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C’è un modo per fermare l’artiglieria di Mosca. Rusi e Osc spiegano quale

Il rapporto “Ore to Ordnance” analizza la catena di approvvigionamento dell’artiglieria russa, identificando vulnerabilità cruciali che la comunità euroatlantica può sfruttare per inficiare le capacità della macchina da guerra del Cremlino

Il conflitto in Ucraina ha agito da cassa di risonanza per l’impiego di nuove tecnologie, o di vecchie tecnologie con nuovi metodi d’impiego. Per rendersene conto, basti pensare a come i sistemi uncrewed (volgarmente noti come droni) hanno plasmato l’immagine della guerra in corso nella mente degli individui di tutto il mondo. Ma al fronte, le dinamiche sono diverse da quelle presenti nella testa degli spettatori. E anche se questa guerra ha senza dubbio contribuito in modo estensivo al processo di military innovation su scala globale, essa continua ad essere dominata da logiche tutt’altro che innovative. E i dati ne sono una prova: più del 70% delle perdite registrate dall’esercito ucraino non sono dovute all’impiego di droni, né tantomeno all’impiego di sistemi a fuoco diretto, bensì dall’artiglieria di Mosca, che nella dottrina operativa del Cremlino continua ricoprire lo storico ruolo di “king of battle”, svolgendo un ruolo cruciale non solo in termini di capacità offensiva, ma anche per mantenere una linea di difesa solida e per compensare altre debolezze sul campo

E proprio l’artiglieria delle forze armate russe è oggetto dell’ultimo report targato Royal United Services Institute e Open Source Centre, denominato “Ore to Ordnance: disrupting Russia’s artillery supply chains”. Come suggerisce il titolo stesso, il documento si concentra in particolare sullo studio dell’intera supply chain di questi sistemi d’arma, evidenziando quali siano i punti di vulnerabilità che possono essere sfruttati per intaccare la capacità di produzione di pezzi d’artiglieria, ma anche di munizionamento, per le forze armate russe.

Il rapporto sottolinea come gran parte degli sforzi sanzionatori si siano concentrati su settori complessi, come la tecnologia avanzata, senza prendere in considerazione un approccio mirato alle filiere industriali specifiche. I tentativi di bloccare l’intera industria della difesa russa si sono dimostrati inefficaci, poiché le sanzioni su molte delle componenti chiave per la produzione di armi sono state aggirate attraverso apposite reti; inoltre, l’apparato della difesa russo ha sviluppato una resilienza tale da rendere difficile un blocco totale senza una strategia coordinata. Il rapporto suggerisce quindi una svolta strategica: concentrarsi su una singola filiera industriale, quella dell’artiglieria, per ottenere risultati più tangibili e duraturi.

La Russia dipende in larga misura da materie prime e macchinari che non può produrre internamente. Ad esempio, oltre il 70% delle macchine a controllo numerico computerizzato (Cnc) utilizzate nella produzione militare russa proviene dalla Cina, mentre il 55% del cromo utilizzato è importato. Allo stesso modo, le importazioni di nitrocellulosa, un componente fondamentale per le munizioni, sono aumentate del 70% dal 2022.

Questi dati rivelano che ci sono punti deboli significativi nella filiera russa che potrebbero essere sfruttati dai governi occidentali. Concentrarsi su queste vulnerabilità, piuttosto che su un approccio a spettro largo, potrebbe avere un impatto decisivo nel rallentare la produzione di armi e munizioni da parte di Mosca. In particolare, l’Occidente può intervenire per bloccare l’accesso della Russia a queste risorse prima che entrino nel Paese, evitando che materiali critici come il cromo e le macchine Cnc possano essere utilizzati per sostenere l’espansione dell’industria bellica russa.

Queste azioni andrebbero a danneggiare un ecosistema produttivo già carico di limitazioni. Sebbene la Russia abbia intrapreso un massiccio sforzo per espandere la capacità produttiva militare, avviando l’espansione di impianti strategici come quelli presenti nelle città di Perm e Kazan (come dimostrato dalle immagini satellitari), il report evidenzia l’esistenza di numerose sfide interne, che vanno dalla già citata dipendenza su materiali e macchinari di produzione estera (provenienti anche da Paesi formalmente non amici di Mosca, tra cui la stessa Italia) alla mancanza di personale qualificato e a una rete ferroviaria obsoleta che fatica a sostenere le esigenze logistiche del conflitto.

Un’azione concertata sulla filiera dell’artiglieria russa, composta da sanzioni mirate, controllo delle esportazioni e pressione diplomatica su Paesi intermediari, potrebbe essere la chiave per rallentare la macchina da guerra del Cremlino. Se l’Occidente riuscirà a cogliere questa finestra di opportunità, sarà possibile indebolire in modo significativo l’apparato militare russo e contribuire a determinare l’esito del conflitto in Ucraina.



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