Il repubblicano ha vinto perché ha parlato dei problemi della gente, cosa che non hanno saputo fare i democratici. Tuttavia, gli europei non discutono né del piano Draghi per la competitività, né della sicurezza europea, né tanto meno di come far evolvere l’Europa verso un soggetto federale. Questi sono segnali evidenti di confusione e incapacità di leggere correttamente ciò che accade nel mondo. Il commento di Raffaele Bonanni
Si parla molto di Donald Trump, avvantaggiato nella corsa alla Casa Bianca, grazie agli errori su errori commessi dalla leadership democratica e, stando ai fatti, non esistono attenuanti per sostenere il contrario. In politica, infatti, per vincere è necessario essere più convincenti degli avversari. Per conquistare gli elettori bisogna proporre soluzioni concrete ai problemi che riguardano la vita quotidiana delle persone. È fondamentale suscitare nella pubblica opinione l’idea di un futuro che possano immaginare per se stessi, in sintonia con le loro idee di famiglia, di società, di mondo.
Un allontanamento eccessivo da ciò che le persone sono, provoca rigetto e alimenta il processo di adesione a opzioni diverse. Ciò avviene in ambito economico, fiscale, e in relazione a temi delicati come l’immigrazione, la sicurezza, le libertà individuali e collettive, e la frustrazione per i poteri incontrollabili che sovrastano quelli nazionali. La mancanza di chiarezza su questi temi genera energie che, invece di essere canalizzate verso soluzioni razionali, alimentano la paura. Questo è ciò che emerge dall’analisi della vittoria di Trump negli Stati Uniti. Pragmatismo e messaggi diretti hanno avuto la meglio su una leadership democratica incerta e distante dalla realtà sociale, nonostante la loro storia.
In Europa, lo scenario non è molto diverso. Si stanno infatti affermando formazioni di destra che, peraltro, si ritrovano unite nell’antisemitismo e nel sostegno a Putin. Molti cosiddetti progressisti tifano per gruppi terroristici organizzati e finanziati dall’autocrazia iraniana, la più oscurantista e liberticida del pianeta, e sono contrari a Israele, pur essendo quest’ultimo l’unica democrazia liberale avanzata nel contesto mediorientale. Il regime di Khamenei, infatti, predica la distruzione delle nostre società libere e promuove la prigione e la morte per l’esercizio di ogni diritto individuale e collettivo in Iran e nelle aree del Medio Oriente sotto il suo controllo.
Nonostante ciò, sembra che pochi si preoccupino davvero. A complicare il quadro c’è la posizione del nuovo presidente Usa: Trump ha dichiarato che, fin dal primo giorno della sua presidenza, intende usare i dazi per riequilibrare la bilancia commerciale con l’Europa e smetterà di farsi carico da solo dei costi della sicurezza. Tuttavia, gli europei non discutono né del piano Draghi per la competitività, né della sicurezza europea, né tanto meno di come far evolvere l’Europa verso un soggetto federale. Questi sono segnali evidenti di confusione e incapacità di leggere correttamente ciò che accade nel mondo.
Un esempio lampante di tale insensatezza è quanto accaduto al Canale di Suez, paralizzato dagli attacchi degli Houthi ai navigli occidentali. Il Canale, in condizioni normali, gestisce il 12% del commercio mondiale e il 30% dei container in transito, ma il suo blocco non sembra suscitare alcuna reazione, nonostante i costi enormi derivanti dall’uso di rotte alternative come la circumnavigazione dell’Africa.
Per il Canale egiziano transitano merci italiane per un valore di 84 miliardi di euro annui, eppure nelle piazze manifestano gruppi a favore di Houthi, Hamas, Hezbollah, che, in coordinamento con l’Iran, cercano di causare disordine e danni agli occidentali. Eppure, nel Mar Rosso si vedono circolare solo le marine militari anglo-americane. È dunque necessario che qualcuno spieghi, e presto, come bisognerà comportarsi in questo mondo, se si vorrà preservare il benessere e la sovranità. I Trump, in altre parole, saranno sempre presenti quando mancheranno gli anti-Trump, questo è un dato di fatto.