Il Centro Economia Digitale ha presentato il documento mettendo in evidenza l’importanza della collaborazione tra aziende e Stati per affrontare le sfide di oggi e di domani. Ovviamente ci sono dei rischi annessi, ma la strada sembra tracciata
Tra il 2003 e il 2022, in un ventennio a dir poco complesso per le sfide e le tensioni che lo hanno caratterizzato, si sono verificati all’incirca 15mila casi di collaborazione tra aziende che operano nello stesso campo, dando vita a innovazioni poi brevettate congiuntamente. Il numero di brevetti collaborativi negli ultimi vent’anni è cresciuto di quasi il doppio (+82%) mentre, rispetto al quadriennio 2003-2006, in quello che va dal 2019 al 2022 c’è stato un aumento di brevetti collaborativi di poco inferiore al 160%. Questi numeri rappresentano uno dei risultati partoriti dal Rapporto Strategico 2024 redatto dal Centro Economia Digitale, incentrato proprio per dimostrare tutta la potenzialità della Coopetizione. Gli autori del rapporto la definiscono come “la strategia in grado di combinare simultaneamente dinamiche cooperative e competitive tra due o più entità al fine di ottenere reciproci e significativi vantaggi per aumentare la capacità di rispondere efficacemente alle sfide complesse dell’innovazione tecnologica, dei mercati e dei processi geostrategici”.
Dal rapporto – presentato oggi con la promozione del ministero degli Esteri – sono emersi anche altri risultati. Tra questi c’è il fatto che le strategie coopetitive vengono realizzate in tutti i principali settori ad alta intensità tecnologica. La maggior parte è nel settore della Salute, seguito da quello delle telecomunicazioni (ICT) che però vanta il più alto numero di brevetti collaborativi intra-settoriali. Un po’ sotto, ci sono le aziende che hanno stretto partnership nel mondo dell’energia e in quello dell’aerospazio. Questo tipo di brevetti tra società operanti nello stesso settore può essere suddiviso per area geografica: a siglare di più sono gli Stati Uniti, succeduti dall’aggregato Eu3 formato da Italia, Francia e Germania, da ultimo il Giappone.
L’importanza della collaborazione tra Stati rimane un punto centrale. Come si legge nel documento, “in un contesto caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche e di intensificazione della competizione per il raggiungimento di una supremazia tecnologica, economica e militare, la capacità di gestire strategicamente relazioni di tipo coopetitivo a livello internazionale diventa un elemento fondamentale per non rinunciare ai benefici derivanti dalla cooperazione senza compromettere gli obiettivi in termini di Sovranità Tecnologica, Sicurezza Economica e di Autonomia Strategica”. Nonostante gli Stati Uniti restino il principale partner di collaborazione per l’Europa, i due alleati viaggiano però in due direzioni differenti: mentre le collaborazioni tra americani e cinesi sono diminuite negli ultimi anni, complici le tensioni sull’asse Washington-Pechino, passando dal 9,4% del 2918 al 7,1% dello scorso anno, quelle tra europei e cinesi sono aumentate, passando dal 4,7% al 5,9%. La Cina è il secondo partner degli europei, mentre la Russia è la terza – la sua guerra in Ucraina l’ha però allontanata dal Vecchio continente.
I tempi che corrono richiedono d’altronde una stretta collaborazione. Le sfide che già siamo chiamati ad affrontare – cambiamento climatico, pandemie, conflitti e un progresso tecnologico da supportare ma allo stesso tempo regolamentare – obbligano infatti a condividere le proprie risorse. Questo discorso vale ancor di più per l’Unione europea, chiamata a compiere il salto di qualità per diventare finalmente grado. Per riuscirci, la Coopetizione può essere usata come paradigma strutturale per le prossime strategie comunitarie nell’ambito della Sovranità Tecnologica, della Sicurezza Economica e l’Autonomia Strategica Aperta. “L’adozione da parte dell’Unione europea e dei suoi Stati membri di un sistema di Governance della Coopetizione in grado di coinvolgere, ai vari livelli, le istituzioni e le organizzazioni adibite alla definizione e all’implementazione delle politiche, può rappresentare lo strumento operativo per valutare di volta in volta l’intensità dei rischi e delle opportunità derivanti dalle attività di collaborazione”.
Ci sono tuttavia dei rischi che vanno tenuti in considerazione quando si parla della collaborazione tra diretti concorrenti. Una volta che le aziende si sono focalizzate sulla creazione del valore, devono concentrarsi sulla competizione in termini di allocazione del valore creato. Per essere chiari: i profitti vanno suddivisi singolarmente. “Questo”, continuano gli autori, “comporta che quando i partner dell’alleanza sono concorrenti, la protezione contro l’appropriazione di valore ai propri danni deve diventare parte integrante delle strategie delle singole aziende, altrimenti esiste il rischio di perdere il controllo della relazione instaurata”. Pertanto, “l’ipotesi di una collaborazione pre-competitiva in un mercato tecnologico a monte, seguita dalla competizione a valle nel mercato dei prodotti in cui esiste una chiara separazione tra le attività a monte basate sulla collaborazione e le attività a valle basate sulla competizione, non sempre è una condizione verificata od ottenibile nella realtà”. Molto delle alleanze orizzontali sono infatti delle vere e proprie competizioni tra rivali, dove a vincere è colui che impara per primo. “Il vero obiettivo di un partner-competitor potrebbe non essere quello di creare insieme valore, ma piuttosto di avere accesso diretto alla conoscenza del competitore”.
Per sintetizzare: un partner pericoloso spesso è anche quello più attraente per via delle sue capacità, ma bisogna far attenzione nel momento in cui bisogna capitalizzare i risultati. La collaborazione dunque deve essere mutabile, adattata alle sfide e al contesto, oltre che reciprocamente vantaggiosa.
“Le organizzazioni”, conclude il rapporto, “devono navigare nella complessità della Coopetizione con capacità strategica, meccanismi di governance robusti e un forte accento sulla costruzione e il mantenimento di rapporti di fiducia”.