Li Ling, docente di Studi sull’Asia Orientale all’Università di Vienna, descrive a Formiche.net come la leadership di Xi Jinping abbia plasmato gli equilibri tra Partito e Stato. “Il cambiamento strutturale più significativo introdotto dal Partito sotto Xi Jinping è stato l’espansione della partecipazione diretta del Partito alle attività regolatorie statali in aree prioritarie attraverso la pratica del wearing-two-hats”
Li Ling è professoressa nel dipartimento di Studi sull’Asia Orientale all’Università di Vienna, dove insegna corsi su “Diritto e società nella Cina contemporanea” e “Metodi di ricerca nelle scienze sociali sull’Ue in studi cinesi”. Formiche.net la intervista mentre è a Roma per la presentazione del suo nuovo volume, “Governance of the Party-State: Corruption, Law and the Modus Operandi of the Chinese Communist Party” (Cambridge University Press, 2025), Martedì 22 ottobre, alle 18, sarà protagonista di un evento che fa parte di una serie di incontri con politologi internazionali esperti di Cina, organizzati alla John Cabot University dal professore Enrico Fardella, Associate Director dell’istituto.
In che modo la campagna anticorruzione del leader cinese, Xi Jinping, ha influenzato le dinamiche di potere all’interno del Partito Comunista Cinese (CCP)?
In primo luogo, la battaglia di Xi contro la corruzione si distingue dalle campagne precedenti per la sua vasta portata, il livello di intervento su più scale e la sua intensità prolungata. È iniziata come una campagna di shock durante il suo primo mandato, ma si è trasformata in una pratica più regolare dopo il 2018. In secondo luogo, la politica anticorruzione di Xi stabilisce un legame tra corruzione economica e politica, e dà priorità alle risorse investigative anticorruzione contro le élite del Partito che sono politicamente sleali. Questa politica è convincente perché ha essenzialmente reso il comportamento politico scorretto soggetto a punizione penale selettiva. La combinazione di questi due fattori ha portato all’indebolimento delle politiche fazionarie e a un allineamento unificato del potere ai vertici del Partito.
Come il Partito Comunista Cinese utilizza la pratica del “wearing two hats” (indossare due cappelli) per esercitare un controllo flessibile e simultaneo sugli organi statali e di partito?
“Indossare due cappelli” non è una pratica nuova, ma è stata ampliata significativamente nell’ultimo decennio. Nonostante il suo nome innocuo, questa pratica rappresenta una caratteristica cruciale del Partito-Stato come forma unica di governance: l’incorporazione amministrativa del Partito nella struttura statale. Un esempio tipico è la pratica di uffici congiunti tra l’istituzione disciplinare del Partito e l’autorità di supervisione statale. In base a questo accordo, il Partito ha incaricato la sua istituzione disciplinare interna, il Comitato per la Disciplina e l’Ispezione, di condurre indagini criminali anticorruzione direttamente, e dal 2018, esclusivamente. L’obiettivo delle sue indagini era limitato all’inizio ai membri del Partito, ma successivamente è stato ampliato per coprire tutti i funzionari che esercitano potere di supervisione/gestione nelle istituzioni pubbliche dal 2018. È come se in Italia fosse istituita una squadra anticorruzione nazionale sotto il quartier generale di Fratelli d’Italia.
Quali sono i principali ostacoli che impediscono una completa trasparenza nel processo decisionale del CCP?
L’opacità del Partito deriva dal fatto che esso aderisce a una pratica di autogestione. Ciò significa che il Partito è regolato come un club quasi privato, nonostante sia l’istituzione pubblica singola più grande e importante del Paese. Il Partito decide quali informazioni condividere con il pubblico, quando condividerle e con chi.
Ci sono esempi specifici che ne illustrano l’opacità?
Ad esempio, le raccomandazioni, le nomine e la selezione dei massimi dirigenti degli organi del Partito-Stato non vengono divulgate al pubblico fino al completamento dell’elezione. Allo stesso modo, il processo disciplinare interno del Partito, che può o assolvere una persona dalla responsabilità penale o avviare il procedimento penale, è condotto in quasi totale segretezza.
