Skip to main content

In Liguria la sinistra sconta il giustizialismo e le divisioni. La lettura di Cangini

Sono stati due gli errori commessi dal centrosinistra in Liguria. Quello di fomentare il giustizialismo, pensando che l’inchiesta che ha coinvolto l’ex governatore Giovanni Toti potesse recidere il rapporto di fiducia con l’elettorato e non aver radunato tutte le forze del campo largo in virtù dei veti messi da Conte verso Renzi. E la segretaria dem Elly Schlein non ha la statura per essere la federatrice del campo largo. Il commento di Andrea Cangini

La vittoria in Liguria della coalizione di centrodestra guidata dal sindaco uscente di Genova Marco Bucci era largamente prevedibile. Era largamente prevedibile perché prevedibili erano le conseguenze nefaste dei due principali errori di strategia politica commessi dai leader nazionali del centrosinistra, e di conseguenza dalle loro emanazioni locali.
Il primo errore è consistito in un surplus di moralismo. Il centrosinistra ha scommesso, evidentemente sbagliando, sugli effetti benefici dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni del governatore del centrodestra Giovanni Toti.
Ritenendo che la notizia avesse spezzato il legame di fiducia tra l’elettorato di centrodestra e i propri rappresenti politici e che potesse fungere da traino nei confronti dell’elettorato di sinistra, i leader nazionali di Pd, Avs e Movimento 5stelle hanno inscenato vere e proprie manifestazioni lungo le vie di Genova invocando, con fare giacobino, la testa di Toti.
Hanno fatto di una piccola inchiesta giudiziaria locale un grande caso nazionale.
Hanno perciò emblematicamente candidato al ruolo di governatore della Liguria un ex ministro della Giustizia, il dem Andrea Orlando, evidentemente convinti che il suo status passato fosse sufficiente a colmare la sua distanza presente dal territorio ligure e dai suoi problemi contingenti.
Il risultato delle elezioni dimostra quanto sbagliato sia stato il loro calcolo e, di conseguenza, quanto poco paghino le posizioni giustizialiste.
Il secondo errore ancor prima che con la politica ha a che fare con l’aritmetica. È noto da tempo che il centrosinistra risulta competitivo solo quando riesce a riunire tutte le proprie anime: dei centristi all’estrema sinistra. Stavolta non l’hanno fatto.
Non l’hanno fatto a causa del veto imposto dallo statista Giuseppe Conte all’alleanza con Italia Viva di Matteo Renzi. Il quale Renzi, come era prevedibile, ha sotterraneamente indirizzato i propri voti, non molti, in effetti, ma tutti comunque necessari, verso il candidato del centrodestra. Lo ha fatto per dimostrare di essere indispensabile al centrosinistra, e il risultato delle elezioni gli ha dato ragione.
Tutta colpa di Giuseppe Conte? Sì e no. A parte il fatto che, ma anche questo era prevedibile, il Movimento 5stelle in quanto tale ha registrato una pessima performance elettorale, probabilmente dovuta alla tradizionale mancanza di radicamento territoriale, al fatto che si votava nella regione del fondatore-ripudiato Beppe Grillo e alla circostanze che vedeva candidato anche un ex pentastellato come Nicola Morra, in casi del genere la responsabilità del mancato accordo politico va attribuita al federatore.
E fino a prova contraria il federatore del centrosinistra è, o dovrebbe essere, Elly Schlein. La quale, con tutta evidenza non ha né l’autorità né l’autorevolezza per imporsi sui cosiddetti alleati del cosiddetto campo largo.
Questi, a giudizio di chi scrive, i due principali errori commessi dai leader del centrosinistra. Che servano da lezione è materie di fede.


×

Iscriviti alla newsletter