato Sistema di lancio e recupero (Lars), in grado di dispiegare veicoli sottomarini autonomi (come fosse una nave madre), migliorando così le capacità di contrasto alle mine, di lotta antisommergibile e di protezione delle infrastrutture critiche del fondale marino. In un futuro non lontano, il dominio dei mari e dei fondali sarà determinato dal livello di coordinamento tra vascelli convenzionali, come fregate e pattugliatori, e sistemi autonomi. Questi ultimi saranno infatti cruciali per assorbire tutta quella serie di compiti che spetterebbero altrimenti alle navi con equipaggio e che, se non assolti dai droni, distrarrebbero la Marina da altri impieghi operativi.

E se fosse possibile mappare l’underwater?

L’ambiente sottomarino è oscuro, vasto e quasi impossibile da monitorare. Chi riuscirà per primo a orientarsi e a vedere in questa oscurità otterrà un vantaggio considerevole in termini di situational awareness e capacità operativa. I piani del Polo nazionale della dimensione subacquea (Pns) vanno proprio in questa direzione e uno dei bandi recentemente aperti dal Pns punta a rendere possibile un monitoraggio costante ed esteso dei fondali marini. Il progetto di finanziamento riguarda infatti lo sviluppo di cavi sottomarini intelligenti in grado di monitorare l’ambiente circostante e raccogliere dati. Fondamentalmente, se i normali cavi in fibra ottica si limitano a passare in mezzo al mare per trasportare dati, questi nuovi sistemi dovranno essere in grado di osservare l’ambiente circostante e riferire, quasi in tempo reale, a un sistema esteso di monitoraggio. Queste capacità, ottenibili tramite l’uso di sensori integrati in grado di raccogliere informazioni e tracciare eventuali contatti sottomarini, potrebbero essere disponibili non solo per nuove infrastrutture ma, mediante l’utilizzo di amplificatori e nodi dedicati, anche per infrastrutture già esistenti. Il risultato che si otterrebbe costellando i fondali sarebbe quindi quello di una rete diffusa di sonar capaci di restituire, in tempo reale, un’accurata rappresentazione dell’ambiente sottomarino. Un simile sviluppo non sarebbe rivoluzionario solo per la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, ma anche per le capacità antisommergibile della Marina militare, che sarebbe così in grado di vedere là dove gli altri non possono. L’idea è interessante e l’opportunità esistente, dal momento che pochi altri luoghi al mondo come il Mediterraneo, con la sua conformazione e i suoi fondali medi, potrebbero prestarsi a una prima sperimentazione per queste nuove tecnologie.



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