Negli ultimi due decenni, il Partito ha fatto sforzi per rendere la sua operazione più pubblica, accompagnati da un’iniziativa volta a migliorare l’istituzionalizzazione. A tal fine, il Partito ha standardizzato molte delle sue pratiche e le ha trasformate in un “sistema normativo intra-partitico”. Negli ultimi due decenni sono state promulgate e pubblicate più direttive centrali, regolamenti e linee guida operative rispetto agli otto decenni precedenti messi insieme. Tuttavia, queste regole del Partito sono sviluppate in modo euristico, il che significa che non sono sistematizzate, nonostante i recenti sforzi di codificazione. Sono spesso scritte con una terminologia esoterica, punteggiate da esortazioni politiche e riferimenti storici, che le fanno apparire aliene persino a un avvocato cinese, per non parlare di chi non è addestrato. Di conseguenza, il sistema normativo del Partito è eccessivamente pedante e difficile da penetrare. Pertanto, assistiamo a una situazione rara in qualsiasi campo accademico, in cui l’oggetto di osservazione sta crescendo e si sta espandendo rapidamente, ma in qualche modo è passato inosservato e ha eluso la nostra attenzione.
Il sistema normativo del Partito è evoluto e continua a evolversi oggi in un processo storico non lineare. Come analizzarlo?
Nella storia iniziale della Repubblica Popolare Cinese, il Partito vedeva lo Stato come una grande forma di vita aliena, intelligente ma inaffidabile, lenta ma bisognosa di grande manutenzione, burocratica ma costantemente alla ricerca di autonomia. Mao, che nutriva una profonda sfiducia verso tutte le istituzioni, mostrava un atteggiamento verso gli organi statali che si può al massimo definire sprezzante. Avendo ancorato il suo potere nel Partito e nell’esercito, Mao credeva che le leggi fossero uno strumento inutile di governo; confessò di non riuscire a ricordare i contenuti della Costituzione perché c’erano troppe disposizioni; né vedeva il senso del Congresso Nazionale del Popolo e del Consiglio di Stato, perché poteva comunicare più efficacemente la sua volontà al resto del Partito in riunioni faccia a faccia.
La sfiducia di Mao verso gli organi statali si intensificò fino a raggiunse il culmine durante la Rivoluzione Culturale, sfociando poi nella demolizione della maggior parte degli organi statali e nella sottomissione del Paese al controllo militare. E dopo?
Il Partito iniziò a ricostruire il Partito-Stato negli anni ‘80. Questi sforzi includevano la resurrezione del sistema disciplinare del Partito e la ricostruzione degli organi statali con un sistema legale moderno. Il Partito aveva una volta “giocato” con l’idea di allentare il controllo del Partito sullo Stato nella metà-fine degli anni ‘80, ma cambiò rapidamente rotta dopo il 1989 e invece rafforzò il suo controllo su tutti gli organi statali. Da allora, il Partito iniziò ad aumentare i suoi investimenti nel sistema legale statale. Sotto il governo di Jiang Zemin, il Partito adottò il sistema socialista della “rule of law” come parte del suo programma politico. Dal 1993, il capo del Congresso Nazionale del Popolo ha ottenuto un seggio nel Comitato Permanente del Politburo. Il legislatore nazionale fu quindi incaricato della responsabilità di trasformare la volontà collettiva del Partito in leggi statali, che gli organi statali avrebbero poi fatto rispettare. I tribunali furono incaricati di gestire un enorme volume di controversie, compreso il contenzioso amministrativo contro le agenzie governative.
Quali cambiamenti strutturali sono stati introdotti nel sistema normativo del CCP a seguito delle riforme istituzionali promosse da Xi Jinping?
La tendenza descritta è continuata sotto il governo di Xi Jinping. Il cambiamento strutturale più significativo introdotto dal Partito sotto Xi Jinping è stato l’espansione della partecipazione diretta del Partito alle attività regolatorie statali in aree prioritarie attraverso la pratica del wearing-two-hats. Il contrasto dei diversi modelli operativi impiegati dal Partito in diversi momenti è più evidente se confrontiamo due riforme della supervisione del Partito: una lanciata nel 1955 e l’altra nel 2016-2018. Durante la riforma della supervisione del 1955, il Partito prima declassò e poi assorbì l’istituzione di supervisione statale per esercitare un controllo totale sulle questioni disciplinari; mentre, nella riforma della supervisione del 2016-2018, il Partito promosse il rango del ministero della supervisione statale, gli conferì un potere immenso e poi appropriò il suo potere e le sue risorse in blocco attraverso il dispositivo degli uffici congiunti, una variante del wearing-two-hats.
Quale è l’equilibrio attuale tra Partito e Stato?
A questo punto, se guardiamo indietro alla modalità di governo del Partito-Stato nell’era maoista, era nient’altro che primitiva e distruttiva. Ora, dopo aver imparato a domare lo Stato, il Partito lo considera come uno strumento indispensabile di governo e cerca di espandere la sua capacità regolatoria, potenziandolo.