Salvini consacra la sua posizione internazionale chiamando a raccolta tutti i leader sovranisti a livello europeo. La questione giudiziaria di Open Arms ha rafforzato la sua leadership e ha accantonato i dissidi interni alla Lega. Con Tajani rapporti tesi, mentre con Meloni è un armistizio. Renzi è un guastatore, ma il Campo Largo non esiste più. Conversazione con Damiano Palano, politologo e direttore del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Cattolica
Una Pontida molto internazionale. Tanto che potremmo parlare di “internazionale sovranista”. Non mancano gli elementi folkloristici, il pratone è affollato da una platea molto eterogenea. Il protagonista però resta lui, il segretario Matteo Salvini. Ora più che mai rafforzato – può sembrare un paradosso ma è così – dal caso Open Arms e dalla richiesta che è stata avanzata dalla magistratura a suo carico. Ci sono Orban, Wilders, Bardella. Pressoché tutti i leader della destra europea hanno risposto all’appello del Carroccio. “È il tentativo del segretario leghista di accreditarsi a livello europeo, sfruttando il raffreddamento dei rapporti fra i partiti sovranisti e Fratelli d’Italia”. A dirlo a Formiche.net è Damiano Palano, politologo e direttore del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Cattolica.
In qualche modo Salvini sta centrando i suoi obiettivi politici.
Non è un mistero che il vicepremier stia lavorando da diverso tempo a consolidare il suo ruolo a livello europeo. Con questo appuntamento a Pontida, caratterizzato dalla presenza di molti fra i principali leader europei, sta rafforzando il suo ruolo.
È conveniente dalla sua prospettiva far leva sulla vicenda giudiziaria?
Assolutamente sì. La richiesta di condanna paradossalmente è stata un grande assist per Salvini. Innanzitutto ha rafforzato la sua leadership interna al partito, coagulando attorno a se tutte le attenzioni e mettendo da parte – se non altro per un periodo – le frizioni che attraversano il suo movimento.
A proposito di frizioni, Pontida si è aperto con uno striscione contro Tajani. Salvini c’ha messo subito una pezza ma il malumore serpeggia, in particolare sulla questione cittadinanza.
È una questione che divide i due partiti da qualche mese. Tant’è che anche nel suo discorso finale, Salvini è tornato sulla questione cittadinanza. La dichiarazione di amicizia verso Tajani era un atto dovuto, ma è chiaro che questo sentimento all’interno del Carroccio circoli. E non escludo che di qui al prossimo futuro venga utilizzato per rimarcare le differenze tra le due tipologie di elettorato.
Ci sono più affinità, su questo con Fratelli d’Italia.
È un armistizio dettato dalle circostanze. Meloni ha una leadership molto forte, il governo non è in discussione. Però bisognerà capire anche sulla Manovra quali saranno gli “sforzi”che verranno richiesti e a chi verranno richiesti. Non è un caso che Salvini nel suo intervento conclusivo abbia rimarcato la necessità di far pagare i “banchieri e non gli operai”. È chiaro che si tratta di una retorica populista abbastanza consolidata, ma è un modo per marcare la distanza. A quel punto, se non si troverà un punto d’incontro, è probabile che ci sarà qualche frizione.
Dall’altra parte della barricata i rapporti non sono idilliaci. Come prevede che si profilerà l’equilibrio interno ai partiti del Campo Largo?
Non esiste più il Campo Largo. Sicuramente la provocazione di De Luca che ha scelto di ricandidarsi alla Regione, genererà altre tensioni in un partito che comunque è in subbuglio all’interno. Quindi qualsiasi alternativa credibile di governo è molto remota. Detto questo, qualsiasi ipotesi di alleanza, passa dall’esito del processo di cambiamento interno al Movimento 5 Stelle.
E Renzi in tutto questo che ruolo svolge?
Lui è il guastatore per eccellenza. Sta rovinando i piani di tutti benché non riesca a trarre, da questo atteggiamento, un vantaggio politico per se stesso e per il suo partito. Anche perché stiamo sempre parlando di un giocatore che è capace di guardare da una parte all’altra del campo politico.
Schlein riuscirà a superare questo impasse?
Non è facile. Lei è in una posizione scomoda: sotto il profilo del peso elettorale, dovrebbe scegliere come partner il Movimento 5 Stelle. D’altra parte, però, chiudendo completamente la porta a Renzi rischia di inimicarsi una parte consistente del partito che continua a vedere nel senatore di Rignano un alleato e non un competitor.