In attesa che Bruxelles licenzi il testo definitivo del Regolamento, cerchiamo di essere realisti e guardare la specificità della italiana che negli ultimi anni ha costruito un sistema industriale del riciclo tra i più avanzati in Europa. Il commento di Saturno Illomei
Che sarebbe stato uno spot a favore del deposito cauzionale sugli imballaggi lo si era capito fin dal titolo dell’incontro (“Strategie e scenari di sostenibilità alla luce dei nuovi obblighi di legge: il potenziale ruolo del deposito cauzionale”) e ancora meglio dalle battute iniziali (“indirizzo di saluto”) del vicepresidente della Camera, nonché promotore del convegno, Sergio Costa, già ministro dell’Ambiente dei governi Conte I e II. Un deposito cauzionale da applicare non su tutti gli imballaggi, ma soltanto sulle bottiglie di plastica e sulle lattine di alluminio, come prevede il Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (Ppwr), ancora fermo nelle stanze di Bruxelles a causa delle lungaggini legate alla traduzione nei ventisette idiomi dell’Unione e che sarà licenziato, si spera, dal Consiglio Ambiente di dicembre.
“L’Italia può fare un salto di qualità nell’economia circolare con il deposito cauzionale – ha esordito Costa – attraverso il dialogo e il confronto di natura propositiva, non solo tecnico ma politico, tra tutti i soggetti che sono intorno a questo panel, per rendere costante il flusso delle materie prime seconde e fare un salto culturale attraverso la partecipazione dei cittadini. Occorre trovare la strada da percorrere per attuare qualcosa di cui siamo tutti convinti. La politica può fare la sua parte insieme agli organismi tecnici, ai consorzi, al mondo imprenditoriale”.
Un filmato su come sia stato ben applicato il deposito cauzionale (il Deposit Return System) in Slovacchia ha mostrato gli eccellenti risultati raggiunti. Ora, con tutto il rispetto per i cittadini slovacchi, stiamo parlando di un Paese con una superficie di 49 mila chilometri quadrati, un territorio come la Sicilia e la Sardegna messe insieme, e una popolazione di cinque milioni e mezzo di abitanti, meno degli abitanti della Campania. Molto più appropriato e calzante il recente studio dell’Unesco sulla Spagna, citato da Laura D’Aprile, Capo dipartimento sviluppo sostenibile del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
“Innanzitutto lo studio utilizza lo strumento dell’Lca (Life Cicle Assessment) che consente di valutare tutti i benefici, non solo nell’aumento della raccolta differenziata, ma di apprezzare anche gli impatti ambientali, diretti e indiretti, derivanti, per esempio, dalla logistica della raccolta e dalle infrastrutture impiantistiche, carenti al Centro-Sud e conseguente trasporto al Nord, con inevitabili aumenti delle emissioni di CO2. Per raggiungere gli obiettivi previsti dal Regolamento, la proposta è di avviare una sperimentazione sullo scenario attuale con l’applicazione dell’LCA e verificarne la fattibilità”, ha detto D’Aprile.
Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna A buon rendere, ha illustrato i costi e i benefici relativi all’introduzione di un sistema di deposito cauzionale in Italia. “Con l’applicazione del deposito cauzionale si arriva a conseguire facilmente l’obiettivo della raccolta differenziata, come dimostrano le esperienze in atto in alcuni Paesi europei. Con evidenti benefici sulla qualità del raccolto, la riduzione delle emissioni di gas serra e la prevenzione del littering. Per quanto riguarda i costi di gestione, questi verrebbero coperti dalla vendita dei materiali e dal contributo del produttore (EPR)”, ha detto Favoino.
