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Penelope, la sua storia dietro il velo. Il racconto in una mostra al Colosseo

Bellezza e cultura unite senza tempo al Parco archeologico del Colosseo, in un dialogo mai interrotto tra passato e presente. È aperta al pubblico, visibile fino al 12 gennaio, la prima mostra interamente dedicata al personaggio omerico “Penelope”, a cura di Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni, organizzata da Electa. Circa cinquanta opere esposte negli spazi delle Uccelliere farnesiane e del Tempio di Romolo. Primo atto di una trilogia espositiva dedicata a figure femminili dell’antichità. Seguiranno Antigone e Saffo. Il racconto di Elvira Frojo

È aperta al pubblico, visibile fino al 12 gennaio, la prima mostra interamente dedicata al personaggio omerico “Penelope”, a cura di Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni, organizzata da Electa. Circa cinquanta opere esposte negli spazi delle Uccelliere farnesiane e del Tempio di Romolo. Primo atto di una trilogia espositiva dedicata a figure femminili dell’antichità. Seguiranno Antigone e Saffo.

Manufatti, dipinti, sculture, libri e incisioni ritraggono Penelope nelle sue iconiche posture di malinconia e saggezza mentre il catalogo della mostra raccoglie contributi di esperti sul personaggio nella cultura occidentale.

All’interno del percorso espositivo, con l’Archivio e l’omonima Fondazione, un omaggio a Maria Lai, artista sarda che ha messo al centro del suo lavoro le materie tessili.

Un programma di incontri nella Curia Iulia, fino al 14 dicembre, accompagna, inoltre, la mostra con “Esistere come donna. Dialoghi e lezioni su donne, artiste, battaglie e archetipi femminili”. Racconto a più voci realizzato da Electa con la Fondazione Fondamenta e i curatori dell’esposizione.

Proviamo a immaginare Penelope e i suoi simboli. L’attesa, il telaio, la fedeltà, i sogni. Spesso velata, come richiesto alla donna greca.

La mostra romana scopre il sottile velo che riporta l’eroina omerica dal passato al presente con un nuovo volto, annullando pregiudizi e immagini stereotipate.

Figura più complessa e moderna di quella che sembra tramandare il mito, Penelope è la donna determinata, capace di immaginare il futuro, costruttrice di speranza. Ispirazione non solo per Omero ma per narratori, scultori, registi, racconta così la sua storia dal più famoso anfiteatro romano, inserito fra le “sette meraviglie del mondo moderno”, interrogando sull’attuale condizione femminile.

“Il mito, che a uno sguardo superficiale può apparire un insieme lontano, astratto, in realtà è dentro di noi, in un regno di ombre esiliate nel nostro inconscio, ma mai scomparso.

È una forma di conoscenza che ci può guidare sul sentiero dell’anima al cospetto di eterne domande sul mistero abissale della nostra vita”, spiega, richiamando “Il mito greco e la manutenzione dell’anima” di Giuseppe Conte, la direttrice del polo museale più visitato d’Italia, Alfonsina Russo, archeologa di grande esperienza, capo dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale.

Penelope vive un tempo sospeso, in attesa di Ulisse, da venti anni separata dallo sposo lontano da Itaca. Marito, padre e figlio devoto ma anche mentitore, abile retorico capace di persuadere e incantare, seduttore, secondo il mito.

Più che le avventure di un pericoloso viaggio nel mare o di mostri come Polifemo, sono tre donne innamorate a mettere a rischio il ritorno di Ulisse in patria. Circe, maga e strega con i suoi incantesimi ma anche consigliera e profetessa, la dea Calipso, travolta dall’amore, costretta a lasciare andare Ulisse per volontà di Zeus e, infine, la giovane Nausicaa che, delusa, gli fa promettere di non dimenticare mai la ragazza che lo ha salvato.

Un uomo difficile da trattenere. Ma Penelope è il suo “centro”, la sua meta. Luogo del ritorno.

Cugina di Elena che, sedotta da Paride, abbandona marito e famiglia scatenando la guerra tra Achei e Troiani, Penelope, al contrario, esercita il proprio potere attraverso la pazienza e la prudenza, trasformandole in progetto e determinazione.

