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Pasticcio Rai: Fini contro Schifani, l’ipotesi commissariamento

Uno scontro tra seconda e terza carica dello Stato come non si era mai visto. La Rai è anche questo. Sull´elezione del Cda di viale Mazzini ieri si è consumato un botta e risposta molto forte ai massimi livelli istituzionali che ha coinvolto anche i partiti. Dopo le ripetute “fumate nere” e la contestata scelta del presidente del Senato, Renato Schifani, di sostituire il senatore del Pdl Paolo Amato con quello di Coesione Nazionale Pasquale Viespoli è sceso in campo ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini, chiedendo al collega dell´altro ramo del Parlamento di motivare la sua scelta, soprattutto a livello di tempistica e opportunità politica.
 
Secondo Fini, infatti, Schifani deve “chiarire perché essa sia improvvisamente maturata solo oggi”, dopo che “Viespoli ha sottoposto la questione ai presidenti delle Camere il 12 giugno”.
A stretto giro la risposta di Schifani, che ha spiegato di aver agito oggi perché “proprio oggi Viespoli ha sollevato di nuovo la questione in Aula al Senato, minacciando di chiedere l´invalidamento delle votazioni in Vigilanza”, come del resto “impone la legge istitutiva, e non un regolamento, della stessa Commissione di Vigilanza sulla Rai”.
 
Più che la correttezza formale, però, a Schifani è stata obiettata la scelta politica di procedere proprio oggi alla sostituzione. “Non è sulla correttezza formale della sostituzione del senatore Amato” che secondo Fini “bisogna riflettere, bensì sulla tempistica della decisione del presidente Schifani”. “In base a quali elementi il presidente del Senato ha ravvisato l´urgenza di intervenire solo oggi? Forse perché era chiaro che la libertà di voto del senatore Amato avrebbe determinato un esito della votazione non gradito al Pdl? Se così fosse, saremmo in presenza di un fatto senza precedenti e di inaudita gravità politica”.
 
Per tutta risposta, Schifani ha rivendicato con forza il “rispetto della legge istitutiva della Commissione di Vigilanza della Rai”, legge che impone che ogni gruppo sia rappresentato.
“E Coesione Nazionale non lo era”. Schifani, è stato quindi il ragionamento dei suoi, “non ha fatto altro che prendere atto della rinuncia del gruppo Pdl al membro eccedentario, compensandolo dall´ingresso del componente di Coesione Nazionale”, come previsto dalla legge. Inoltre, il presidente del Senato non ha mancato di rimarcare, conversando con i suoi, che anche lo stesso Amato ha pubblicamente riconosciuto la “correttezza formale della decisione presa”.
E se i due presidenti delle Camere non se le sono mandate a dire, anche la politica attiva ha fatto la sua parte. A sposare la linea di Fini, infatti, è stato il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, secondo cui quello sta accadendo attorno alla nomina del cda Rai è “incredibile”. “I modi e i tempi della sostituzione del senatore Amato – ha detto Bersani – lasciano senza parole. Credo che a questo punto sia indispensabile e urgente che il presidente del Senato riferisca in aula come ha giustamente chiesto la presidente del gruppo parlamentare del Pd, Anna Finocchiaro”.
 
Difesa di Schifani affidata al suo collega di partito, il segretario del Pdl, Angelino Alfano: “Il Presidente del Senato come sempre ha svolto il suo ruolo in modo esemplare, garantendo la regolarità assoluta negli atti della commissione Vigilanza Rai e impedendo che uno squilibrio tra le forze politiche in commissione, denunciato più volte in Aula, ne inficiasse la valenza”. “Non accettiamo, quindi, alcuna critica, a maggior ragione da parte di chi, in pieno esercizio del suo alto ruolo istituzionale, ha fondato un partito, ha indetto riunioni nello studio a lui assegnato in qualità della sua carica ed è più volte intervenuto – ha concluso Alfano – in maniera strumentale e partigiana nelle dinamiche politiche e parlamentari tentando di orientarle dall`alto del suo scranno”.
 
L´ingresso in campo dei segretari, però, ha dato il via ai partiti, che si sono rincorsi per tutto il giorno in un batti e ribatti di reciproche accuse. “Sembra di capire – ha affermato il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova – che la televisione resta il core business del centrodestra Pdl-Lega, il che è storia nota. Trovo inaudito che si reputino inauditi i rilievi di Fini”. Subito, Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, ha contrattaccato sottolineando che da Fini “non possono venire lezioni di imparzialità visto che mai come in questa legislatura la presidenza della Camera è stata in prima fila in ogni scontro politico innovando profondamente rispetto alla tradizione”.
 
Dunque ora, nonostante le votazioni ad oltranza, potrebbe profilarsi una nuova fumata nera per l´elezione dei sette consiglieri Rai. La strada che si apre, per Pd e Terzo polo, è il commissariamento, una scelta obbligata secondo Bersani e Casini nel caso in cui prosegua l´ostruzionismo sostanziale del Pdl. E i tempi dovrebbero essere stretti per parlarne apertamente a Monti: “questa buffonata deve finire presto” ragionava con i suoi il leader centrista. Contrario al commissariamento il Pdl, un “pericoloso progetto autoritario” dice il capogruppo Butti.


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