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Più difesa e meno ambientalismo. Le sfide dell’Ue viste da Castellani

La designazione di Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione Europea è un risultato di Meloni. In questo modo si apre la strada alla collaborazione tra popolari e conservatori. E, se in Germania primeggerà la Cdu, si potranno ottenere passi indietro sul Green deal ideologico. Ora la priorità al comparto Difesa. L’analisi di Lorenzo Castellani, politologo e docente della Luiss

La designazione di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo della Commissione, naturalmente è una vittoria della premier Giorgia Meloni.

Infatti, se si guardia la composizione della Commissione, tutti i membri appartengono a uno dei tre partiti della grande coalizione Ursula. Ce n’è solo uno che appartiene al gruppo dei Conservatori (Ecr), che è lì in quanto espressione del governo italiano. Il frutto di un accordo, mal digerito dai socialisti, fra il presidente del Consiglio e Von der Leyen.

Fitto rappresenta quindi uno spostamento a destra della Commissione, ma apre la strada a possibilità di collaborazione – prevedibilmente a singhiozzo – tra la i popolari e i conservatori.

In Italia dunque assistiamo alla ricostruzione di un sistema politico bipolare, che ha in questo conservatorismo realista – meno euroscettico – di FdI il suo polo principale, con accanto un partito moderato che si è rafforzato – Forza Italia – e un partito che ha virato verso la destra nazionalista – la Lega – che tende a perdere molti voti. Sia sul piano nazionale che sul piano locale (anche al Nord).

L’altro polo è rappresentato dal Pd che si è rafforzato, a scapito del Movimento 5 Stelle che ha subito la stessa dinamica della Lega.

O, meglio: nel caso del Carroccio, è stata perseguita l’idea di rafforzare la propria identità con un’estremizzazione, mentre nel caso del Movimento 5 Stelle c’è stato uno scolorimento dell’antipolitica e del populismo.

Al momento non si capisce bene cosa sia il Movimento 5 Stelle.

Ma torniamo all’Europa. Le sfide che dovrà affrontare la Commissione sono sostanzialmente due: la Difesa – ossia la costruzione di un meccanismo che permetta ai paesi europei di spendere di più in questo segmento, ricorrendo a denaro europeo (reperito sui mercati attraverso i bond o con la costituzione di un fondo sul modello del Pnrr) e la modifica del Green deal che sta producendo danni inenarrabili dal punto di vista dello sviluppo industriale, dell’occupazione e della competitività.

Tutto questo potrebbe avvenire in maniera più semplice se in Germania venisse eletto un governo a guida Cdu. In quel caso, Meloni, Merz e Macron potrebbero prendere l’iniziativa e smussare molte delle esagerazioni dirigistiche ed eccessivamente sbilanciate sull’elettrico e sulle rinnovabili che sono state prese in Europa. Un passo indietro sull’ambientalismo ideologico, ma un passo avanti sulla difesa.



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