Penelope “saggia”, “splendida tra le donne”, “pari ad Artemide e all’aurea Afrodite”, dalla bellezza seducente e dalla sottile astuzia che l’accomuna a Ulisse, eroe dell’inganno del cavallo di legno. Destinata a imperitura memoria. L’unica figura di cui Omero dica: “Gli immortali per la saggia Penelope comporranno un canto gradito tra gli uomini in terra”.

Scampata ad infanticidio per mano dei genitori e salvata da uno stormo di anatre, le penelopi, secondo alcuni mitografi. Messaggio divino e miracolo salvifico.

Penelope baciata da Atena, dea della ragione. Penelope sognatrice e donna del riserbo e del pudore.

Penelope custode del focolare domestico ma anche regina e stratega che, per venti anni, governa da sola riuscendo a contenere le rivendicazioni degli oltre cento Proci, bramosi del potere come del suo corpo. Secondo la ricostruzione di Apollodoro, la seducente regina, tuttavia, tesse una relazione amorosa con Antinoo, capo dei pretendenti. Sarà il primo ad essere ucciso da Ulisse.

La donna che sa distaccarsi dalla realtà abbandonandosi all’inconscio. Capace di distinguere, con sensibilità femminile, i sogni “veri” da quelli “ingannevoli”. Regina anche in un mondo onirico che la avvicina al divino mentre il sonno ristoratore le dona maggiore bellezza, a contatto con la parte più profonda di sé e al desiderio di riabbracciare il marito.

Penelope è il suo stesso mondo. Coniuga con armonia ragione e sentimento. Tessitrice di strategia e di inganno, in ogni filo tesse e disfa la sua vita. In piena autonomia.

“Non figura ancillare rispetto a uno degli eroi identitari dell’èpos omerico, Ulisse, ma in una condizione quasi di supremazia o, comunque, di assoluto controllo dell’universo maschile che la circonda: un’eccezione rispetto alla condizione femminile nell’antichità e per le donne di ieri e di oggi un archetipo a cui riferirsi”, afferma la direttrice Russo.

Il ritratto di Penelope, dunque, in malinconica attesa, vittima di pregiudizi patriarcali, è, dunque, quello della donna auto determinata che contraddice la condizione di inferiorità femminile della cultura antica?

Quel telaio dove sembra essere relegata in quanto donna, nella mostra romana si fa metafora di un ordito in cui Penelope è protagonista di ogni filo del suo destino. Archetipo delle donne “senza voce” del tempo, in grado di affermare il suo messaggio per una specificità femminile che cerca ancora oggi spazio.

In quella “stanza tutta per sé”, isolata dal resto della reggia di Itaca, Penelope custodisce sentimenti e pensieri, costruendo, in una condizione sempre attiva, speranza per il futuro. Ordisce l’inganno di tessere il sudario del suocero Laerte, fermando il tempo. Da quel telaio in cui annoda e scioglie l’interminabile tela, difende, da protagonista, se stessa e il regno. Con raffinata abilità, intreccia fili e alterna colori seguendo un proprio disegno interiore.

È “una in sé stessa”. Ragione e sentimento convivono armonicamente nella sua vita. In ogni filo che tesse e poi disfa lascia traccia di un’identità fatta di sapienza, parole e gesti, pensieri e sentimenti.

Un’indipendenza alla quale non rinuncia e che manifesta persino al ritorno di Ulisse, ostinata nel negare, apparentemente, ogni evidenza. Dubbio e desiderio, astuzia e silenziosa complicità sono le sue contraddizioni.

È lei a mettere alla prova Ulisse, giunto a Itaca nelle vesti di mendicante per verificare la fedeltà dell’amata consorte, con la richiesta di spostare il letto nuziale, inamovibile perché scavato in un olivo e radicato nel terreno.

Ed è sempre lei parte attiva nella riconquista del ruolo di re di Ulisse. Affidandogli, tra i pretendenti in gara, quell’arco che lo designerà come proprio sposo mandando a segno una freccia attraverso dodici mezzelune. Un arco che sarà anche la sua arma di strage dei Proci.

Figura tra le più rappresentative del mito antico, “Penelope” per ripensare, dall’antichità del Colosseo, alla specificità femminile e all’autenticità delle relazioni. Un viaggio nel tempo sempre attuale, tra forza dei sentimenti, determinazione e capacità delle donne di avere e donare, sempre, speranza.



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