Serve un cambiamento culturale che promuova la consapevolezza dell’impatto che le nuove tecnologie possono avere sul comparto della Difesa. Il punto del sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, di ritorno dagli Usa dove il modello di collaborazione tra istituzioni della Difesa e settore privato, orientato all’adozione di tecnologie emergenti, può servire da esempio anche per gli hub italiani come il polo underwater di La Spezia
Può il modello statunitense di stretta collaborazione tra le imprese private e le istituzioni della Difesa per l’innovazione delle Forze armate rappresentare un esempio virtuoso anche per il nostro Paese? Lo abbiamo chiesto al sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, rientrato da poco da una missione negli Stati Uniti dove ha incontrato i vertici della Defense innovation unit (Diu), l’ente interno al Pentagono dedicata all’innovazione tecnologica, e delle più importanti società di avanguardia operanti nel settore della Difesa e sicurezza.
Durante la sua missione negli Stati Uniti ha avuto l’opportunità di osservare da vicino il modello della Diu. Quali elementi di questa realtà americana ritiene possano essere replicati in Italia per accelerare l’adozione di tecnologie commerciali emergenti a supporto delle nostre Forze armate?
La Diu è l’unica organizzazione del dipartimento della Difesa statunitense dedicata all’innovazione tecnologica che si occupa di aiutare le Forze armate a utilizzare rapidamente le tecnologie commerciali emergenti e ottenere così un vantaggio strategico nelle sfide operative e a favore della sicurezza nazionale. Si tratta di un modello flessibile che abbraccia svariati settori che spaziano dalla biotecnologia al quantum science passando per l’ambito dell’energie rinnovabili, creando così l’opportunità di affrontare le sfide nelle quali la difesa è chiamata a operare, con soluzioni innovative. In Italia abbiamo inaugurato a dicembre il Polo nazionale della subacquea, un modello che va proprio in questa direzione. È essenziale incentivare il nostro tessuto produttivo nazionale, composto per oltre l’80% da Pmi, a sviluppare soluzioni che possano trovare applicazioni versatili e ad ampio spettro, e creare un ambiente favorevole alla crescita e all’innovazione, così da rafforzare la nostra competitività.
Nella sua visita ha esplorato potenziali collaborazioni con aziende all’avanguardia in settori chiave come cyber, spazio ed energia. In generale il modello Usa si basa sull’adozione del paradigma di produrre “più velocemente, a minor costo, e di qualità migliore” (faster, cheaper, better). Ritiene che la nostra industria della Difesa sia pronta ad adottare modelli simili?
L’approccio americano fondato su rapidità, efficienza nei costi e alta qualità, è derivante da una stretta collaborazione tra il settore pubblico e privato. Anche l’industria italiana della Difesa ha aperto le porte a questo modello, elemento chiave per affrontare le sfide attuali e future, ma è necessario continuare a lavorare affinché un suo rafforzamento consenta di integrarlo pienamente. Le Forze armate richiedono oggi personale altamente specializzato e competenze del mondo digitale. Questo cambiamento “culturale e strutturale” è assolutamente significativo, oltre che necessario, al fine di permettere alla Difesa di poter gestire qualsiasi evento e generare gli effetti voluti in ambito multidominio. L’innovazione tecnologica ha abbassato le barriere d’ingresso nei nuovi domini, aprendo il campo a numerosi attori il cui fine può essere, ahimè, ai danni del nostro benessere; ecco il motivo per il quale dobbiamo assolutamente intendere un rafforzamento della difesa e sicurezza come un investimento rispetto a una spesa, il modello pubblico privato è elemento chiave per garantire prosperità e sicurezza nel medio-lungo termine a tutela del Paese.
In un contesto geopolitico sempre più complesso, la Difesa dovrà adottare le tecnologie più avanzate messe a disposizione dall’industria, specialmente in settori strategici come i nuovi domini del cyber e dell’underwater. In questo senso l’Italia ha messo in campo iniziative come il Polo della subacquea di La Spezia. Pensa che questo modello possa essere replicato anche in altri settori? Ricordo che nella città ligure, tra l’altro, presto arriverà la nuova joint venture tra Leonardo e Rheinmetall per la realizzazione dei nuovi blindati e corazzati terrestri…
Ritengo che il modello del Polo della subacquea di La Spezia debba possa applicato con successo anche in altri settori strategici, come la cyber-sicurezza o le tecnologie spaziali. La cooperazione e condivisione del know-how e delle eccellenze a livello internazionale è ciò che ci permetterà il mantenimento della superiorità tecnologica rispetto a paesi che stanno correndo nel settore molto velocemente. Se pensiamo alla difesa europea, superare le frammentazioni dell’industria della difesa non solo è un aspetto importante per efficientare i costi di produzione, ma è più che fondamentale a unire le competenze e innovazioni a fronte di un progresso tecnologico senza soluzione di continuità.
Le tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e i sistemi autonomi stanno ridefinendo il concetto stesso di sicurezza e difesa. Come ritiene si possa promuovere una maggiore consapevolezza nella società italiana sull’impatto di queste innovazioni?
Siamo chiamati a vincere una sfida di consapevolezza nella società italiana per prendere coscienza di quanto la realtà sia cambiata rispetto al passato. Il cambiamento è in atto sotto i nostri occhi e procede a una velocità tale da non permettere di comprendere appieno le conseguenze dell’impatto delle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e i sistemi autonomi in tutti i domini, soprattutto quello cyber, che fa parte della vita di tutti i giorni. Penso che sia necessario continuare a promuovere la Cultura della Difesa, come spesso sottolineato dal ministro Crosetto, anche partendo dalle basi educative e formative. La famiglia, gli istituti scolastici i corsi di formazione. Dobbiamo diffondere il messaggio che oggigiorno Difesa e Sicurezza sono due facce della stessa medaglia e che le innovazioni tecnologiche comportano sia benefici che rischi, questi ultimi devono essere compresi e valorizzati affinché ognuno di noi possa essere più consapevole in processo di trasformazione tecnologica che non si può fermare ma che ha obiettivi ben chiari per il nostro futuro per le giovani generazioni e per chi deve ancora arrivare.