L’Italia è chiamata a un maggiore investimento in Difesa per assicurare la propria sicurezza e prontezza militare. A ribadirlo è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante l’audizione al Senato sul Documento programmatico della Difesa per il triennio 2024-2026. Il piano mira a potenziare l’apparato militare italiano, con un’attenzione speciale all’innovazione tecnologica e all’incremento di risorse umane e finanziarie. Restano però le difficoltà nel raggiungere il 2% del Pil per la Difesa
L’Italia è una cerniera tra due sistemi geopolitici, e per questo investire in Difesa è per il Paese una necessità, non una scelta. A sottolinearlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione al Senato per illustrare i principali punti del Documento programmatico della Difesa per il triennio 2024-2026. Il testo, ha sottolineato il ministro, “segna un ulteriore passo avanti nel sistema difesa” chiamato ad affrontare “sfide epocali”. Per questo il nuovo documento si concentra in particolare sull’innovazione tecnologica con “obiettivi chiari” da raggiungere. La guerra in Ucraina, in particolare, rende evidente come la difesa sia chiamata a migliorare le proprie capacità, in una prospettiva di ritorno “alla cultura della prontezza”. Serve una capacità “adeguata e sostenibile nel tempo”, ha aggiunto il ministro, indicando come priorità le dotazioni di armamento e munizionamento, con garanzie in materia di deterrenza.
Cresce il budget, ma non arriva al 2%
Per questo il Dpp 2024-2026 prevede una spesa finanziaria di circa 28 miliardi e mezzo di euro. Un impegno finanziario prova “della capacità di finalizzazione del dicastero”. Con la nuova previsione, il bilancio della Difesa passa dall’1,54% del 2024 all’1,57 del 2025, all’1,58 nel 2026 e infine all’1,61 nel 2027. Al netto di questo incremento, però, il ministro ha sottolineato come l’Italia sia “ancora lontana” dall’obiettivo di spesa per la Difesa del 2% del Pil, che andrebbe raggiunto entro il 2028. Ormai la soglia decisa in sede Nato non è nemmeno più un obiettivo “ma un requisito minimo” ha osservato il ministro. Si tratta di un aspetto “centrale per garantire il funzionamento dello strumento militare in un contesto globale sempre più competitivo”. Corsetto, su questo punto, è tornato sulle difficoltà del Paese di raggiungere il traguardo: “Il tema non è solo escludere le spese della difesa dal Patto di stabilità – ha detto il ministro – ma di identificare i modi per sostenere tali investimenti”. Serve, allora, “una garanzia europea” che tolga le spese militari dalle emissioni di debito pubblico, con un approccio che “anestetizzi totalmente l’impatto delle spese per la difesa sul bilancio dello Stato, fatto per gli anni in cui viviamo”.
La rivoluzione industriale militare
I conflitti attuali, infatti, mostrano una vera e propria “rivoluzione industriale militare”. Le direttrici su cui la difesa si muoverà “sono molteplici e sfidanti”, ha proseguito il ministro, che ha sottolineato come la Nato non si limiti più solo a chiedere maggiori capacità ma anche un’ulteriore prontezza “anche a livello logistico”. L’industria in questo senso sarà cruciale. “Attendere diciotto mesi per un sistema di difesa missilistica è troppo” ha spiegato Crosetto. Per Palazzo Baracchini, le lezioni da apprendere devono venire dall’esempio dell’attacco missilistico dell’Iran contro Israele, con la domanda se l’Italia sarebbe stata pronta a difendersi da una simile minaccia. “È un anno e mezzo che aspetto il raddoppio della catena di produzione sui sistemi di difesa aerea” ha puntualizzato Crosetto. Bisogna agire per rendere il comparto “più competitivo nella sua interezza”, perché, ha sottolineato Crosetto, “attualmente continua a non essere sviluppato armonicamente, con settori all’avanguardia e altri rimasti indietro”. L’industria, invece, “è un asset cruciale”, per la quale sarà necessario sviluppare autonomia strategica nel contesto della ricerca e dell’approvvigionamento di terre rare.
