In occasione del vertice europeo a Budapest alla presenza di 43 capi di governo, Meloni ha avuto un incontro bilaterale con il premier norvegese Jonas Gahr Støre, mentre da Erdogan sono arrivate precise richieste all’Ue su adesione a caso palestinese. Si tratta del primo incontro dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Unici assenti Sanchez e Scholz
Disco verde al percorso europeo della Moldavia e soluzioni condivise alle emergenze che incombono sull’Ue. Questi i due indirizzi del Vertice della Comunità Politica Europea in corso a Budapest, tra l’altro il primo appuntamento ufficiale tra capi di stato del vecchio continente dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Nell’occasione la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha partecipato insieme ai leader di Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, Romania e ai presidenti del Consiglio europeo e della Commissione europea ad una riunione con la Presidente della Repubblica di Moldavia proprio per ribadire l’appoggio europeo.
Qui Budapest
42 capi di Stato e di governo, insieme a capi delle istituzioni e organizzazioni internazionali. Così ha presentato il summit il premier ungherese Viktor Orban. Congratulandosi con la Presidente Maia Sandu per la rielezione al secondo mandato, la premier italiana ha nuovamente sostenuto l’appoggio italiano a Chisinau non solo per l’adesione europea ma anche per “il cammino di democrazia, libertà e stato di diritto che il popolo moldavo ha intrapreso nonostante i tentativi di interferenza”. Parole che camminano in parallelo ad azioni concrete sull’asse Italia-Moldavia, come dimostra l’accordo sulla sicurezza sociale per la comunità moldava presente sul territorio italiano.
Ma non è tutto perché il governo dedicherà una particolare attenzione al settore energetico e al rafforzamento delle istituzioni moldave per fronteggiare le sfide legate alla sicurezza e alle minacce ibride. Meloni inoltre ha avuto un incontro bilaterale con il premier norvegese Jonas Gahr Støre a margine del vertice. Unici assenti Sanchez e Scholz.
Le richieste turche
Una delle voci più cariche di istanze a Budapest è stata quella del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, secondo cui il processo di adesione della Turchia all’Unione europea è bloccato per motivi irragionevoli: “Non esiste una spiegazione ragionevole per l’ostruzione, da anni, al processo di adesione di un Paese candidato come la Turchia, che apporta contributi significativi al benessere e alla sicurezza del continente – ha scritto su X – È chiaro che rafforzare la nostra prospettiva di adesione nell’attuale congiuntura geopolitica sarà vantaggioso sia per l’Europa che per la nostra area geografica vicina”. La Turchia ha aperto il negoziato di adesione all’Ue nel 2005, ma da quel momento solo un capitolo è stato aperto e dal 2018 il processo in stand by.
Il ragionamento di Erdogan poggia sulla convinzione che l’islamofobia sta danneggiando la coesione in Europa, sottolineando che xenofobia e islamofobia “sono problemi fondamentali per i diritti umani che minacciano la pace e la sicurezza non solo dei musulmani e degli immigrati, ma dell’intera società”. Per questa ragione ha avanzato due richieste ai Paesi europei: sostenere Ankara nella lotta al terrorismo contro il Pkk e riconoscere lo Stato palestinese. “Apprezzo i passi compiuti da Irlanda, Norvegia, Spagna e Slovenia in questa direzione e mi congratulo con loro a nome del mio Paese e della mia nazione”.