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Storie di donne coraggiose. Il romanzo Sorelle spaiate letto da Ciccotti

Sorelle Spaiate (Giunti) di Lucia Esposito, felice esordio nel romanzo, tra neorealismo e viaggio di formazione. La recensione di Eusebio Ciccotti

Ormai da circa un secolo la letteratura (almeno da Manhattan Transfer di John Dos Passos, 1925) assorbe il modo narrativo del cinema non solo per tenere legato alla poltrona il lettore come la settima arte faceva in sala con i “quadri” che scorrevano sul telone, prima senza audio e in bianco e nero, poi con il sonoro e i colori, ma anche perché ormai noi ci raccontiamo le nostre storie quotidiane come in un film.

Lucia Esposito con Sorelle spaiate (Giunti, 2024) adotta però una scrittura filmica non scontata. Due protagoniste, che non si conoscono ma si incontreranno, raccontano in prima persona quello che è loro accaduto alla fine degli anni Novanta seguendo un procedere cinematografico. L’autrice chiede al lettore, tramite le sue due protagoniste, occhi e orecchi attenti come in sala, in un montaggio in parallelo e a contempo in alternato.

Seguiamo la vicenda di una romantica, ingenua ragazza albanese, Ershela, ingannata dal suo fidanzato, il connazionale Helidon, circa un “viaggio in Italia” per sposarsi e trovare lavoro, mettere su una famiglia, ma, subito dopo. costretta brutalmente alla vita su strada. In parallelo ecco la vita di una giovane giornalista, Viola, che “emigra” dal sud Italia al Nord, da Napoli a Milano. per realizzare il suo sogno di scrivere, per trovare sé stessa, per sfuggire dalla presenza di una sorella superficiale e cocca di papà e mamma (Chiara). Un viaggio che è anche la ricerca dell’amore, tra un uomo sposato, Andrea, del quale è attratta turbinosamente, e un romantico amante della poesia, Daniele, cui vuole bene, ma non amerà mai.

Le vite delle due protagoniste (Ershela e Viola), dunque scorrono parallele e in montaggio alternato, sin dall’inizio ma l’autrice non si accontenta: ecco che a loro volta le due vicende si raddoppiano, sottotraccia, per dar spazio ad altre due co-protagoniste (la piccola Alina, sorella di Ershela, che compare solo come destinatario epistolare e, appunto, Chiara).

Bisogna arrivare alla fine del racconto, come in una storia dal retrogusto hitchcockiano, affinché il lettore scopra come il destino (ossia le due narratrici, Viola ed Ershela, alter ego della medesima autrice) abbia cucito “casualmente” (sapientemente) le due (quattro) vicende in una soluzione tra viaggio di formazione, letteratura epistolare e racconto giallo, dentro una atmosfera milanese da film noir, ma con un acuto finale neorealista alla Matteo Garrone.

Lucia Esposito, nella ricostruzione di ambienti diversi (redazioni di giornali; esterni di città, da Milano a Napoli; capannoni abbandonati con prostitute recluse; alberghetti con l’insegna al neon traballante, alla Martin Scorsese) inserisce abilmente i suoi personaggi, differenti per censo, provenienza etnica, psicologia, senza cedere alla facile antropologia urbana e, soprattutto, mantenendo teso il filo della suspense.

La narrazione, evitando sia il frammentismo in voga che la ricerca di virtuosismi pseudo-gaddiani, sa aprirsi a originali immagini di indubbia forza poetica (“Gli uomini sanno di aringa rancida, e loro credono chissà che” (…) “si asciuga la lacrima più indisciplinata”), che contrappuntano una storia bella e triste come il sogno di un bel viaggio promesso e mai divenuto tale.



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