L’Onu è nata con l’obiettivo di favorire la pace e prevenire i conflitti, tuttavia, la sua operatività è spesso limitata dal potere di veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Ecco perché sarebbe utile riformare questo aspetto nell’opinione di Raffaele Bonanni
Ormai è sin troppo chiaro che l’Organizzazione delle Nazioni Unite è parte importante del problema della propagazione dei conflitti che rischiano di far divampare un nuovo conflitto mondiale. L’Onu è nata con l’obiettivo di favorire la pace e prevenire i conflitti, tuttavia, la sua operatività è spesso limitata dal potere di veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Russia, Usa, Regno Unito e Francia). Questo potere di veto permette a questi Paesi di bloccare qualsiasi intervento che non sia in linea con i loro interessi nazionali, rendendo l’Onu inefficace in molte situazioni critiche.
Un esempio della limitazione dell’Onu è la crisi in Ucraina, dove la Federazione Russa clamorosamente ha invaso il Paese violando i trattati internazionali, e l’Onu non ha potuto intervenire a causa del veto russo. Un altro esempio si trova in Medio Oriente, dove il gruppo paramilitare Hezbollah, finanziato e diretto dall’Iran, ha insediato basi nel sud del Libano e lancia missili contro Israele. Nonostante la presenza di 10 mila soldati dell’Onu (di cui oltre mille italiani) come forza di interposizione, l’organizzazione non riesce a fermare questi attacchi, interpretando la risoluzione Onu n. 1701 come mero monitoraggio senza azioni concrete. Unifil dovrebbe sostenere l’esercito libanese al controllo del Paese proteggendolo da Hezbollah, ma non fa nulla a che costoro non spadroneggino nelle zone di confine con Israele sparando missili e costruendo sottoterra infrastrutture militari.
La situazione a Gaza è simile, con Hamas che gestisce tunnel e postazioni missilistiche e l’Unwra (l’agenzia Onu presente a Gaza con 12 mila operatori) che non interviene. L’intelligence israeliana denuncia che molti dipendenti dell’Unwra hanno legami con Hamas o la Jihad islamica, contribuendo ulteriormente all’inefficacia dell’Onu nella regione. Inoltre, i ribelli Houthi nello Yemen, anch’essi sostenuti dall’Iran, lanciano missili contro Israele e le navi occidentali nel Mar Rosso, danneggiando l’economia mediterranea ed europea.
Insomma l’Onu oltre ad essere inefficace, sembra prestare il fianco ai Paesi autocratici per conseguire i loro obiettivi di rivolgimento degli equilibri mondiali, e tale anomalia rischia di infiammare ancor più i focolai regionali del mondo.
E allora soprattutto i Paesi democratici devono ricercare nuove soluzioni perché l’Onu possa vivere per una vera missione di governo dei trattati internazionali e del loro effettivo rispetto nell’interesse della pace. Costoro dovranno mettere in mora il diritto di veto se si vuole davvero garantire basi solide alla legalità internazionale. Per migliorare la sua efficacia l’Onu dovrebbe adottare decisioni assembleari a maggioranza qualificata, creando le basi per un ampio consenso e responsabilizzazione degli Stati membri nelle operazioni di interdizione necessarie per scongiurare conflitti originati dalla volontà di chi è più forte militarmente di sottomettere chi è debole.
In questi frangenti ambigui i pacifisti se vogliono servire le ragioni della pace devono traguardare i loro obiettivi non semplicemente a valle degli accadimenti, ma a monte. E l’obiettivo di riformare l’Onu per fermare gli istinti di dominio dei più forti, è una tappa obbligata ed essenziale per la legalità internazionale. Così come gli europei e le autorità italiane a impegnarsi per una maggiore consapevolezza e azione su ciò che sta accadendo a livello internazionale, per evitare che l’Italia mantenga una posizione ambigua su questioni cruciali per la pace e la sicurezza.