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Negli Usa la minaccia della disinformazione grava già sul dopo-elezioni

Le agenzie d’intelligence statunitensi avvertono che potenze straniere, tra cui Russia, Iran e Cina, potrebbero intensificare gli sforzi non solo per influenzare l’esito delle elezioni del 5 novembre, ma per fomentare disordini sociali e promuovere episodi di violenza tra il giorno delle elezioni e l’inaugurazione presidenziale di gennaio 2025

Con l’avvicinarsi della fatidica data, le attenzioni di tutto il mondo si concentrano sempre di più sulle consultazioni elettorali del 5 novembre, durante le quali i cittadini statunitensi sceglieranno chi tra Kamala Harris e Donald Trump guiderà il loro Paese per i prossimi quattro anni. Ma se l’attenzione di tutti è concentrata sul giorno delle elezioni, qualcuno guarda già al giorno successivo. Alcuni funzionari dell’intelligence di Washington hanno infatti avvertito che alcune potenze straniere stanno intensificando gli sforzi non solo per influenzare l’esito delle elezioni presidenziali, ma anche portare avanti in modo più estensivo le campagne di disinformazione sui risultati elettorali, al fine di incoraggiare l’esplosione di violenza fisica tra il mese prossimo e il giorno dell’inaugurazione nel gennaio 2025.

Alcuni funzionari dell’Office of the Director of National Intelligence, che hanno parlato a condizione di anonimato con la testata statunitense DefenseOne, hanno dichiarato che Russia, Iran e Cina “rimarranno impegnati nel tentativo di minare la democrazia statunitense, fomentare i disordini sociali e posizionare i loro candidati preferiti”, e che soprattutto Mosca e Teheran siano “probabilmente disposti a prendere almeno in considerazione” tattiche che incitino alla violenza. Curioso notare come, nelle previsioni dell’Odni, i Paesi presi in considerazione favoriscano candidati diversi: in particolare, la Russia preferirebbe una vittoria di Trump, mentre l’Iran favorirebbe l’attuale vicepresidente. La Cina sarebbe invece concentrare nel tentare di influenzare competizioni di più basso livello, perché nessuno dei due candidati alle presidenziali ha un programma politico più favorevole a Pechino.

“Proteste violente guidate o amplificate dall’estero, violenza o minacce fisiche agli operatori elettorali o ai funzionari statali e locali potrebbero mettere in discussione la capacità dei funzionari statali e locali di condurre gli elementi del processo di certificazione e del Collegio elettorale, in particolare se impediscono l’accesso fisico necessario alle strutture o alle sedi”, si legge in un documento declassificato il 16 ottobre dal direttore della National Intelligence Avril Haines. Il documento aggiunge che la dinamica potrebbe estendersi al processo di certificazione delle elezioni del 6 gennaio, il che riecheggerebbe l’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti che seguì le affermazioni infondate dell’allora presidente Donald Trump e degli alleati del Partito Repubblicano, secondo cui la sua sconfitta elettorale sarebbe stata truccata. Operazioni informatiche e altre tecniche di spionaggio potrebbero con molta probabilità essere impiegate il giorno stesso delle elezioni. I gruppi di hacker stranieri potrebbero tentare di alterare i siti web delle elezioni, dei governi statali o dei notiziari rivolti al pubblico per “promuovere la confusione” sui risultati, aggiunge la valutazione declassificata.

Secondo le forze dell’ordine statunitensi, l’Iran e la Russia sono dietro a sfacciati tentativi di hacking e disinformazione legati alle elezioni. Il mese scorso, il Dipartimento di Giustizia ha presentato un’accusa penale contro un trio di agenti legati al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran, sostenendo il loro coinvolgimento in un hacking e in una fuga di documenti della campagna elettorale di Trump. Mentre secondo precedenti valutazioni e accuse legali, la Russia ha condotto per mesi campagne di influenza sostenute per far pendere il voto americano a favore di Trump. L’ultimo episodio di attenzione nazionale è stato quello che ha coinvolto il candidato democratico alla vicepresidenza Tim Walz, accusato in un video da un suo apparente ex-studente di aver commesso abusi nei suoi confronti. Gli analisti dell’intelligence hanno utilizzato una combinazione di strumenti interni e commerciali per determinare che il video che mostrava la vittima di abusi che parlava era un deepfake realizzato con l’Intelligenza artificiale da spin doctor pro-Cremlino, secondo uno dei funzionari dell’Odni.



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