L’Iran risponderà all’attacco subìto e colpirà Israele nei prossimi giorni, prima di Usa2024, ma lo farà dall’Iraq, usando droni e missili lanciati dalle milizie per minimizzare la risposta successiva. L’intelligence israeliana fa trapelare informazioni sui piani di Teheran
Secondo Aaron David Miller, “la nuova normalità potrebbe essere questa: sia Israele che l’Iran stanno ampliando la loro tolleranza al rischio. Se l’Iran entra in azione con [maggiore] decisione, gli obiettivi di Israele si espanderanno. E a giudicare dalle cose, non ci saranno garanzie per gli Stati Uniti su quali obiettivi siano sul tavolo o meno”. Il politologo del Carnegie fa riferimento alla notizia secondo cui l’Iran starebbe pianificando un attacco violento contro Israele, come ritorsione per l’ampio bombardamento con cui due giorni fa lo Stato ebraico ha a sua volta agito per rappresaglia al raid iraniano subito il primo ottobre. Riguardo alle garanzie per gli Usa si riferisce al fatto che probabilmente gli israeliani avevano scelto gli obiettivi ascoltando la richiesta americana di evitare petrolio e nucleare. Ascolteranno di nuovo in caso di ulteriore escalation? È anche questo che i funzionari americani Amos Hochstein e Brett McGurk hanno cercato di capire negli ultimi giorni, nei loro colloqui centrati sulla possibilità di mettere in tregua il fronte nord contro Hezbollah.
La notizia sul possibile contro-contrattacco la pubblica Axios, raccolta dal sempre informato Barak Ravid che in questo caso ha avuto la dritta da due funzionari dell’intelligence israeliana. Dettaglio fondamentale: l’attacco potrebbe essere condotto dal territorio iracheno. Dunque eventualmente saranno usate le milizie collegate ai Pasdaran, e questo perché tale attività potrebbe garantire plausibile deniability ed evitare una reazione ulteriore di Israele — che però da tempo considera ogni azione delle milizie sciite regionali contro di sé come se fosse condotta dall’Iran, perché le individua come proxy totalmente dipendenti dalla Repubblica Islamica (e poco importa sé ognuna di quelle milizie ha un’agenda e una serie di interessi diretti e personali non totalmente dipendenti e collegati a quelli iraniani).
Altri dettagli, forse più scontati. Il primo è che saranno usati un ampio numero di droni e missili (con l’obiettivo probabilmente di intasare il sistema di difesa aerea israeliano e dunque massimizzare gli effetti del raid). Secondo: l’attacco dovrebbe avvenire presto, probabilmente prima delle elezioni americane (considerando che si vota martedì 5 novembre, nelle ore in cui le analizziamo, se sono vere, queste informazioni sono già in evoluzione e l’attacco in preparazione). Colpire presto serve a dimostrare capacità di reazione, ma il contesto legato alle elezioni presidenziale di Usa2024 significa che Teheran vuole agire in un momento in cui la risposta americana diventerebbe molto complessa (anche politicamente non ordinata, se si considera che comunque sarebbe affidata all’amministrazione uscente ma anche a quella eletta e non ancora effettiva). Israele sarebbe parzialmente indebolito nel sostegno Usa.
L’estrema affidabilità della fonte è confermata dalla propaganda, di cui il contesto iraniano è solitamente imbevuto su vari livelli. Negli ultimi giorni, il comandante del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane (note anche come “Pasdaran”), Hossein Salami, ha detto che Israele ha commesso un “errore” quando ha attaccato l’Iran la scorsa settimana, e ha sottolineato che la risposta iraniana sarà “diversa da qualsiasi scenario” che Israele possa aspettarsi. Anche l’ufficio della Guida Suprema ha fatto trapelare questa volontà di rispondere con forza a quello che viene definito “l’errore” di Israele.
Ieri il capo delle Forze di mobilitazione popolare, Falih al Fayyadh, era seduto accanto al comandante della “Brigata Santa” (più nota come “Quds Force”, gli specialisti dei Pasdaran), Esmail Ghaani, durante la cerimonia di commemorazione ufficiale che la Repubblica Islamica ha organizzato per Hashem Safieddine, leader di Hezbollah designato, ucciso da un bombardamento israeliano prima che si ufficializzasse la successione — innescata dopo che il suo predecessore, lo storico Hassan Nasrallah, era stata ucciso anche lui in un raid israeliano. Anche al Fayyadh e Qaani sono nei loro ruoli perché i loro predecessori, rispettivamente Abu Mahdi al Muhandis e il mitologico shahid Qassem Soleimani, sono stati uccisi (nel 2020) da un attacco americano coordinato con Israele. Se un attacco iraniano allo Stato ebraico avverrà dall’Iraq, Qaani e le Forza di mobilitazione popolare (Pmf) saranno sicuramente coinvolti: il primo perché coordina tutte le attività delle milizie sciite regionali (i cosiddetti “proxy”) collegate ai Pasdaran, le altre perché raccolgono insieme tutte le milizie operative in Iraq (dove le Pmf furono organizzate per gestire in modo unico e centralizzato le attività che hanno condotto per combattere lo Stato islamico baghdadista, quando una decina di anni fa erano dalla stessa parte del fronte di Usa e Israele). Alla luce delle informazioni di Axios, vedere al Fayyadin e Qaani seduti vicini in quel contesto può avere un significato simbolico. O forse è solo una frizzante casualità.