L’agroalimentare italiano continua a macinare fatturato nonostante un contesto geopolitico internazionale molto difficile. Ma le chiusure cinesi rischiano di guastare la festa
A ogni economia i suoi assi. E l’Italia ne ha almeno uno, l’agroalimentare. Non è questione solo di clima, di sole e temperature miti. Ma di buoni prodotti venduti all’estero, grazie all’eccellente qualità italiana. I numeri sono quelli dell’Ismea, l’Istituto che offre servizi al mercato agricolo, lì a garantire la tenuta di un sistema che, nonostante guerre, inflazione e shock energetici, sembra godere di buona salute.
L’ASSO DEL MADE IN ITALY
Dopo un 2023 da record, con le esportazioni agroalimentari italiane che hanno oltrepassato 64 miliardi di euro, anche nei primi sei mesi del 2024 la dinamica è rimasta positiva con un valore che ha sfiorato 34 miliardi di euro, in aumento del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. In crescita, spiega Ismea nel suo rapporto, anche il valore delle importazioni (+1,4% per 33,5 miliardi di euro) in maniera meno consistente rispetto al 2023, in ragione soprattutto della riduzione delle quotazioni delle commodity agricole. In tal modo, è migliorato il saldo commerciale agroalimentare tornando positivo e pari a 433 milioni di euro.
LA LEADERSHIP EUROPEA
E, a quanto pare, è sempre la cara vecchia Europa a trainare il mercato italiano, a dispetto dei mercati considerati più emergenti e tonici. D’altronde, il Vecchio continente rimane il più grande mercato unico del mondo, forte di quasi mezzo miliardo di persone. E così, “il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani”, chiarisce l’Istituto, “si conferma la Ue che, con 19,5 miliardi di euro nei primi sei mesi 2024 ha assorbito poco meno del 60% delle esportazioni dell’Italia. Germania, Francia e Stati Uniti rimangono i partner di maggior rilievo, con il terzo che è cresciuto a un tasso più elevato. Tra i primi 20 paesi di destinazione, è risultata in controtendenza solo l’Ungheria che tuttavia ha un ruolo marginale, rappresentando solo l’1% delle totali esportazioni nazionali”.
ECCELLENZE ITALIANE
Non è tutto. Andando ancora di più nel dettaglio, le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani sono aumentate per tutti i principali prodotti, con l’unica eccezione di quelle relative ai kiwi, in riduzione in valore e ancor più in volume. Dopo una deludente performance nello scorso anno, per esempio, hanno ricominciato a crescere le esportazioni di vini in bottiglia, che si confermano in prima posizione tra i prodotti spediti, con un peso sull’export totale del 7,6% nel periodo in osservazione, per un valore pari a 2,6 miliardi di euro. È stata positiva anche la dinamica rilevata per i vini spumanti, arrivati a quasi 1,1 miliari di euro (+6,9%).
Tra gli altri comparti di peso, le esportazioni dei derivati di cereali sono aumentate dell’8% in valore, trainate soprattutto dai prodotti della panetteria e pasticceria (+13,1%) più che dalle paste alimentari (+1,1%). In crescita anche il fatturato all’estero dei formaggi stagionati (+7,5%) e freschi (+6%) ma le dinamiche decisamente più evidenti si sono osservate per le esportazioni di olio di oliva (+64,1%) e uva da tavola (+45,1%). Le importazioni, che riguardano in larga parte materie prime non trasformate e prodotti semilavorati, hanno evidenziato una contrazione per i principali cereali, soia e farina di soia, olio di palma; al contrario, sono cresciute in misura consistente le importazioni dei primi due prodotti importati: caffè non torrefatto (+11,6% in valore) e olio di oliva (+32,7%).
CINA GUASTAFESTE
Ma anche il mercato più florido non è immune dalla temibile guerra commerciale sulle auto elettriche tra Unione Europea e Cina, che mette a rischio la crescita dell’export, per esempio, di formaggi made in Italy in Cina, che, nonostante tutto, nei primi cinque mesi del 2024 hanno fatto segnare un incremento del 35% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tutta colpa dell’annuncio di Pechino di aver avviato un’indagine anti-sussidi sull’import di prodotti lattiero-caseari dall’Unione europea, in risposta ai dazi sulle auto elettriche. Una mossa che pone per l’ennesima volta il cibo italiano come merce di scambio nei contenziosi politici ed economici scoppiati su altri settori e che, come accaduto in passato, rischia di avere contraccolpi sull’intero export agroalimentare italiano nel Paese asiatico che vale 590 milioni di euro.