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Combattimento aereo del futuro, la Francia rilancia con la sua generazione 5.5

I droni saranno sempre più cruciali negli scenari del futuro e Parigi annuncia lo sviluppo di un nuovo sistema aereo collaborativo per il suo Rafale 5, col pensiero che corre alla sesta generazione e al combattimento integrato uomo-macchina. Allo stesso tempo il programma Fcas con la Germania continua ad arrancare dietro ai principali competitor occidentali. Che Parigi si stia preparando a scaricare Berlino?

La Francia intende sviluppare un sistema a pilotaggio remoto da combattimento (Ucav) stealth che possa affiancare i propri aerei da caccia entro il 2033. In base a quanto dichiarato da Sébastien Lecornu, ministro della Difesa di Parigi, il nuovo drone che affiancherà i venturi Rafale F5 sarà complementare e adatto al combattimento collaborativo. Ben pochi dettagli sono stati condivisi, se non che sviluppo e produzione saranno affidati a Dassault Aviation, sulla base del dimostratore Ucav nEUROn, che è stato già impiegato in attività addestrative con velivoli con pilota. “Questo drone da combattimento stealth contribuirà alla superiorità tecnologica e operativa dell’aeronautica francese entro il 2033”, ha spiegato Éric Trappier, presidente e amministratore delegato di Dassault. “È significativo che il progetto venga avviato oggi, in occasione del 60esimo anniversario delle Forze aeree strategiche e del 90esimo anniversario della Forza aerea e spaziale. Dassault Aviation e i suoi partner sono orgogliosi di servire le Forze armate francesi e l’Agenzia francese per gli acquisti della Difesa (Dga)”. Il nuovo drone, ha specificato Trappier “sarà altamente versatile e progettato per evolversi in linea con le minacce future”.

Da generazione 4.5 a 5.5? 

La Francia ha una lunga storia di programmi difensivi sviluppati autonomamente. Sin dalla creazione della Forza nucleare strategica nazionale (Force de frappe), inizialmente pensata come parte di un programma congiunto con Italia e Germania che non ha mai visto la luce, Parigi ha saputo distinguersi nel panorama della Difesa continentale come attore capace di sviluppare e produrre programmi propri. Questo fu anche il caso del Rafale, colonna portante delle odierne capacità aeree francesi. Inizialmente inserita nel programma europeo congiunto che avrebbe poi dato i natali all’Eurofighter Typhoon, la Francia abbandonò il tavolo nel 1985, a causa di divergenze circa l’impiego operativo previsto. Se infatti gli altri quattro Paesi coinvolti (Italia, Germania, Regno Unito e Spagna) erano propensi a sviluppare un velivolo che avesse come fulcro la superiorità aerea, la Francia puntava invece a dotarsi di un caccia multiruolo con spiccate capacità aria-superficie, per rimpiazzare i Mirage-2000 nel ruolo di vettore nucleare tattico, e in grado di essere imbarcato su assetti portaerei.

La versatilità del Rafale gli ha valso l’aggettivo di caccia ‘omniruolo’ e spesso ci si riferisce a esso come una via di mezzo tra la quarta generazione, cui appartiene l’Eurofighter, e la quinta, quella dell’F-35. Generazione 5.5 dunque, capace di impiegare diversi sistemi d’arma e con un’avionica all’avanguardia, ma sprovvisto delle capacità stealth che contraddistinguono la quinta generazione del caccia di Lockheed Martin. Infatti, anche nel caso dell’F-35, la Francia non partecipa al programma di acquisizione congiunta a guida Usa, preferendo fare affidamento sull’industria domestica. Adesso, con l’approssimarsi della sesta generazione, che sarà caratterizzata dall’interazione e integrazione tra sistemi pilotati direttamente e da remoto, la Francia si muove ancora verso un’opzione nazionale per aggiornare le proprie capacità aeree. Tuttavia, senza lo sviluppo di un nuovo caccia dedicato, è ancora difficile parlare di sesta generazione, semmai di un altro passaggio intermedio che unisca il concetto dello sciame di droni e del sistema di sistemi a una versione aggiornata del caccia base, il venturo Rafale 5. Benché si sappia molto poco circa lo sviluppo di quest’ultima (e forse definitiva) versione del caccia di Dassault, è probabile che gli aggiornamenti riguarderanno i sistemi di comunicazione cibernetica e di guerra elettronica (Ew), necessari per coordinare e dirigere il nuovo drone gregario. Inoltre, prevedendo che l’Ucav disponga di capacità stealth, si potrà mitigare in parte la mancanza di questa caratteristica per il sistema principale. 

Che ne sarà ora del programma Fcas?

Oggi la Francia fa parte di un programma di sviluppo e acquisizione congiunto per i sistemi di sesta generazione con Germania e Spagna, il Future combat air system (Fcas). Tuttavia, così come per altri progetti congiunti franco-tedeschi (la Spagna è entrata solo in seguito come partner minoritario), come il Main ground combat system (Mgcs – il supposto carro armato europeo), i progressi sono pochi e tardano ad arrivare. Quello degli arresti e delle ripartenze a singhiozzo dei programmi franco-tedeschi è un copione già visto molte volte, spesso dettato da rivalità industriali e dispute sulla ripartizione delle competenze tra i due Paesi. Con altri due programmi di sviluppo per la sesta generazione in cantiere, lo statunitense Ngad (next generation air dominance) e l’anglo-italo-nipponico Gcap (Global combat air programme), apparentemente ben più avanti  di Parigi e Berlino sulla tabella di marcia, l’Fcas potrebbe essere destinato a non spiccare mai il volo. Stante questa possibilità, è possibile che Parigi stia valutando una exit strategy imperniata sull’aggiornamento del Rafale per non lasciare l’Armée de l’air et de l’espace sprovvista di opzioni nel caso di un naufragio dell’Fcas. Tuttavia, visto il vicino orizzonte del 2033, è anche possibile che la Francia voglia solo garantirsi di restare al passo con gli Alleati nel campo della quinta generazione, in vista dell’entrata in servizio dei sistemi di sesta, prevista in ogni caso dopo il 2040. Ciò che è più probabile invece, è che la decisione di procedere all’aggiornamento del Rafale e all’integrazione con il nuovo Ucav non rappresentino un abbandono velato dell’Fcas, quanto più un tentativo registrare la rinnovata importanza dei droni nel dominio aereo, in attesa che lo sviluppo del nuovo caccia con Germania e Spagna faccia progressi. A mali estremi, Parigi potrebbe replicare quanto già fatto in passato e sviluppare da sé la sua sesta generazione, ma il mondo di oggi non è quello del 1985, e casi come quello dell’Ngad suggeriscono che sia sempre più difficile optare per soluzioni esclusivamente nazionali. Le opzioni non mancano a Parigi ma, per il momento, pare che la vecchia strategia del piede in due staffe non sia ancora stata espunta dalla lista.



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