Il cosiddetto Quad europeo rappresenta ancora oggi una struttura rilevante per la sicurezza transatlantica? Quello dei quattro leader è ormai un formato datato e meno inclusivo rispetto alle nuove realtà geopolitiche? La giornalista Rym Momtaz, che dirige Strategic Europe, pubblicazione settoriale del Carnegie, si è occupata di dare una risposta a questi dubbi coinvolgendo alcuni top think tanker europei
La scorsa settimana, i leader di Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti si sono riuniti per discutere il sostegno all’Ucraina e altre questioni di sicurezza — tra cui ovviamente la crisi militare attorno a Israele, la cui escalation sembra non fermarsi, come dimostra l’attacco israeliano diretto all’Iran di due giorni fa e le voci che da Teheran giurano una nuova vendetta. Alla riunione l’assenza più illustre era quella di Giorgia Meloni, non invitata nella classica struttura del formato, sebbene in altre occasioni parte del cosiddetto “Quint”, tuttavia contestualmente occupata proprio da un viaggio in Medio Oriente, tra Giordania e Libano, dunque assente più o meno giustificata.
Dubbi sul se questa configurazione, comunemente nota come “Quad europeo”, rappresenti ancora oggi una struttura rilevante per la sicurezza transatlantica non emergono solo da Roma. Quello dei quattro leader è ormai un formato datato e meno inclusivo rispetto alle nuove realtà geopolitiche? La giornalista Rym Momtaz, che dirige Strategic Europe, pubblicazione settoriale del Carnegie, si è occupata di dare una risposta a certi dubbi coinvolgendo alcuni top thinktanker europei.
Per esempio, Jakub Janda, direttore del European Values Center for Security Policy, ha sottolineato l’importanza di includere la Polonia nelle discussioni sulla difesa europea. “Discutere la difesa europea senza la Polonia è come pianificare una strategia militare senza i generali”, dice, sottolineando il ruolo cruciale di Varsavia come leader regionale e sostenitore di primo piano dell’Ucraina. A suo parere, i Paesi dell’Europa centrale e orientale sono da anni all’erta rispetto alla minaccia russa, mentre alcuni stati occidentali hanno adottato un atteggiamento di appeasement, generando diffidenza tra le due aree. Condivisone e partecipazione sono dunque necessarie anche per questo.
Marcin Terlikowski, direttore della ricerca presso il Polish Institute of International Affairs (PISM), rincara la dose sulla necessità del coinvolgimento dei paesi dell’Europa centrale e orientale per una politica efficace verso la Russia. “L’esclusione invia due segnali disastrosi: che non hanno peso nelle questioni strategiche e che la Russia può ancora distinguere tra ‘categorie’ di stati europei”, osserva, evidenziando il rischio di riaprire divisioni interne all’Europa.
Alcuni esperti, come Tara Varma, visiting fellow al Brookings Institution ed ex direttrice dell’ufficio parigino di Ecfr, propongono un’estensione del gruppo proprio per rappresentare meglio gli equilibri interni all’Europa. Varma evidenzia l’importanza di includere stati del sud Europa e dell’area baltica, frontiera di primo piano nel conflitto ucraino, e anche lei batte sulla Polonia, che ha recentemente accresciuto il suo peso politico. “Se l’Europa vuole realmente sostenere l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, il sostegno della Polonia sarà essenziale”, afferma, suggerendo una maggiore rappresentatività per mantenere un sostegno solido a Kyiv.
Anche Armida van Rij, senior research fellow alla Chatham House, concorda sull’inefficacia del formato Quad attuale, sottolineando l’importanza di includere la Polonia come nuovo leader nella difesa europea. “Convocare il Quad senza la Polonia delegittima il gruppo e invia un segnale positivo alla Russia”, osserva van Rij, invitando a considerare i cambiamenti nei centri di potere all’interno dell’Europa. Questo della Polonia è un tema ricorrente che si lega anche a un’evoluzione dei rapporti di Varsavia con Washington.