Ma atteniamoci ai fatti e alla situazione italiana oggi, rispetto al Regolamento e alla Direttiva Sup (Single Use Plastic). La direttiva è in vigore dallo scorso gennaio mentre il regolamento è ancora in fase di redazione da parte degli uffici comunitari. Esso introduce obiettivi di riduzione degli imballaggi del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% al 2040. Determinati imballaggi in plastica monouso saranno vietati dal 1° gennaio 2030. Si prevede, inoltre, che entro il 2029 gli Stati membri dovranno raggiungere l’obiettivo della raccolta differenziata di almeno il 90% delle bottiglie in plastica e delle lattine in alluminio “con capacità massima di tre litri”. Per raggiungere questo obiettivo dovranno istituire “sistemi di deposito cauzionale” . Quest’obbligo non si applicherà agli Stati che avranno raggiunto il 90% di raccolta di questi imballaggi entro il 2029.
L’Italia, dall’entrata in vigore del Decreto Ronchi nel 1997, è diventato uno dei Paesi dell’Unione europea che ha fatto registrare le migliori performance nel settore del riciclo. Soprattutto nel riciclo degli imballaggi. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, responsabile presso le istituzioni nazionali e comunitarie del raggiungimento, a livello nazionale, degli obiettivi di legge, nel 2023 sono stati riciclati 10 milioni 470 mila tonnellate di rifiuti di imballaggio, pari al 75,3% dell’immesso al consumo (13 milioni 900 mila tonnellate). Ben oltre gli obiettivi europei al 2030. Se, poi, al riciclo si somma il recupero energetico – ossia l’uso di rifiuti di imballaggio come combustibile alternativo per produrre energia – il totale degli imballaggi recuperati e sottratti alla discarica arriva a 11 milioni 804 mila tonnellate, l’84% dell’immesso al consumo.
I dati appunto. “L’attenzione e l’accuratezza dei dati per noi è un valore. Il sistema Italia ha dimostrato di essere uno tra i più affidabili nel fornire informazioni all’Unione Europea. E veniamo al tema della cauzione. Per le lattine in alluminio il problema non si pone, avendo già oggi raggiunto un tasso di riciclo, e non di raccolta, che supera il 93%. Quando parliamo di bottiglie di plastica dobbiamo tener presente che queste rappresentano il 20% degli imballaggi in plastica immessi al consumo in un anno, meno del 4% di tutti gli imballaggi. Rispetto gli obiettivi previsti al 2029, stiamo parlando, quindi, di circa 70 mila tonnellate, ossia lo 0,5% del totale degli imballaggi”, ha sottolineato Simona Fontana, direttrice del Conai.
“Le recenti iniziative messe in campo con Anci come il progetto sulle raccolte nelle sette Città metropolitane del Centro-Sud, che mira a raccogliere gli imballaggi dove è più facile intercettarli, nelle grandi città, appunto. E con progetti mirati, insieme ai consorzi Coripet e Corepla, nella raccolta delle bottiglie di plastica. Questo ci permetterà di colmare quello 0,5% che manca per raggiungere l’obiettivo previsto”.
Sulla stessa linea Veronica Nicotra, segretario generale dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani. “Premesso che stiamo parlando di una porzione marginale dei rifiuti, penso sia opportuno mettere intorno a un tavolo tutte le parti interessate per trovare soluzioni che vadano nella direzione auspicata per il nostro Paese. Grazie agli accordi con i consorzi, sono stati fatti enormi progressi anche in aree molto difficili, come il Centro-Sud. Concordo sulla proposta di avviare sperimentazioni nei territori più recettivi e più avanzati”.
In attesa che Bruxelles licenzi il testo definitivo del Regolamento, cerchiamo di essere realisti e guardare la specificità della italiana che negli ultimi anni ha costruito un sistema industriale del riciclo tra i più avanzati in Europa. Ben vengano comunque pratiche e sperimentazioni che possano supportare un tessuto imprenditoriale già collaudato e che, con i fondi del Pnrr per nuove strutture nel Sud del Paese, possa completare un tessuto territoriale all’avanguardia per attuare una concreta transizione verso una compiuta economia circolare.