Il centrosinistra auspica che il modello con tutti dentro e senza veti possa essere un nuovo inizio, partendo dall’election day del 17 novembre in Umbria ed Emilia Romagna. Il centrodestra, forte di 14 regioni e di un consenso che dopo due anni non cala, punta a fare all-in grazie ad una coalizione che resta coesa in tutti i territori e, come fatto in Liguria, apre al civismo
Tra due settimane si voterà per le regionali in Umbria ed Emilia Romagna. Poi a seguire nel 2025 in Puglia e Campania. Da un lato il campo largo deve provare a capire come non perdere roccaforti come la regione bagnata dal Po e le due meridionali dove, più che le coalizioni, influiscono due personalità come Michele Emiliano e Vincenzo De Luca e le relative ragnatele di contatti. Di contro, l’onda positiva della maggioranza che ha appena toccato anche la Liguria può avere risultati positivi in Umbria, così in prospettiva il centrodestra deve capire come provare a cambiare schema nelle altre regioni. Al momento FdI, Lega, FI e centristi guidano 14 regioni, le altre 5 al centrosinistra.
Cosa è successo in Liguria
Detto della vittoria di Bucci con il 48,77 per cento dei voti contro il 47,36 di Orlando, è nei singoli partiti che ci sono spunti analitici interessanti. Il Pd è stato sì il primo partito col 28,4% ma i suoi alleati hanno raccolto poco. Alleanza Verdi e Sinistra ha ottenuto l 6%, solo il 4,5% per il Movimento 5 Stelle in virtù di 25.000 voti. I grillini hanno dimezzato i consensi ottenuti alle europee del giugno scorso. Addirittura per Orlando presidente solo il 5,4%. A giocare un ruolo il veto di Conte circa la presenza dei candidati di Italia Viva (come Raffaella Paita) e di +Europa nelle liste che sostenevano l’ex guardasigilli. La decisione di Schlein di avallare questa istanza si è rivelata sbagliata.
Il centrodestra vince: FdI è al 14,8, la lista civica che sosteneva il governatore al 9,4, la Lega all’8,5, Forza Italia al 7,9. Da segnalare che il sindaco di Genova ha ottenuto quasi 20mila voti in più rispetto alle liste di centrodestra, coinvolgendo anche una buona fetta del civismo regionale, a dimostrazione del fatto che la scelta di candidare Bucci è stata azzeccata.
Umbria
L’ultimo sondaggio pubblicato oggi dal Corriere dell’Umbria dà in testa la governatrice uscente Donatella Tesei, con Stefania Proietti a 1,6 punti indietro. Tesei è data fra il 44,8% e il 49,8%. Nel campo del centrosinistra spicca la decisione di IV di appoggiare Proietti (candidata sostenuta dal cosiddetto campo largo con Pd, Avs e M5S) “per prevalere”, anche se non ci sarà il simbolo ma solo candidati posizionati nella lista Civici umbri.
La candidata punta sull’assenza di veti, “sovvertirò i pronostici – spiega – qui, nella piccola Umbria i veti non esistono, il campo largo e i suoi travagli non ci toccano”. Punterà molto sul civismo, dal momento che è metà delle liste che la appoggeranno sono proprio civiche. Appare evidente che per il Pd sarà un passaggio cruciale il voto umbro, perché potrà dire (anche se non in maniera assoluta, visto il rapporto con i numeri nazionali) se l’esperimento del “tutti contro la destra” potrà avere seguito. Il centrodestra può contare su due fattori: il fatto di avere già governato l’Umbria dopo 50 anni di centrosinistra e il vantaggio del trend nazionale che vede la maggioranza coesa e solida dopo due anni al governo.
Emilia Romagna
Il voto è stato anticipato di un anno rispetto alla naturale scadenza della legislatura, prevista nel 2025, dopo l’elezione al Parlamento europeo di Stefano Bonaccini. Tre i candidati: il centrodestra schiera Elena Ugolini, il centrosinistra Michele De Pascale, l’estrema sinistra punta su Federico Serra. Così come in Umbria, anche in Emilia Romagna il campo largo dovrebbe inglobare anche i renziani oltre che il M5S, Azione e +Europa. Ugolini è stata sottosegretaria all’Istruzione durante il governo Monti.
Per cui da un lato c’è il centrosinistra che auspica uno schema basilare: spera che il modello con “tutti dentro” e “senza veti” possa rappresentare un nuovo inizio, partendo dall’election day del 17 novembre in Umbria ed Emilia Romagna. Dall’altro il centrodestra che, forte di 14 regioni amministrate e di un consenso che dopo due anni non cala, punta a fare all-in grazie ad una coalizione che resta coesa in tutti i territori e, come fatto in Liguria, apre al civismo.