Olaf Wientzek, direttore del Multinational Development Policy Dialogue alla Konrad Adenauer Foundation, condivide questa visione evolutiva, suggerendo un “Quad +1” dove quel “+1” possa variare in base alle questioni discusse. “Detto questo, chiamare il Quad europeo obsoleto è un’esagerazione. Qualsiasi formato che riunisca gli Stati Uniti, il Regno Unito e i principali Paesi europei rimarrà prezioso in futuro. Tali formati sono particolarmente critici nell’affrontare sfide come le relazioni con la Cina, [le strategie] nell’Indo Pacifico, in Medio Oriente e Corno d’Africa e nel rafforzare un ordine multilaterale basato su regole e valori”, spiega Wientzek. Tuttavia aggiunge che “come ospite, la Germania avrebbe dovuto estendere gli inviti almeno alla Polonia, e possibilmente all’Italia. Non farlo è stata un’occasione mancata”, questo perché “entrambi i Paesi hanno un peso politico significativo”.
Per Robert Madelin, senior strategist presso Fipra International, le questioni globali e regionali richiedono discussioni in più formati paralleli. Che poi è la ragione per cui gli Stati Unti stanno negli ultimi anni dando preferenza ai cosiddetti “formati mini-laterali” (come il Quad appunto, il dialogo con India, Giappone e Australia da cui si trasla il nome di quello europeo). “Questo Quad [europeo] è essenziale per la difesa dell’Ucraina, ma nessuno sostiene che sia l’unico forum possibile,” aggiunge Madelin, sostenendo l’importanza di mantenere un equilibrio tra diversi formati di collaborazione, inclusi il Consiglio di Difesa dell’Ue e la Nato.
Anche Bruno Tertrais, vice direttore della Foundation for Strategic Research, considera il Quad ancora rilevante, pur riconoscendo l’importanza di coinvolgere altri attori per temi specifici. “Qualsiasi formato mini-laterale è per definizione esclusivo”, osserva Tertrais, spiegando che l’aggiunta di altri stati dovrebbe dipendere dall’argomento e non necessariamente alterare il Quad in ogni circostanza. “In effetti — si chiede — come si può discutere dell’Ucraina senza la Polonia, o dei Balcani senza l’Italia?”. L’esperto aggiunge anche un ragionamento sui rapporti con l’Iran, affidati al formato E3 (Francia, Germania e Regno Unito) perché presente al tavolo di dialogo dell’accordo Jcpoa ma spesso privi della profondità che proprio l’Italia (e in misura minore la Spagna) potrebbero dare al dialogo con Teheran.
Stefanie Babst, ex vice segretario generale aggiunto della Nato, offre invece una visione più netta e critica della leadership del Quad. “La domanda ‘perché dovremmo essere guidati da voi?’ probabilmente non è mai stata considerata dai membri del Quad”, sostiene, notando che questa configurazione non è riuscita a definire una strategia a lungo termine su Russia e Cina. “Data la sottoperformance del Quad, alcuni membri della Naro hanno iniziato a organizzarsi in modi alternativi (mei Bucharest Nine, nel Nordic Five, nel Nordic-Baltic Eight) e a partecipare alle Joint Expeditionary Force. Questi gruppi non solo coordinano i loro aiuti all’Ucraina, ma discutono il quadro strategico più ampio e cercano di allineare i loro obiettivi nazionali”. Ancora: “Sembra che il presidente russo Vladimir Putin non solo abbia annesso il territorio ucraino nel 2014: ma sia anche riuscito ad annettere il cervello strategico e la resistenza politica di alcuni membri di spicco della Nato”, polemizza.
L’analisi dei diversi esperti raccolta dal Carnegie rivela posizioni divergenti sulla rilevanza del “Quad europeo”, e converge sulla necessità di un rinnovamento del formato. Integrare altri attori strategici, per rappresentare meglio le nuove realtà geopolitiche, avrebbe sia un peso strategico agli occhi delle capitali europee escluse, sia un valore tecnico, visto conoscenze e dunque competenze specifiche di alcuni Paesi su determinati dossier.
La discussione nel formato mini-laterale europeo diventa una componente essenziale della sicurezza europea, sebbene non esclusiva, ed è tanto più efficace quanto più agile è il formato. Per questo adattare il Quad alle sfide attuali attraverso allargamenti o inclusioni potrebbe essere la soluzione per preservarne l’utilità senza ignorare la trasformazione del panorama europeo e globale. Immaginare di trattare argomenti come il Medio Oriente senza il coinvolgimento italiano, o l’Ucraina senza quello polacco, rappresenta uno schematismo rigido, mentre il Quad europeo dovrebbe essere fluido, per adattarsi meglio alle rapide e articolate evoluzioni del contesto geopolitico che avvolge l’asse transatlantico.