La faida interna al Movimento 5 Stelle rischia di impattare anche sugli equilibri del campo largo. Benché i pentastellati siano sempre stati umorali e poco affidabili. Tra Conte e Grillo è impossibile prevedere chi avrà la meglio, ma a ridosso delle elezioni regionali le insidie sono diverse. L’alternativa di governo si costruisce con un lavoro dal basso, tornando alla dimensione collettiva. E il Pd non può fare tutto da solo. Colloquio con la politologa della Coloumbia, Nadia Urbinati
La questione è più complessa di come sembra. La faida tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, rispettivamente leader e fondatore del Movimento 5 Stelle ha a che fare con le radici stesse di quello che non è mai diventato un partito, ma in qualche modo da tempo si comporta come se lo fosse. Non c’è solo il contratto di consulenza sulla comunicazione, in ballo. Il punto di fondo è l’identità. E, ovviamente, a ridosso degli appuntamenti elettorali, la tenuta del campo largo con le altre forze progressiste. “Il problema è che il Movimento 5 Stelle è sempre stato un partito umorale”. A dirlo a Formiche.net è Nadia Urbinati, politologa e docente alla Columbia University.
Fra i duellanti, nel Movimento, chi prevarrà?
È una previsione difficile da fare. Stiamo assistendo a una faida tra due personaggi: uno è il fondatore, l’altro è in cerca d’autore che si stanno facendo una guerra dall’esito davvero imperscrutabile.
A questo punto c’è da chiedersi quale sarà il profilo identitario che emergerà.
Per la verità il Movimento 5 Stelle non ha mai avuto un’identità precisa. È sempre stato umorale e ondivago. Si sono barcamenati fra i temi, cercando di accaparrarsi i voti. C’è una parte dell’elettorato pentastellato che è sostanzialmente conservatore e un altro progressista.
Nel Meridione hanno riscosso molto successo. Merito solo del reddito di cittadinanza?
Sicuramente il reddito di cittadinanza ha rappresentato una risposta per le persone che spesso erano sotto la soglia della povertà. Detto questo, anche in termini di politiche sociali, non c’è mai stata un’idea univoca su un provvedimento sostanziale da applicare. E il reddito di cittadinanza è qualcosa di non risolutivo, ancorché utile.
Il campo largo reggerà l’onda d’urto che questi strali interni al Movimento 5 Stelle sta provocando?
Il campo largo è un’idea che è fortemente collegata ai momenti elettorali. Non c’è mai stata una linearità neanche in questo. In alcune regioni sarà più semplice per lo schieramento progressista, altrove invece la partita è più complessa.
Partiamo dalla più imminente che è la Liguria. Che sfida si prospetta?
È, probabilmente, la sfida principale che vedrà contrapposte le due facce dell’Italia. Da una parte quella della destra che si scaglia contro i magistrati in questo pericoloso gioco allo sconfinamento dei poteri. Dall’altra quella democratica, quella che vuole ricomporre le forze democratiche più sincere.
Alla luce di questi presupposti è immaginabile qualcosa di duraturo?
Per prepararsi alle Politiche fra tre anni bisogna iniziare, seriamente, a costruire un progetto di alternativa valida e credibile al governo di centrodestra. Sarebbe il caso di cominciare a fare un lavoro dal basso, coinvolgendo direttamente l’elettorato in assemblee civiche, aperte e partecipate. Solo così si può pensare di cambiare le cose.
Ha aspettative sulla Costituente di Conte?
Se si parla di superare il doppio mandato personalmente sono a favore. La Costituente è una cosa molto seria, che fissa regole che valgono per sempre. Conte dovrebbe, esercitando la sua leadership, creare finalmente il movimento che non c’è mai stato.
È tutto sulle spalle di Elly Schlein, dunque?
Anche lei più di tanto non può fare, ma soprattutto sarebbe il caso che anche il Pd uscisse dalle logiche istituzionali e tornasse a proiettarsi di più in una dimensione collettiva, rivolta direttamente alla cittadinanza.