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In Russia i tassi sono alle stelle. E non è una buona notizia

L’economia della Federazione resta in piedi solo ed esclusivamente grazie alla produzione di armamenti, la quale però spinge l’inflazione verso nuove frontiere. E con un costo del denaro al 21% per le famiglie indebitate e lontane dalla guerra, sono solo guai

Poche ore fa, la banca centrale russa ha aumentato i tassi di due punti percentuali, portandoli al 21%, nel tentativo di arginare la crescente inflazione. Un valore pazzesco, dal momento che il costo del denaro copre oltre il 20% dell’imposto di un prestito. Una decisione presa non senza remore dal governatore della Bank of Russia, Elvira Nabiullina, ma resasi necessaria dalla galoppante inflazione, figlia dell’ingente spesa pubblica legata alla guerra in Ucraina.

“L’inflazione”, ha spiegato la stessa banca centrale, “è notevolmente superiore alle previsioni di luglio. Le aspettative sui prezzi continuano ad aumentare. La crescita della domanda interna sta superando in modo significativo le capacità di espansione dell’offerta di beni e servizi e a questo punto è necessario un ulteriore inasprimento della politica monetaria per garantire il ritorno dell’inflazione all’obiettivo e ridurre le aspettative di inflazione”.

La stessa Nabiullina ha affermato che si prevede che l’inflazione salirà ancora (ora è all’8,8%), e che per questo la vigilanza bancaria raddoppierà l’obiettivo della del 4%. Tradotto, ci saranno nuove strette monetarie. Ma c’è un problema. Se da una parte infatti la crescita della Russia corre (+4,4% nel secondo trimestre), è altrettanto vero che a spingere il Pil è la sola produzione bellica, senza la quale l’economia della Federazione sarebbe in grandissima difficoltà. E lo stesso vale per l’inflazione.

Questo vuol dire che le centinaia di migliaia di famiglie russe che sono indebitate con le banche o che devono chiedere un prestito in banca, hanno di fatto le mani legate, perché vittime di tassi eccessivamente alti e connessi, i prezzi legati allo sforzo bellico appunto, a una realtà molto lontana dalle loro esigenze reali e quotidiane. Tutto questo mentre i cinquanta miliardi di dollari promessi sotto il sole della Puglia lo scorso giugno, quando a Borgo Egnazia i Grandi della Terra trovarono l’accordo sull’utilizzo dei fondi del Cremlino congelati sui conti europei, circa 190 miliardi, per finanziare la resistenza e la liberazione dell’Ucraina, sono in arrivo nella casse di Kyiv.



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