La crisi politica segue quella industriale, in un Paese che è in stagnazione, ma con finanze pubbliche sane. È durato solo lo spazio di un mandato il “riposo” della Cdu: Friedrich Merz è dato da tutti come cancelliere in pectore, mentre la coalizione che appoggia Scholz si sfalda sotto i colpi di una crisi che sta toccando migliaia di posti di lavoro e di una manovra su cui non c’è coesione
Merz prossimo cancelliere, non è certo se ora o nel 2025. La crisi in Germania nella coalizione del semaforo continua e sembra non risolversi. Oggi si sono incontrati per nuovi colloqui il cancelliere Olaf Scholz (SPD), il ministro delle finanze Christian Lindner (FDP) e il ministro dell’economia Robert Habeck (Verdi). Al di là di come evolverà la situazione, se con l’intervento di una mozione di sfiducia in aula oppure se con il ricorso alle elezioni anticipate, è evidente che sembra giunto al capolinea il governo del semaforo, attualmente in fortissima difficoltà a causa di numerose divergenze sulla manovra e di una contingenza economica che ha portato due colossi come Volkswagen e Audi ad annunciare chiusure e licenziamenti.
Qui semaforo
Ad accendere la spia del malessere ci hanno pensato i liberali di Fdp, che contestano l’impianto della manovra economica. Per questa ragione hanno diffuso un documento con tutti i punti contestati. Muri alzati, però, hanno trovato da parte dei socialisti: la Spd ha criticato il documento economico redatto dal capo della Fdp e ministro delle finanze Christian Lindner, che “contraddice anche la posizione di lunga data della Spd secondo cui la crescita economica non è fine a se stessa, ma come base per il progresso sociale”.
Al dato di merito su come impostare la manovra va sommato il dato politico: Fdp ha compreso che lo zoccolo duro industriale del Paese ha delle esigenze specifiche per affrontare la crisi che sta investendo, ad esempio, il comparto dell’automotive, ma non solo visto che anche il settore immobiliare soffre. A dare un’accelerata alla fibrillazione nella maggioranza ci sono anche i risultati delle ultime elezioni regionali, che hanno visto dimezzare i voti per i partiti della maggioranza, con un exploit dell’ultradestra di AfD e con la crescita costante della Cdu.
Qui Cdu
I cristiano-democratici hanno archiviato rapidamente l’esperienza di Annegret Kramp-Karrembauer, delfina di Merkel chiamata a gestire il partito dopo l’addio della cancelliera. Friedrich Merz è dato da tutti i sondaggi come il prossimo cancelliere, anche per questa ragione il partito sin da ieri, quando si è svolto il vertice di maggioranza, ha chiesto elezioni anticipate e non una semplice mozione di sfiducia verso il cancelliere.
Una delle prime iniziative di Merz dovrebbe essere quella di carattere energetico, con un piano per il ritorno al nucleare: Cdu e Csu ci stanno lavorando da tempo, sulla base della cosiddetta Agenda energetica per la Germania, nella convinzione che è stato un errore macroscopico la chiusura delle centrali nucleari nel 2023.
Chi è e cosa pensa Merz
Nato nel Nord Reno-Westfalia, Merz frequenta la Cdu sin da 17enne: la sua carriera politica è stata rapida, subito eletto parlamentare al Bundestag e nel Consiglio economico della Cdu. Vanta un solido legame con il mondo industriale ed economico, dove ha lavorato in realtà di primissimo piano come Blackrock, la banca privata HSBC Trinkaus e lo studio legale Mayer Brown. Due anni fa è stato eletto al vertice della Cdu dal 95% dei delegati: un chiaro segno di come il mondo teutonico nell’anno zero del post merkelismo si sia espresso a riguardo.
Le sue idee si fondano sulla critica alla mancata semplificazione del sistema fiscale in Ue e in Germania, anche allo scopo di attirare ancora più investimenti, oltre che alleggerire fiscalmente le Pmi. Meno tasse e meno sussidi è stato lo slogan con cui si è preso il partito. Sull’immigrazione Merz ha spostato la Cdu su posizioni più rigide, in linea ad esempio con quelle del governo di Giorgia Meloni: ha chiesto una modifica sostanziale delle norme sull’asilo in Germania.
La crisi sistemica
Attualmente la Germania è un Paese in stagnazione, ma con finanze pubbliche sane: per cui la crisi politica di Scholz segue quella industriale. Il settore immobiliare non gode di buona salute nel paese: secondo uno studio condotto dal TH Aschaffenburg e dalla società di consulenza Drees & Sommer molte aziende non stanno al passo con la trasformazione digitale, quindi perdono terreno con i competitors. In generale nel paese si scontano vari fattori negativi: l’aumento dei tassi di interesse, l’inflazione, la carenza di manodopera qualificata e di materiali, senza dimenticare la crisi energetica iniziata dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Nel 2023 l’economia tedesca si è contratta per la prima volta dall’inizio della pandemia e secondo l’Fmi le prospettive non sono incoraggianti: la crescita economica sarà pari a zero nel 2024, segnando la performance più debole tra le principali economie. Già detto del caso Volkswagen, con tre fabbriche a rischio chiusura per la prima volta nella storia ottantennale del marchio, c’è un altro fattore negativo: il basso livello della fiducia delle aziende e dei consumatori. Secondo il German Institute for Economic Research di Berlino è il pessimismo il nemico numero uno in questo momento, per cittadini e investitori.