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Droni russi, produzione cinese. Il fronte revisionista diventa sempre più compatto

Con la produzione congiunta di droni militari russi in Cina, Mosca e Pechino sfidano le sanzioni internazionali e gli attori rivali. Sollevando ulteriori preoccupazioni nella comunità strategica occidentale

La vicinanza tra le potenze revisioniste di Russia e Cina potrebbe aver raggiunto un nuovo livello, stringendo ancora di più il grado di collaborazione nel settore dell’industria della difesa, superando limiti mai infranti fino ad ora.

Secondo la rivelazione esclusiva di Reuters, entrata in possesso di documenti riservati, la Iemz Kupol, sussidiaria dell’azienda statale russa di armamenti Almaz-Antey ed oggetto di sanzioni statunitensi da dicembre 2023, ha sviluppato e testato in volo un nuovo modello di drone chiamato Garpiya-3 (G3) in Cina con l’aiuto di specialisti locali. Ad affermarlo è la stessa Kupol, in un rapporto inviato al ministero della Difesa russo all’inizio di quest’anno per illustrare i progressi al riguardo. In un successivo aggiornamento, Kupol ha dichiarato al ministero della Difesa di essere in grado di avviare una produzione in scala di alcuni droni (compreso il G3) in una fabbrica in Cina (nota come Advanced Uav Research and Manufacturing Base), così da poterli impiegare all’interno del teatro ucraino. Nei documenti visionati dall’agenzia stampa sono presenti anche alcune specifiche tecniche del nuovo Unmanned Aerial System. Il G3, versione aggiornata del Garpiya-1, avrebbe un raggio d’azione di circa 2.000 km con un carico utile di 50 kg. Alcuni esemplari del G3 e di altri modelli di droni prodotti in Cina (assieme agli specialisti cinesi coinvolti) sarebbero già arrivati in Russia, presso la sede di Kupol sita nella città di Izhevsk, per ulteriori test.

Dai documenti risulta che entro otto mesi lo stabilimento cinese (che ancora non risulta operativo) sarà capace di iniziare la produzione di droni d’attacco di progettazione cinese REM-1, un modello molto simile al drone statunitense Reaper. Inoltre, emerge l’intenzione di Kupol di collaborare con altre aziende russe e cinesi per stabilire un centro congiunto sino-russo di ricerca e produzione di droni nella zona economica speciale di Kashgar, nella provincia cinese dello Xinjiang.

Se confermata, queste notizie avrebbero un peso significativo, e cambierebbero il modo di analizzare i rapporti tra Cina e Russia, soprattutto riguardo alla cooperazione nel settore della difesa. “Se si guarda a ciò che la Cina ha consegnato finora, si tratta per lo più di beni a duplice uso: componenti e sottocomponenti che possono essere utilizzati nei sistemi d’arma. Questo è ciò che è stato riportato finora. Ma quello che non abbiamo visto, almeno nella fonte aperta, sono trasferimenti documentati di interi sistemi d’arma” è il commento rilasciato per Reuters da Fabian Hinz, ricercatore presso l’International Institute for Strategic Studies di Londra. Secondo Samuel Bendett, senior fellow presso il Center for a New American Security, Pechino esiterebbe ad esporsi a sanzioni internazionali per aver aiutato la macchina da guerra di Mosca, e suggerisce cautela in attesa di ulteriori informazioni per stabilire se la Cina abbia ospitato la produzione di droni militari russi.

Le reazioni internazionali sono state molteplici. Il Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha espresso profonda preoccupazione riguardo alla possibilità che un’azienda cinese fornisca materiale letale alla Russia, perdipiù violando le sanzioni internazionali. Un portavoce della Casa Bianca ha affermato che il governo americano non ha prove che suggeriscano che il governo cinese fosse a conoscenza delle transazioni in questione, ma che Pechino ha la responsabilità di garantire che le aziende non forniscano aiuti di questo genere a Mosca. Il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato a Reuters di non essere a conoscenza di un simile progetto, aggiungendo che Pechino ha misure di controllo rigorose sull’esportazione di droni; Kupol, Almaz-Antey e il ministero della Difesa russo non hanno invece fornito alcun commento riguardo alla vicenda.

Mentre un portavoce della Nato, Farah Dakhlallah, ha rilasciato un commento dove emerge un certo grado di inquietudine: “Queste notizie sono profondamente preoccupanti e gli alleati si stanno consultando sulla questione. Il governo cinese ha la responsabilità di garantire che le sue aziende non forniscano assistenza letale alla Russia. La Cina non può continuare ad alimentare il più grande conflitto in Europa dalla Seconda guerra mondiale senza che questo abbia un impatto sui suoi interessi e sulla sua reputazione”.

Sempre tramite un portavoce si è espresso il Ministero degli Esteri britannico, che ha chiesto alla Cina di interrompere il sostegno diplomatico e materiale allo sforzo bellico della Russia. “Siamo estremamente preoccupati dalle notizie secondo cui la Russia starebbe producendo droni militari in Cina. Questo si aggiunge a un crescente numero di prove open-source che dimostrano come le aziende cinesi stiano favorendo l’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia. La fornitura di armi sarebbe una diretta contraddizione con le dichiarazioni della Cina che afferma di non voler fornire armi alle parti interessate del conflitto” sono le parole scelte dal portavoce in questione.



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