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Digitale e innovazione, così l’Italia può vincere la sfida per la formazione del futuro

Tra Intelligenza Artificiale e tecnologie sempre più avanzate, il mercato del lavoro richiede una formazione sempre più solida. Una sfida che l’università non può non raccogliere. Il dibattito organizzato da Formiche presso il Centro studi americani con Anna Ascani, Paolo Miccoli, Raffaele Bonanni, Federico Mollicone, Alfonso Celotto e Andrea Stazi

In un mondo che cambia alla velocità della luce e che viva sulla sua pelle l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, serve una formazione altrettanto scattante e al passo coi tempi. Pena, la perdita di senso dello stesso sistema dell’istruzione. E il primo passo per mettersi in pari è una solida coscienza digitale. Di questo, ma non solo, si è parlato nel corso del dibattito attorno al volume “Università del futuro: Competenze, accessibilità e innovazione”, organizzato presso il Centro studi americani da Formiche. Un dibattito per esplorare i principali temi che stanno ridefinendo il panorama dell’istruzione superiore in Italia e nel mondo.

Gli autori, esperti provenienti da diverse discipline, hanno analizzato l’impatto del digitale sull’insegnamento, l’apprendimento permanente e il ruolo strategico dell’e-learning. Il tutto discutendo le implicazioni dell’Intelligenza Artificiale, l’innovazione necessaria per la competitività degli atenei e l’importanza di un’educazione personalizzata.

A confrontarsi sul palco del Csa, coordinati da Alessandra Micelli, condirettrice di Formiche e direttrice di Healthcare policy, Paolo Miccoli, presidente United (Università italiane telematiche digitali), Anna Ascani, vicepresidente della Camera dei Deputati, Raffaele Bonanni, professore di diritto del lavoro presso l’Universitas Mercatorum e presidente della Fondazione Spaventa, Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi Roma Tre, Federico Mollicone, presidente VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, Andrea Stazi, docente di Diritto comparato presso l’Università San Raffaele di Roma e visiting professor presso la National University of Singapore.

“Ci sono alcuni temi che potevano sembrare fino a ieri lontani dall’università, ma che alla fine sono entrati nell’istruzione. Penso soprattutto all’Intelligenza Artificiale”, ha premesso Miccoli. “L’università italiana è già entrata nel futuro, ma il problema è nell’innovazione didattica, dove ci sono delle carenze. Non possiamo più pensare che basti erogare il terzo livello dell’istruzione, serve il life long learning, sempre che si voglia continuare a fornire dei laureati al mondo. Lo trovo, francamente, uno strumento eccezionale di crescita, con cui formare anche cittadini migliori. E proprio da qui dobbiamo ripartire, per colmare quel gap che l’università italiana sta ancora scontando”.

Secondo Miccoli l’attuale ministro dell’Università (Anna Maria Bernini, ndr) “ha ben individuato la necessità di unire questi due mondi, ovvero innovazione e didattica. E lo ha fatto con risultati concreti, con un tavolo tecnico che porterà a decreti con cui portare l’Italia a una convivenza dei due sistemi della didattica, quello fisico e quello telematico. Questo è il futuro che l’università italiana deve intercettare e non solo a parole”. La politica ovviamente avrà un ruolo di play maker.

“Abbiamo commesso l’errore di rimandare al futuro l’esigenza di integrare i processi, dalla didattica alla formazione”, ha chiarito Ascani. “Oggi più che mai c’è bisogno di profili coerenti con il mercato del lavoro, mi riferisco alle competenze digitali, che possono anche renderci cittadini consapevoli. Dobbiamo fare lo sforzo di integrare elementi come la didattica e l’innovazione. Anche le imprese stanno facendo passi in avanti, molte aziende stanno investendo, ma il 90% di esse non ha fatto questo grande salto. Ma per farlo, appunto, servono competenze ed è lì che il discorso torna alla formazione universitaria. E allora serve uno stimolo, uno sforzo, in questa direzione, un lavoro che è necessario, aver pensato che si potesse non normare la tecnologia e l’innovazione nella formazione è stato un errore. Ma possiamo rimediare”.

Poi la parola è passata ai docenti, ovvero chi vive tutti i giorni l’università. “La formazione universitaria all’estero vive da anni una stagione di grande innovazione, ma in Italia le porte a questa rivoluzione si sono aperte dopo, come spesso accade”, ha spiegato Stazi. “La domanda di fondo è se la doidattica digitale sia efficace. Secondo l’università di Harvard, sì, perché aumenta l’interazione con gli studenti e riduce le distanze tra studenti e docenti. La didattica digitale è, d’altronde, per natura in grado di fornire delle risposte alle esigenze degli studenti”.

Dal punto di vista di Bonanni, invece, “il mercato del lavoro italiano sta andando incontro a grandi difficoltà, a causa di tante persone che ancora hanno troppa poca confidenza con le innovazioni digitali. Siamo nella parte bassa della classifica e questo non lo si può sentire. Il problema è fin troppo serio, anche perché c’è di mezzo l’uguaglianza delle persone, tra chi è fermo al 900 e chi invece è nel Terzo Millennio. Dobbiamo aprire una discussione, partendo dal fatto che ci mancano 240 mila laureati con competenze Ict. Ma mancano anche gli ingegneri. Eppure queste competenze sono alla base della realizzazione del Pnrr. E allora, una discussione è quanto meno urgente”.

Un salto indietro può essere poi utile per capire il futuro, secondo Celotto. “Nel 1947 in pochi, pochissimi andavano a scuola. Eppure, come sosteneva Pietro Calamandrei (ex membro dell’assemblea costituente, ndr) la scuola era la prima forma di costituente. Ebbene, oggi la formazione deve essere qualcosa di reale, anche 80 anni dopo. La didattica digitale, oggi, abbatte delle barriere ed è per questo che rappresenta un futuro da cui non possiamo prescindere”.

Le conclusioni sono state affidate a Mollicone. “Ringrazio Formiche per aver aperto questo importante confronto sull’università del futuro e la sua digitalizzazione. Il Pnrr, insieme ad altri interventi mirati del parlamento sulle discipline Stem, sull’IA e sulla polisensorialità e insieme all’indagine conoscitiva che stiamo svolgendo sull’innovazione anche dei settori di competenza, tra cui università e scuola, della VII Commissione, ha il ruolo di colmare il ritardo dell’Italia sulla trasformazione digitale. Abbiamo sentito il ministro Bernini e sappiamo della convergenza tra Crui (Conferenza dei rettori, ndr) e mondo delle telematiche, e vi portiamo qui la notizia che il decreto per la qualità della formazione a distanza sarà emanato a breve”.



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