Dopo Bruxelles il Medio Oriente: la tappa ad Amman, da un interlocutore ormai abituale di Giorgia Meloni come il Re Abdullah II, si pone come la volontà italiana di affiancare un soggetto come la Giordania che vuole essere faro di stabilità per la regione. Quella a Beirut sarà la prima visita di un leader in assoluto dall’inizio delle operazioni di terra delle forze israeliane e nell’occasione offrirà alle istituzioni libanesi la visione italiana sulla crisi: dare un contributo alla stabilizzazione del confine israelo-libanese
Una tre giorni densa e delicata quella che ha caratterizzato il lavoro del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, impegnata nel vertice europeo con il Golfo ieri, nel Consiglio europeo di oggi e nei viaggi in Medio Oriente di domani. Il minimo comun denominatore è la volontà italiana di offrire un contributo alle crisi in corso, con particolare riferimento al dossier migranti, alla guerra in Ucraina, alla questione umanitaria a Gaza e alle condizioni dei militari italiani impegnati nella missione Unifil in Libano.
Kiev
Al Consiglio europeo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha presentato il “piano della vittoria” e ha rinnovato il proprio appello per aderire alla Nato. Da un lato Stati Uniti e Germania sarebbero inclini ad evitare un ingresso rapido dell’Ucraina nell’alleanza, anche se quasi tutti concordano nel definire Kyiv già incanalata verso un percorso irreversibile di adesione. Lo ha detto apertamente l’ambasciatrice di Washington presso la Nato, Julianne Smith, secondo cui “al momento non siamo al punto in cui l’alleanza sta pensando di inviare un invito a breve termine”.
Dall’altro i dettagli del piano, che prevede il no alle concessioni territoriali, la possibilità che gli alleati occidentali tolgano le restrizioni all’uso di armi a lungo raggio e la volontà di avanzare il cosiddetto “pacchetto di deterrenza strategica non nucleare” sul territorio ucraino.
Il dossier migranti
Rafforzare la portata e l’efficacia della politica migratoria dell’Unione Europea, nella consapevolezza che nella Lettera sulla migrazione annunciata lunedì scorso dalla presidente della Commissione Europea, Ursula Vonder Leyen, vengono espressamente citate soluzioni innovative.
Per questa ragione Giorgia Meloni ha promosso una riunione informale tra alcuni degli Stati membri più interessati al dossier migratorio con i primi ministri danese, Mette Frederiksen, e olandese, Dick School: all’incontro erano presenti i leader di Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria a dimostrazione di un preciso e diffuso interesse alla materia e al modello italo-albanese. Al centro del vertice il nuovo Patto Migrazione e Asilo, la collaborazione da rafforzare lungo le rotte migratorie con Unhcr e Iom circa i rimpatri volontari assistiti.
Dalla Giordania al Libano
Duplice il significato della visita di domani. Da un lato la tappa ad Amman, da un interlocutore ormai abituale di Giorgia Meloni come il Re Abdullah II, si pone come la volontà italiana di affiancare un soggetto come la Giordania che vuole essere faro di stabilità per la regione. Lo sforzo giordano va in questa direzione, riferiscono fonti italiane, sia per abbassare la tensione sia per impedire con tutte le energie l’apertura di un nuovo fronte che possa peggiorare lo status quo a Gaza. In questo senso va letto l’impegno sul fronte umanitario, dopo che l’Italia aveva già avviato il progetto food for Gaza e dopo lo sforzo messo in campo fino ad oggi dal governo giordano al fine di assicurare aiuti alla popolazione. Inoltre, si confronteranno sulla proposta giordana di “Gaza humanitarian Gateway” su cui hanno già avuto un primo approccio in occasione del Vertice MED9 a Cipro.
La seconda tappa sarà a Beirut, dove il premier italiano verrà ricevuto dal primo ministro Mikati e dal presidente del Parlamento Berri. Meloni è il primo leader in assoluto a visitare il Libano dall’inizio delle operazioni di terra delle forze israeliane e nell’occasione offrirà alle istituzioni libanesi la visione italiana sulla crisi: ovvero in primis dare un contributo alla stabilizzazione del confine israelo-libanese e promuovere ancora una volta l’impegno di tutte le forze libanesi a garantire in ogni momento la sicurezza del personale impegnato nella missione Unifil.
Palazzo Chigi intende ribadire che il punto di caduta di ogni interlocuzione è la piena applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: quindi da un lato il sostegno alle forze armate libanesi (Laf) nell’assunzione delle loro responsabilità su tutto il territorio libanese, e dall’altro la sottolineatura del ruolo svolto dall’Italia con la missione bilaterale Mibil e come guida del Comitato Tecnico Militare per il Libano.
Il caso Siria
Attenzione verrà puntata anche sulla crisi dei rifugiati siriani, aggravata dalla contingenza a Gaza, dove si registrano un milione di sfollati in Libano, pari al 20% dell’intera popolazione e almeno 300.000 persone cercare rifugio in Siria. Della questione Meloni ne aveva già parlato a Cipro promuovendo un incontro a quattro con il Re di Giordania Abdullah II, il Presidente di Cipro Christodoulides e la presidente della Commissione europea von der Leyen. In questo senso Roma, assieme ad altri Stati membri, ritiene che è giunto il momento di ripensare la strategia europea sulla Siria, e creare le premesse perché i rifugiati siriani riescano a tornare volontariamente a casa: di qui il sostegno italiano dal lavoro svolto dall’Unhcr, e la decisione di rafforzare la presenza diplomatica a Damasco.