Mancando di prendere posizione con forza contro la manifestazione di sabato, e di fare con nettezza pulizia all’interno dei propri movimenti, i leader della sinistra danno l’impressione di condividerne le tesi o, quantomeno, di apprezzare i vantaggi elettorali dovuti ad una sostanziale ambiguità sul tema. Il corsivo di Andrea Cangini
Considerare il 7 ottobre “la data di una rivoluzione”, ovvero, come recitano i volantini della sinistra antagonista, “la data in cui il popolo palestinese ha messo in gioco la propria esistenza per non morire giorno dopo giorno nell’indifferenza” è, con tutta evidenza, una mostruosità. Il 7 ottobre 2023, come è noto, 1200 cittadini israeliani inermi sono stati trucidati e altri 240 sono stati rapiti in un tripudio di violenze, torture, menomazioni. Un vero e proprio pogrom ordito da un’organizzazione terroristica, Hamas, che, al pari del proprio dante causa iraniano, ha fatto della “cancellazione dello Stato di Israele“ e della “uccisione degli ebrei“ la propria missione ufficiale. Una missione, questa si, genocidaria.
Chi scrive ritiene che tutte le idee, anche le più mostruose, debbano poter essere liberamente manifestate così come, del resto, prescrivono gli articoli 11 e 17 della Costituzione. Invece, il questore di Roma ha vietato il corteo detto pro Palestina, ma in effetti pro Hamas, che una galassia di associazioni di estrema sinistra intende tenere questo sabato a Roma. La decisione è stata giustificata non con “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, cioè con le sole ragioni ostative allo svolgimento di “riunione in luogo pubblico” previste dall’articolo 17 della Costituzione. La decisione non è stata giustificata neanche con l’“incitazione dell’odio razziale“, esplicitamente vietata dalla legge Mancino. La motivazione è stata che, come ha spiegato il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, la manifestazione di sabato avrebbe “celebrato l’esaltazione di un eccidio”. Affermazione scivolosa dal punto di vista costituzionale, ma ineccepibile dal punto di vista politico.
Ed è il punto di vista politico quello che qui più ci interessa. Considerando la mostruosità delle tesi che sottendono il corteo di sabato (che ovviamente si svolgerà nonostante il divieto), e prevedendo la degenerazione della manifestazione nel consueto carnevale di violenze verbali e fisiche, duole constatare che a prendere vigorosamente le distanze dall’annunciata piazza pro Hamas siano stati solo i leader politici dei partiti di maggioranza. Non risulta una sola parola spesa, né tantomeno una vibrata critica levata, da parte della segretaria del Pd Elly Schlein, del presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, della coppia rossoverde Fratoianni-Bonelli.
È piuttosto evidente che, da ormai alcuni decenni, l’antisemitismo alligni più tra i ranghi della sinistra che tra quelli della destra. Mancando di prendere posizione con forza contro la manifestazione di sabato, e di fare con nettezza pulizia all’interno dei propri movimenti, i leader della sinistra danno l’impressione di condividerne le tesi o, quantomeno, di apprezzare i vantaggi elettorali dovuti ad una sostanziale ambiguità sul tema. Impressione a dir poco spiacevole.