Il sottomarino affondato all’ancora rappresenta la nuova generazione di hunter-killer della marina cinese. Pechino punta su questi sistemi d’arma per neutralizzare la capacità degli Usa nel Mar Cinese (e non solo)
La rivalità tra Cina e Stati Uniti non si manifesta solo a colpi di veti incrociati alle Nazioni Unite e dazi sulle importazioni, ma anche sotto forma di una decisa corsa agli armamenti, specialmente nel dominio marittimo. I poderosi sforzi di Pechino per potenziare, sia sul piano quantitativo sia su quello qualitativo, gli assetti della Marina dell’Esercito popolare di liberazione (Plan) hanno permesso al Dragone di superare Washington per numero di vascelli, sebbene si tratti di unità più leggere e meno armate di quelle Usa, tanto che il tonnellaggio cinese è ancora la metà di quello a stelle e strisce. Inoltre, permangono i dubbi sull’addestramento dei marinai e sull’efficienza degli assetti. Alla luce di ciò, il tentativo cinese di insabbiare l’affondamento del nuovo sottomarino a propulsione nucleare della Plan solleva più di un interrogativo.
L’affondamento del sottomarino
Il sottomarino in questione, primo della classe Zhou (o Type 041), sarebbe affondato mentre era ancorato a un molo sul fiume Yangtze, vicino Wuhan, in attesa di entrare ufficialmente in servizio. Benché le autorità cinesi non abbiano rilasciato alcuna dichiarazione al riguardo, le immagini satellitari confermano che il sottomarino è affondato in tarda primavera, come corroborato dall’arrivo di diverse piattaforme galleggianti per il recupero in giugno. La classe Zhou rappresenta la nuova generazione di sottomarini cinesi a propulsione nucleare. Così come la Cina sta cercando di eguagliare le portaerei Usa, tentando (pare fallimentarmente) di implementare catapulte elettromagnetiche sulla Fujian, ora Pechino punta anche a incrementare la sua dotazione di sottomarini alimentati da reattori nucleari, che garantiscono più autonomia operativa. Quando si parla di sottomarini nucleari, non si intende per forza che siano armati di testate atomiche, ma solo che sfruttano materiale radioattivo per generare energia. Un sottomarino che non necessita di rifornimenti, ad eccezione di quelli per l’equipaggio, può sostenere impegni operativi protratti nel tempo, oltre a costituire uno strumento fondamentale di deterrenza strategica.
Per fare un confronto, tutti i sottomarini della Us Navy sono alimentati con energia nucleare, permettendo agli Usa di impiegarli ovunque nel mondo. Il nuovo assetto, contraddistinto da un timone a X per incrementare la manovrabilità, avrebbe dovuto certificare l’avanzamento tecnico e capacitivo della cantieristica cinese, il cui obiettivo è colmare il gap con gli Stati Uniti. Invece, secondo gli analisti statunitensi, l’affondamento deve aver richiesto sforzi considerevoli per effettuarne recupero e riparazione (probabile, oltre che possibile, vista la scarsa profondità del fiume), ma ha anche comportato un rallentamento generale del programma di accrescimento della flotta sottomarina. Se il vascello capoclasse di una nuova generazione di assetti affonda mentre è ancora ormeggiato, come si può mettere in produzione un’intera linea di piattaforme che rischiano di fare la stessa fine? Le verifiche tecniche e i test sulle cause, tra le quali non si può escludere la corruzione endemica nel sistema cinese, comprometteranno il tanto desiderato (ma incerto) sorpasso sugli Usa. Inoltre, un incidente di questa portata — e il conseguente tentativo fallito di insabbiamento — non fa bene al prestigio internazionale della Cina, la quale punta molto sulla costruzione di una reputazione di potenza in ascesa per le sue strategie di politica estera. D’altronde, come fa notare l’analista Tom Shugart, che per primo aveva fiutato l’incidente, “riuscite a immaginare un sottomarino nucleare americano che affonda a San Diego e il governo che lo mette a tacere e non dice niente a nessuno?”
Perché gli Usa temono i sottomarini cinesi?
Al di là del rallentamento dei programmi di aggiornamento della Plan che l’affondamento comporterà, gli Usa non abbassano la guardia e continuano a temere i silenziosi killer sottomarini di Pechino. La rivalità strategica tra Cina e Stati Uniti è imperniata sui mari cinesi, al centro dei quali si trova l’isola di Taiwan. L’indipendenza dell’isola si basa sugli assetti navali, che rappresentano le carte che i giocatori avranno a disposizione nel caso di un conflitto, e i sottomarini sono considerati la minaccia per eccellenza alle navi di superficie, con la loro scarsa rilevabilità. Nell’eventualità di un conflitto per Taiwan, gli Stati Uniti si troverebbero a dover affrontare la superiorità numerica locale cinese dovuta alla vicinanza del teatro operativo alle coste di Pechino. Stando a dati del 2022, la Cina dispone di 54 sottomarini, di cui sei nucleari e 48 a turbina diesel convenzionale, contro i 71 degli Stati Uniti. Tuttavia, i numeri cinesi vanno presi con le pinze, vista la segretezza con cui Pechino ammanta i suoi programmi militari. Oggi quel numero potrebbe essere sicuramente più alto, per quanto, come dimostra l’affondamento dello Zhou, quantità non significa sempre qualità, e i dubbi sulle proprietà della Plan non sono pochi. Alla Marina cinese, infatti, manca l’esperienza operativa sviluppata in decenni dagli Stati Uniti, e Pechino ha intrapreso una seria politica navale soltanto negli ultimi anni, essendosi concentrata (praticamente dai tempi della dinastia Ming) esclusivamente sul dominio terrestre.