Dalla girandola dei vertici a Palazzo Brancaccio emerge un chiaro intento a non compromettere l’industria dell’auto nel nome di una transizione non ancora compresa fino in fondo dai costruttori. E sui semiconduttori la parola d’ordine è autonomia
Semiconduttori e automotive. Su questi due binari ha preso il decollo buona parte del G7 dell’Industria, svoltosi a Palazzo Brancaccio e giunto al suo secondo round, dopo la due giorni di Verona e Trento. D’altronde, con la presenza del commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager, non poteva essere altrimenti, dal momento che si tratta di due asset su cui l’Europa, e più in generale l’Occidente, si giocano una buona fetta di competitività.
Partendo proprio dalle quattro ruote, “nel settore dell’automotive europeo è necessario garantire certezza alle imprese e ai consumatori. Per questo riteniamo che vada anticipata l’attivazione della clausola di revisione del regolamento europeo sulle emissioni di Co2 dei veicoli leggeri all’inizio del 2025”, è stata la premessa, ancora una volta, del ministro per le Imprese, Adolfo Urso, che ha così dato la cifra del vertice bilaterale in seno al G7 con Udo Phillipp, segretario tedesco presso il ministero federale dell’Economia e dell’Azione per il Clima.
“Nel non paper che ho inviato due giorni fa ai ministri europei poniamo delle questioni fondamentali: servono risorse comuni da investire nel comparto per recuperare competitività sul piano globale, muovendoci in un ambito di vera neutralità tecnologica e puntando assolutamente a una autonomia strategica nelle tecnologie green. Serve una riflessione su come garantire le catene del valore e più investimenti nella tecnologia per arrivare al termine del 2035 (data che prevede il pensionamento di benzina e diesel, ndr) pienamente competitivi”, ha ribadito Urso.
L’altro filone della dodici ore a Palazzo Brancaccio è stato, come detto, quello dei chip. E qui la parola d’ordine è stata autonomia. “La politica industriale come strumento per rispondere a una nuova era di sfide globali in settori critici, partendo dai semiconduttori per poi applicare il metodo di lavoro anche nel campo delle materie prime critiche, tecnologie green e automotive”, è la sintesi, elaborata dal Mimit, relativa alla seconda sessione di lavori della ministeriale.
“Le criticità che riscontriamo nelle catene del valore, e soprattutto gli effetti delle politiche e pratiche non di mercato, sono tali che solo una risposta coordinata può sortire effetto e rendere le nostre catene di approvvigionamento effettivamente resilienti e sicure. Queste criticità non sono una mera eventualità, ma un fatto che rischia di mettere a repentaglio segmenti dell’industria dei semiconduttori che interessano tutti i nostri Paesi. Diventa fondamentale portare avanti la ricerca congiunta sui chips affinché siano più efficienti dal punto di vista energetico e con una manifattura più sostenibile nell’uso di risorse naturali ed elaborare criteri comuni affinché i semiconduttori siano prodotti in luoghi e in modalità affidabili. Utile, inoltre, stabilire un meccanismo di scambio di informazioni in caso di crisi, come accaduto durante la pandemia”.
Insomma, la rotta sembra essere tracciata, per bocca dello stesso Urso. “Partiamo dai semiconduttori per poi affrontare anche quello che riguarda le materie prime critiche e le tecnologie green. Questo metodo ci porterà anche ad affrontare ciò che interessa il cuore del sistema industriale che è quello dell’automotive su cui il confronto è aperto”.