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Spartiti d’Italia. Tutte le sbandate della politica italiana secondo Sisci

I vecchi partiti italiani avevano classi dirigenti che dialogavano tra loro e fuori, non leader che si telefonavano. Oggi è il contrario. Sembra ci sia una svista profonda su certi meccanismi della politica. I leader italiani vivono giorno per giorno in un’ansia perenne che trasmettono al pubblico. È grave in generale, diventa pazzesco in un momento in cui l’Italia è indirettamente in due guerre e non ha un’idea chiara. L’opinione di Francesco Sisci

La telefonata tra leader di governo (Fratelli d’Italia, FdI) Giorgia Meloni, e dell’opposizione (Partito democratico, Pd) Elly Schlein potrebbe inaugurare una nuova fase della vita politica del Paese. Il colloquio, riferiscono i giornali, riguardava la politica estera in questa nuova delicata fase delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente.

Il governo appoggerà lo sforzo militare sui due fronti, anche se non si sa se con grandi o piccoli distinguo. L’offensiva di terra in Libano contro gli Hezbollah e la ritorsione annunciata contro l’Iran hanno risvolti molto incerti. Stessa incertezza c’è sul fronte ucraino dove Kyiv sta ottenendo nuove armi e permessi per colpire dentro il territorio russo.

Il colloquio doveva quindi isolare le attese proteste del leader di M5S Giuseppe Conte, e non dare perciò sponde alle rimostranze della Lega di Matteo Salvini in seno al suo governo.

La stessa Lega, nelle stesse ore, è stata protagonista di un piccolo terremoto. Il ministro del tesoro leghista Giancarlo Giorgetti ha chiesto sacrifici e tasse in un’intervista che ha scosso i mercati. Il premier ha fatto sapere di essere irritata e ciò apre un giallo. Perché il ministro ha parlato su un tema così delicato senza concordare i dettagli con il capo del governo?

Ma al di là dei gialli la questione della finanza è reale. Con una nuova vampata di guerra molte prospettive economiche per l’Italia diventano volatili.

Qui i problemi di fondo. La possibile reazione israeliana riguarda anche un eventuale attacco a terminali petroliferi iraniani. Sarebbe meno delicata di un attacco agli impianti nucleari e taglierebbe fondi a tutta la nazione. Ci sarebbe una impennata di prezzi dell’energia e frenata brusca sulla già traballante economia persiana. Sarebbe un colpo anche per la Russia, sostenuta dall’Iran, seppure il rialzo dei prezzi aiuterebbe le esportazioni moscovite. Per la Cina sarebbe drammatico. Sarebbe risucchiata in questioni medio orientali che non governa, forse capisce male, e diventa sempre più agganciata a forniture di petrolio russo.

Sono scenari tutti complicati e in divenire su cui il Paese deve prepararsi al di là della pur giusta telefonata.

Trent’anni fa, oltre agli apparati dello Stato, tutti i partiti, compresi i più piccoli, e le grandi aziende, avevano centri studi di affari internazionali ed economia. Oggi nessuno li ha. Sono rimasti solo quelli di Stato che però, senza competizione, non sono forse come quelli di una volta.

I vecchi partiti italiani avevano classi dirigenti che dialogavano tra loro e fuori, non leader che si telefonavano. Oggi è il contrario.

Sembra ci sia una svista profonda su certi meccanismi della politica. A un certo punto, dopo Silvio Berlusconi, i leader politici hanno imitato le star di Hollywood.
Ma le star sono maschere, volti, importantissimi, ma di una industria complessa e sofisticata. Infatti, questi grandi attori non fanno gli stessi risultati quando recitano all’estero. Serve loro l’apparato. Lo stesso vale per la politica. Dietro i candidati presidenziali Kamala Harris o Donald Trump ci sono squadroni di migliaia di persone che si occupano di ogni dettaglio.

Berlusconi stesso, molto avvertito, aveva dietro grandi squadre, dove alcuni elementi importanti non erano neppure in Parlamento. Dopo di lui invece i leader politici sono diventati autoreferenziali. Schlein, che aveva l’ultimo partito strutturato, lo sta smantellando. Meloni, che il partito se lo è fatto da zero, usa solo famigli.

Il risultato è che Hollywood funziona, i leader italiani fanno fatica, vivono giorno per giorno, in un’ansia perenne che trasmettono al pubblico. È una telenovela quotidiana con possibili colpi di scena ogni minuto.

Il vantaggio per i protagonisti sembra essere massimo, perché stanno sempre sulla cresta dell’onda. In realtà il fatto che vota meno del 50% degli aventi diritto e gli altri vanno alle urne di malavoglia, dimostra che la ricetta aliena il Paese. Inoltre, lascia la nazione costantemente impreparata davanti ad ogni accadimento. È grave in generale, diventa pazzesco in un momento in cui l’Italia è indirettamente in due guerre e non ha un’idea chiara.

La Lega o M5S hanno dubbi sull’Italia in guerra? Benissimo, la democrazia è questo: se ne discuta pubblicamente in Parlamento, nei centri studi, sui giornali, e poi si decida che fare con chiarezza. Il Pci negli anni ’50 era contro la partecipazione italiana nella Nato, benissimo. Era tema di dibattito, la gente votava anche su questo e sceglieva se il Pci doveva governare o meno.

Oggi sono le stesse forze filo Nato che paiono non volere un dibattito pubblico, perché non hanno argomenti, non sono convinti, non hanno studiato, sono travolti dalla canea populista… perché non hanno classe dirigente.

Quindi, sapendo, per un calcolo di pura convenienza temporanea, che comunque l’Italia resta nella Nato e appoggia Israele, seguono i dettami. Ma non sono convinti, esitano, sbandano e comunque hanno pochi studi o argomenti. Di fronte invece c’è un fronte anti Nato e anti Israele che per anni ha lavorato sulla cultura, sulla percezione della realtà, che magari ha convinto profondamente gli stessi decisori Nato in Italia che mah, senza la Nato sarebbe meglio.

Marcello Pera aveva proposto per FdI di formare una classe con una cultura di conservatorismo autentico, fuori da rigurgiti fascistoidi. Non sembra sia stato ascoltato. Qualche giorno fa Luigi Zanda lamentava che Schlein stia smantellando la struttura del Pd.

Non sono sole in questo. Conte o Grillo vogliono partiti personalistici. Renzi e Calenda non hanno nemmeno partiti ma codazzi di seguaci. La Lega è un partito ma leninista. Forza Italia forse è l’unica in questo momento e potrebbe davvero raccogliere un’eredità e strutturarsi.

La mancanza di struttura in realtà non rafforza ma indebolisce i leader, e comunque lascia il Paese in balia delle onde.



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