Per la prima volta nell’ambito dei lavori del G7 viene organizzato un incontro dedicato nello specifico alla dimensione della Difesa, fortemente voluto dalla presidenza di turno italiana con l’obiettivo di identificare un approccio condiviso e comune per affrontare le diverse aree di instabilità internazionali. L’occasione ha poi permesso ai ministri di Italia, Regno Unito e Giappone di fare il punto sul Gcap, ma il generale Pietro Serino avverte: “Bene le nuove piattaforme, ma bisogna investire nelle munizioni. L’Ucraina insegna”
L’impiego della forza militare e di strumenti ibridi offensivi orientati all’allargamento territoriale o all’espansione della propria sfera di influenza a scapito di altri Paesi è una condizione che sta rendendo lo scenario geopolitico globale sempre più fluido e instabile. Ed è su questo scenario che, per la prima volta in cinquant’anni, il formato di consultazione G7 ha visto la riunione dei ministri della Difesa, accolti a Napoli da Guido Crosetto e organizzata nell’ambito della presidenza italiana di turno. Un incontro definito “storico” dal segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, che ha auspicato: “Sono sicuro che non sarà l’ultima volta”. Come sottolineato dallo stesso ministro, in apertura del vertice, “la brutale aggressione russa in Ucraina, la situazione critica in Medio Oriente, combinata con la profonda instabilità dell’Africa subsahariana, e le crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico sottolineano un framework di sicurezza deteriorato, con previsione per il prossimo futuro che non possono essere positive”. Di fronte a queste crisi, “è stata una buona idea fare questa riunione” ha sottolineato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borell, e soprattutto sarà “importante parlare di Medio Oriente e Ucraina”.
Le aree toccate dal ministro Crosetto nel suo intervento sono state, infatti, gli altrettanti temi toccati dalla riunione, riconosciute da tutti i Paesi G7 quali le principali aree dove più si manifesta “il confronto tra due visioni differenti del mondo”, nelle parole di Crosetto “una che crede nell’ordine basato sulle leggi internazionali, e un’altra che sistematicamente non rispetta la democrazia nell’inseguimento dei propri obiettivi, incluso l’uso deliberato della forza”.
In cima all’agenda del vertice c’è stata la guerra in Ucraina, a cui tutti i Paesi del G7 convenuti hanno confermato il “fermo supporto” al primo punto della dichiarazione finale, a segnalare l’importanza che il conflitto riveste nel rendere ancora più fragile il contesto globale. Una “evidente infrazione delle norme internazionali, inclusa la Carta dell’Onu” da parte russa, che vede in particolare la condanna della “irresponsabile retorica nucleare” di Mosca da parte dei Sette grandi. La Nato in questo quadro è stata riconosciuta quale attore principale nell’assicurare la deterrenza nell’est europeo. Come sottolineato dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, “essere a Napoli con i ministri della Difesa del G7” è servito a “capire come dare ancora piu’ supporto all’Ucraina, incrementare la produzione industriale della difesa e rafforzare la cooperazione con i partner”. Significativa, del resto, anche la presenza del ministro della Difesa ucraino, Rustem Umjerov.
Il secondo punto trattato dal vertice ha riguardato il Medio Oriente, e in particolare i Sette hanno condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, chiedendo un immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Tuttavia il G7 ha anche registrato che la “spirale di violenza che coinvolge Israele e Hamas” sta avendo un profondo impatto sui civili, in un “pericoloso ciclo di attacchi e risposte che rischia di causare una escalation incontrollabile in Medio Oriente”. I Paesi, quindi, auspicano un abbassamento della tensione, l’aderenza alle risoluzioni dell’Onu che portino alla Soluzione dei due Stati. In particolare, il summit ha ricordato il “ruolo essenziale” di Unifil, e l’importanza che la sicurezza dei Caschi blu sia assicurata da tutte le parti.
La riunione si è soffermata anche sull’Indo-Pacifico, la cui importanza “va oltre la dimensione economica”. In questo settore, i Paesi del G7 hanno riconosciuto l’importanza di garantire una “relazione stabile con la Cina” e riconoscono “l’importanza di un’interazione diretta e aperta per esprimere le preoccupazioni e gestire le differenze” soprattutto per quanto riguarda la pace e la sicurezza. Al netto di tutto questo, è stata anche espressa preoccupazione di fronte all’espansionismo cinese, in particolare nel mari meridionale e orientale cinesi, e ancora di più per la crescente collaborazione militare con la Russia e tra questa e la Corea del nord, in particolare per quanti riguarda la costruzione di un arsenale nucleare da parte di Pyongyang reso possibile dal supporto di Mosca.
Di fronte a tutti questi scenari di crisi, dunque, i Paesi hanno riconosciuto la necessità di potenziare le proprie capacità di difesa, anche dal punto di vista industriale. L’occasione, tra l’altro, è servita anche per fare il punto sul caccia di sesta generazione Gcap, con i ministri dei Paesi partner, il britannico John Healey e il giapponese Gen Nakatani. Per Crosetto, il Gcap “deve essere primo passo verso una sempre piu’ profonda collaborazione nel settore delle tecnologie avanzate, nella ricerca e sviluppo” con entrambi i Paesi. Ma è proprio su quest’ultimo punto che il generale Pietro Serino, già capo di Stato maggiore dell’Esercito, sentito da Airpress, ha voluto porre l’attenzione: “In un quadro di sicurezza internazionale quale quella nella quale viviamo, ha ancora senso una industria della Difesa che si muove secondo logiche di mercato? E lo dico in particolare riferimento alla produzione di munizioni e materiale di consumo in senso ampio”. Il generale, infatti, pur lodando iniziative sulle piattaforme come il Gcap o, recentemente, l’accordo tra Leonardo e Rheinmetall per la produzione di corazzati “sulle munizioni, e su questi tipi di produzione, si tende a spendere e investire poco, mentre invece sono emersi quali veri e propri elementi essenziali” come dimostrato dall’Ucraina. “Una volta – ha continuato Serino – quando esistevano ancora le industrie di stato, le munizioni le Forze armate se le producevano da sole, proprio perché sono elementi che hanno un tasso di guadagno molto basso e seguono cicli di approvvigionamento particolari; non sono, quindi, produzioni che attirano un grosso interesse da parte delle aziende”.