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Meno mangi, più giri. Una testimonianza inedita, tra cibo e cinema

Nei giorni scorsi il noto oncologo Silvio Garattini, 96 anni, consigliava di mangiare poco, oltre a praticare una rapida passeggiata quotidiana. Cosa mangiava Manoel de Oliveira, il più longevo regista della storia del cinema, per essere sul set ogni mattina alle ore 8 a 104 anni? Il racconto di Ciccotti

In una recente intervista al Corriere della Sera di Riccardo Bruno, il noto oncologo Silvio Garattini consiglia di “camminare 5 chilometri al giorno… con un’andatura sufficientemente rapida che favorisca un aumento del battito cardiaco”. E come stare a tavola? Per starci bene “bisogna alzarsi dalla stessa con un po’ di fame”. Insomma ridurre “l’assunzione di cibo del 30%” significa “prolungare la vita del 20% !”. Inoltre è consigliabile, continua Garattini, mangiare poco “e più volte al giorno”. Tutto ciò ed altri utili consigli si possono leggere nel suo libro Vivere bene (San Paolo).

Flash back. Nel 2004, a Roma, alla libreria Mel Books in via Nazionale (ora non esiste più: al suo posto un supermarket di alimentari!) veniva presentato il libro di Mario Verdone, Maestri del cinema, con una prefazione del noto regista portoghese Manoel De Oliveira (Andromeda Editrice, Teramo). Essendo il curatore del volume, mi occupai anche dell’ospitalità e, il giorno prima della presentazione del volume, andai all’aeroporto di Fiumicino, con il mio amico e scrittore Eraldo Affinati, per accogliere il noto regista portoghese. Entrambi fummo colpiti dalla rapidità con cui camminava Manoel de Oliveira, avendo solo un bastoncino da passeggio cui appoggiarsi, più per vezzo che per necessità.

La sera della presentazione, in libreria, accanto al prestigioso ospite, e all’autore del libro, vi erano lo studioso e accademico parmense Roberto Campari, il regista Luca Verdone e il più noto Carlo Verdone, che lasciò il set per non perdersi l’incontro con il Maestro De Oliveira. Una libreria così affollata di giovani, che avevano l’occasione rara di incontrare un noto regista, ma sconosciuto al largo pubblico, fu una rara occasione per Roma.

Terminata la presentazione ricordo perfettamente il Maestro, in via Nazionale, mentre raggiungeva uno dei taxi che ci attendevano, con una rapidità sconcertante.

Giunti poi, davanti a Ponte Sisto, inutile dire che De Oliveira guidava con alcuni di noi, parlando e camminando, la lunga fila del gruppo, prima attraverso il noto ponte, poi, sino a raggiungere Trastevere. Alcuni di noi avevano un leggero affanno, non De Oliveira.

Di là da Ponte Sisto eccoci a tavola, al noto ristorante “Il Fontanone”. Accanto agli studiosi, alcuni giovani studenti, e l’editore dell’Andromeda editrice, l’abruzzese Domenico Verdone (il caso voleva che si chiamasse anch’egli Verdone!).

Ero di fronte a Manoel De Oliveira (96 anni) che riceveva un abbraccio dal suo vecchio amico Mario Verdone (87 anni) immortalati da una foto storica: non si vedevano da circa quarant’anni. Da quando il giovane critico Mario Verdone, presidente di giuria, premiò il documentario di Manoel De Oliveira, Il pittore e la città (O Pintor e a Cidade, 1956), al Festival del Folclore di Siena, inviato dal produttore portoghese. Il premio in denaro, un assegno, inviato in Portogallo, con un indirizzo errato, era tornato in Italia. Nel frattempo De Oliveira, attraversava una crisi creativa e aveva deciso di smettere con il cinema. Poi il famoso assegno, dopo un paio di mesi, raggiunse la filiale giusta e il suo destinatario. Grazie a quel premio, di cui parlarono i giornali portoghesi, De Oliveira riprese fiducia nel suo lavoro. E divenne il regista che poi sarebbe stato nei successivi cinquant’anni. Da allora, Manoel e Mario, divennero amici. Questa l’avventura dell’assegno, che i due amici, quella sera, forse si stavano raccontando di nuovo, in maniera riservata, a tavola, ridendo come due compagni di classe.

Nella grande atmosfera della cena, fra le diverse domande rivolte timidamente dagli studiosi al Maestro, notavo che De Oliveira, non ordinava né pasta al pomodoro, né carbonara, né fettuccine ai porcini, né pizza. Solo un po’ di verdura e un pezzetto di pane.

Essendo seduto davanti a lui, mi partì qualche involontario sguardo sul suo parco piatto, e lui, da grande regista, intuì la mia meraviglia: “Eusebio, ricorda, mangiare poco la sera!”.

Poi, parlando del cibo, aggiunse, con calma, che mangiare “poco la sera” gli consentiva di svegliarsi alle 6 del mattino e scrivere. Di recarsi sul set, negli studios, non lontani da dove abitava, a piedi, alle ore 8 in punto. Che lezione di vita per un quarantenne in sovrappeso, davanti a una carbonara.

Posso dire che il cinema De Oliveira mi ha incantato sin dal suo primo film, un corto d’avanguardia Douro Faina Fluvial (1932), dedicato al porto della sua città, appunto Porto. E, poi, con film rimasti nella storia del cinema, non soltanto portoghese: Aniki Bobo (1942), Amore di perdizione (1978), Francisca (1981), La Divina Commedia (1991), Un film parlato (2003), per ricordarne alcuni.

Manoel de Oliveira ci avrebbe lasciato nel 2015, a 107 anni. L’ultimo suo film lo aveva girato nel 2012, a 104 anni. Silvio Garattini non poteva immaginare che la sua filosofia della tavola era simile a quella di Manoel de Oliveira, di trent’anni prima: meno mangi più giri.

(Foto di Gorupdebesanez-CC)

 


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