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Mega evento in Medio Oriente. Nasrallah ucciso, Hezbollah in ginocchio, Iran contro Israele?

L’eliminazione di Nasrallah è un mega evento per il Medio Oriente e non solo. La scelta strategica di Israele potrebbe avere conseguenze tattiche ovunque, aprire a una guerra totale contro lo Stato ebraico, scombussolare i disequilibri regionali

Hassan Nasrallah non potrà più terrorizzare il mondo”. Le Forze armate israeliane (IDF) scelgono  una formula diretta, spietatamente perfetta, che in otto parola spiega le ragioni che hanno mosso la scelta militare strategica di eliminare il leader massimo, la guida spirituale di Hezbollah. “Terrorizzare” e poi “il mondo”, termini che servono per dimostrare come la scelta di attaccare il quartiere generale del Partito di Dio libanese, consapevoli delle conseguenze, sia stata fatta per un bene comune globale. E (coincidenza?) la decisone è stata presa dal primo ministro Benjamin Netanyahu appena dopo aver arringato l’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti, accusando quel consesso di “moral confusion” a proposito di Israele, che infatti pensa a come farsi giustizia da solo.

Sabato mattina le IDF hanno annunciato di aver ucciso Nasrallah nel massiccio attacco aereo che nel pomeriggio di venerdì ha colpito un edifico in un quartiere di Beirut, al di sotto del quale, diversi metri interrato, si trovava un bunker in cui era in corso una riunione di altissimo livello di Hezbollah. Insieme al leader maximo sciita sarebbe stato ucciso anche Ali Karki, comandante del fronte sud, e forse altri notabili della milizia libanese. Hezbollah dice di aver perso i contatti con diversi componenti della leadership, sebbene questa potrebbe essere una procedura di sicurezza dato quello che è successo qualche giorno fa con l’attacco ai cercapersone, e l’allerta generale che c’è in questo momento sul Libano (in queste ore, per esempio, pare che un cargo iraniano abbia fatto inversione di rotta prima di toccare il suolo dell’aeroporto di Beirut perché gli è stato comunicato che una volta a terra sarebbe stato fatto saltare in aria dagli israeliani, probabilmente perché traportava qualcosa o qualcuno di valore).

L’attacco che ha eliminato Nasrallah è un mega evento per il Medio Oriente. Non rappresenta solo l’apice dell’intensa escalation di cui Israele si è reso protagonista nelle ultime settimane, colpendo penosamente in Libano. Quanto accade è un terremoto regionale con riflessi di carattere internazionale. Mentre la Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, è stata spostata in un luogo sicuro, Teheran non può non reagire in qualche modo, perché Nasrallah era un leader mistico, a cavallo tra politica e spiritualità, un cardine della narrazione sciita eliminato dal nemico sionista. È un colpo durissimo per l’intera narrazione culturale che ha creato la Repubblica islamica khomeinista e a cui gran parte dello sciismo globale (e non solo) si riconduce.

La morte di Nasrallah è il colpo più devastante mai subito dal gruppo militante creato dall’Iran. E poi il ruolo di Nasrallah all’interno del cosiddetto “Asse della Resistenza”, che include vari gruppi militanti sostenuti da Teheran, ha una centralità unica, perché è da lui che si muove il cuore del proselitismo su quell’asse di influenza geostrategica – un tempo coordinato dal generale Qassem Soleimani, eliminata nel 2020 per ordine di Donald Trump – che ha permesso all’Iran di diventare una potenza regionale e internazionale, attraverso la creazione dell’insieme di satelliti in orbita attorno a essa. Tutto questo è il peso strategico della scelta israeliana (che infatti non è semplicemente di carattere militare, il bombardamento in sé, ma totale).

Passando sul piano tattico, la reazione potrebbe essere estesa. Hezbollah non è un gruppo attivo soltanto in Medio Oriente. Ha interessi e cellule in Americana del Nord e del Sud, ha diramazioni nel Sud-est asiatico, è estremamente legata al mondo ideologico e di interessi del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione islamica (che l’ha fondato durante la guerra civile libanese negli anni Ottanta), ha profonde connessioni con le altre milizie sciite in Iraq e Siria, ha implementato il coordinamento con gli Houthi, è penetrato in Africa e creato connessioni di interessi nei Balcani.

Inoltre, se è vero che la scomparsa del leader solleva seri interrogativi sul futuro di Hezbollah, sebbene l’organizzazione ha una gerarchia interna, è anche l’intero Libano a finire nel caos, visto che Nasrallah ha plasmato l’ascesa del partito/milizia fino a farlo diventare uno “stato nello stato”, in grado di gestire istituzioni sociali e assistenziali, ma anche traffici di droga e armi, racket, appalti pubblici, aziende. Nel Libano distrutto dalla crisi economica di questi ultimi decenni, l’Hezbollah modellata da Nasrallah era diventato un rifugio per molti giovani scontenti e frustrati. Una dimensione che ne aveva permesso la crescita, e con essa erano aumentate le attività di corruzione e sopraffazione, al punto che negli ultimi anni erano esplose proteste pubbliche contro il peso che l’organizzazione aveva ormai nel contesto socio-economico e politico-culturale libanese.

L’eliminazione di Nasrallah è un evento shockante che avviene a seguito di una campagna di assassini mirati contro la leadership del gruppo, soprattutto della componente militare, che è stata intensificata negli ultimi due mesi – ossia da quando il governo Netanyahu ha iniziato a percepire che dal conflitto nella Striscia di Gaza, esploso per reazione all’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, non si sarebbe tirata fuori una vittoria concreta. Attaccare Hezbollah, che dall’8 ottobre ha iniziato a sparare missili e droni contro Israele in solidarietà a Hamas, obbligando migliaia di israeliani a lasciare le città del nord per sicurezza, era un’ottima deviazione per non calare l’intensità del fronte aperto contro il grande nemico, l’Iran – considerato dante causa di chiunque voglia colpire lo Stato ebraico.

L’attacco dimostra le enormi capacità tecniche israeliane, che tramite una bomba adatta a penetrare i bunker avrebbero colpito nel momento esatto, la riunione esatta, dopo che almeno dal 2008 – anno in cui fu ucciso un altro grande leader di Hezbollah, Imad Mughniye si stavano seguendo i passi del leader libanese. Ciò significa che chiunque tra i nemici dello Stato ebraico è sotto tiro ovunque e in ogni momento (drammatica dimostrazione di capacità data anche con l’azione contro i beeper, in cui sono stati coinvolti anche centinaia di civili).

L’azione dimostra anche che Israele ormai non è più in alcun modo controllabile, ma intende procedere secondo la propria agenda, che sia politica interna (con le polemiche che dicono che Netanyahu voglia continuare a combattere per non perdere il potere) o di sicurezza nazionale (o forse meglio dire “esistenziale”, con la campagna di guerra totale pensata per proteggere l’esistenza stessa dello stato in futuro). Mentre le bombe (di fabbricazione americana) cadevano nel bunker di Beirut, il ministro della Difesa israeliano era al telefono con il capo del Pentagono e non avvisava dell’attacco (su questo ci sono accuse e smentite sul se e quando sia arrivato la notificazione delle volontà di azione a Washington), e l’amministrazione Biden era totalmente lanciata nel tentativo di de-escalation sul Libano sfruttando anche le riunione onusiane. Risultato: l’opposto, in diretta globale.



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