L’impatto delle nuove tecnologie
Questo è tanto più vero dal momento che nei prossimi anni il settore sarà investito dalle nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale al quantum computing, oltre che i data center. In termini di sviluppo di tecnologie innovative, l’apparato militare ha una funzione di motore di crescita e stimolo all’economia, ha ricordato Crosetto, sottolineando come “ogni euro investito in difesa ne genera due in valore aggiunto per il sistema economico nazionale”. In questo campo, i dati, in particolare, saranno la risorsa strategica del futuro: “Non avere i dati su cui lavorare è come non avere carbone o gas, non avere data center vuol dire non avere una miniera”. Dati che dovranno essere protetti, con la sicurezza cibernetica, e che saranno al centro delle evoluzioni della guerra ibrida. L’Italia, ha registrato Crosetto, ha bisogno di “un centro di guerra ibrida da far lavorare di concerto con il privato e le università” dove far lavorare le teste migliori.
I privati nello spazio coinvolgono anche la Difesa
Settore innovativo fondamentale sarà quello dello spazio, dove la Difesa deve “assicurare la protezione degli interessi nazionali a partire dai sistemi satellitari critici, sia civili che militari”. Sul tema, il ministro ha sottolineato però la novità rappresentata dall’arrivo dell’industria privata e della Space economy, in particolare la SpaceX di Elon Musk, che ha “messo in crisi il sistema dell’industria in materia”. Oggi, ha detto il ministro “esiste il tema di Starlink, che pone la questione della capacità non solo di fare, ma anche lanciare satelliti; si tratta di un tema non solo italiano, ma mondiale, perché hai un privato che ha il monopolio mondiale con cui devi parlare”. L’alternativa, ha detto il ministro, è “mettere in funzione un sistema autonomo” che però “potrebbe arrivare tra dieci, o quindici anni”. Tempi non compatibili con la velocità con cui si muove il settore.
L’eccellenza di Cameri per gli F-35
Il ministro si è soffermato in articolare anche sul programma degli F-35, dove l’Italia ha saputo, a suo avviso guadagnare “un ruolo strategico di primo piano” a partire dallo stabilimento per l’assemblaggio degli F-35 di Cameri, uno dei soli tre al mondo con Stati Uniti e Giappone. “Al 30 giugno 2024, il programma aveva generato ricadute economiche per un valore di 5,3 miliardi di dollari”, ha riportato Crosetto, che ha aggiunto come “le opportunità stimate fino al 2026 sono di un volume stimato vicino ai venti miliardi di dollari”. L’obiettivo della Difesa è adesso portare il numero totale delle unità a disposizione delle forze italiane a 115, con l’acquisizione di venticinque velivoli. “I primi dovrebbero arrivare nel 2027 e gli ultimi nel 2032”, ha spiegato Crosetto, e l’acquisizione consentirà di sostenere la produzione nello stabilimento di Cameri, che vede come clienti anche i Paesi Bassi e anche la Svizzera, “che ha deciso di assemblare in Italia almeno ventiquattro dei propri velivoli”.
Rinnovare il personale
Per il ministro, però, il quadro delineato nel Documento programmatico per la Difesa per il triennio 2024-2026 evidenzia soprattutto la centralità del capitale umano: “Occorre disporre di personale esterno, ringiovanendo lo strumento militare”. È indispensabile “una riserva operativa come strumento di reclutamento in caso di crisi ed occorre incrementare le dotazioni organiche delle forze armate per garantire la piena funzionalità dello strumento militare, superando i tagli della legge 2012, figlia di un altro tempo”. La Difesa “deve diventare fucina di competenze nei nuovi domini” e ha bisogno di specificità professionali che sul mercato del lavoro hanno costi elevatissimi: “L’abbiamo chiamata riserva selezionata, ma anche in questa prospettiva vanno scardinate alcune regole del pubblico impiego che in questo contesto non valgono”. Il funzionario civile della Difesa è uguale a quello di altri ministeri, ma questo non vale per un militare in missione, ha evidenziato Crosetto.