Il conflitto in Ucraina, dopo il lancio del missile a medio raggio da parte di Putin su Dnipro, è diventato universale. Il segnale è incontrovertibile: l’ordine anglosferico si è rotto. L’Europa non tocca palla, neanche sul Medio Oriente ma l’Italia è una felice eccezione. Per rafforzare il nostro peso, vanno irrobustiti i legami con gli Stati Uniti
L’attacco a Dnipro con il missile a medio raggio Oreshink segna in qualche misura uno spartiacque nel conflitto in Ucraina. E le parole del discorso di Vladimir Putin fanno presagire uno scenario nel quale la dimensione delle scontro potrebbe pericolosamente estendersi. Ad altre latitudini, in Medio Oriente, la situazione si è ulteriormente surriscaldata a maggior ragione dopo l’emissione del mandato di cattura contro il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu da parte della Corte Penale internazionale. In questo contesto l’Europa, “da troppo tempo vegetariana, senza sangue e nerbo non tocca palla. Ora, il conflitto in Ucraina si è trasformato da guerra per procura a conflitto diretto sul campo”. A chiamare le cose col proprio nome, sulle colonne di Formiche.net, è Giulio Sapelli, economista, docente alla Statale di Milano, presidente della fondazione Germozzi e lucido analista delle dinamiche geopolitiche.
Non che fino a oggi avesse scherzato. Ma ora Putin ha pericolosamente alzato il tiro. Che tipo di segnale va colto?
Lanciare un missile balistico su obiettivi ucraini indica chiaramente alle potenze occidentali che il tempo delle guerre di scenari è terminato. Inizia la guerra di sfondamento, per dirla con von Clausewitz. Il destino di questa guerra è quello di diventare universale. Nessuno, peraltro, parla delle migliaia di soldati nordcoreani che stanno combattendo per Putin. Questa nuova dimensione può paradossalmente essere un elemento che potrebbe agevolare la via del negoziato.
Che cosa prevede potrà accadere in questo senso?
Un recente libro dell’ex ambasciatore Vento spiega molto bene che la Guerra Fredda nei fatti non è mai finita. In questo conflitto stiamo vivendo sostanzialmente le stesse dinamiche della guerra in Corea del Nord. Era il 1953. Ed è per questo che a mio modo di vedere anche in Ucraina si arriverà a una “soluzione coreana”.
Ovvero?
Si tirerà una linea per terra e si cesserà il fuoco. In queste condizioni, d’altra parte, non ci può essere un trattato di pace se non che giustifichi l’aggressione imperialista. Per cui, del tutto inaccettabile. Dunque, ognuno si terrà quello che ha conquistato o difeso. La cosa certa è che l’ordine anglosferico si è rotto.
L’imminente insediamento di Trump alla Casa Bianca come impatterà negli sviluppi del conflitto?
Trump non vuole la guerra, così come non vuole spendere i soldi al posto degli europei per la Difesa. Per cui, così come avrebbe fatto qualsiasi altro repubblicano (sono solo i dem a essere convinti che l’Onu serva a qualcosa), il neo presidente degli Usa incentiverà un percorso che abbia come esito il cessate il fuoco.
Anche la situazione mediorientale è piuttosto complessa. Come valuta l’iniziativa della corte penale internazionale contro il premier israeliano?
Quel mandato di cattura è odioso. L’ultima zampata dei democratici sconfitti in tutto il mondo. Un’azione irresponsabile e pericolosa, che ha fomentato ulteriormente il preoccupante ritorno dell’ondata di antisemitismo. Ormai, il politically correct va a braccetto con la caccia all’ebreo.
Quale, alla luce dei nuovi avvenimenti, il ruolo dell’Europa su Ucraina e Medio Oriente?
L’Europa non tocca palla. Sul Medio Oriente stiamo di fatto dalla parte della Corte Penale Internazionale. Un posizionamento vergognoso, indegno. Per l’Ucraina, abbiamo avuto un presidente di un’importante nazione come la Francia che ha addirittura paventato di mandare le truppe di terra. Senza probabilmente capire fino in fondo che la minaccia di Putin è verso tutto l’Occidente. Francia compresa. L’Europa mangia vegetali da troppo tempo. È priva di sangue, di nerbo.
In una compagine europea profondamente divisa e debole nella capacità di immaginare una traiettoria, si può dire che l’Italia sia uno fra i Paesi che stiano “reagendo” meglio alle sfide geopolitiche?
Sì, non c’è dubbio. Fortunatamente resiste una buona parte dell’opinione pubblica e della politica che non crede ai miti pacificatori. In Italia c’è una consapevolezza più matura. Si è assimilato il concetto che la pace universale sia un ideale cui tendere, ma sostanzialmente irrealizzabile. Per lo meno finché vivrà il capitalismo.
A proposito del rapporto fra Italia ed Europa, come legge la recente designazione di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione?
Penso che sia un ottimo risultato. Fitto è persona estremamente capace e preparata. Per come si stanno delineando gli scenari sul piano globale, è evidente che l’Italia conterà nel Mondo nella misura in cui riuscirà a essere filo atlantica. Se riusciamo a contare di più nell’alleanza con gli Stati Uniti – dimenticando quanto prima la recente missione del Capo dello Stato, Sergio Mattarella in Cina – riusciremo a conquistare posizioni significative sul piano internazionale, aumentando il nostro peso in Europa.