Le conclusioni del meeting di Fiuggi, oltre al Medio Oriente e all’Ucraina, toccano anche il tema africano, dove lo strumento del Piano Mattei può essere utile per definire interventi e tracciare strategie. Libia e Sudan restano in cima alle priorità, sia per la normalizzazione istituzionale a Tripoli sia per contrastare la guerra civile in corso a Khartum
Partenariato e investimenti per rafforzare il legame con l’Africa. Il G7 di Fiuggi nelle conclusioni finali dedica un ampio spazio al continente africano, nella consapevolezza che per ottenere un risultato è utile partire da iniziative basate sui risultati, allineate con l’Agenda 2063 dell’Unione Africana e con i piani tematici continentali integrati dell’Africa stessa (senza dimenticare l’impegno italiano legato al Piano Mattei).
Pace e stabilità
Primo punto discusso e approvato dal G7 tocca, evidentemente, il sostegno all’Unione Africana nel perseguimento della pace e della stabilità, nello specifico colmando i divari digitali e rafforzando la catena del valore tra il G7 e i Paesi africani. “A tal proposito – scrivono – accogliamo con favore i progressi compiuti dalla Presidenza italiana del G7 in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) nel progettare congiuntamente l’“Hub dell’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile”, che si concentrerà su settori chiave quali agricoltura, sanità, infrastrutture, istruzione e formazione, acqua ed energia, nello spirito del Piano Mattei”.
L’hub, aggiungono, incarna l’impegno del G7 a “crescere insieme” ai Paesi partner, promuovendo obiettivi condivisi di sviluppo sostenibile e facendo in modo che l’era digitale favorisca un futuro più inclusivo e prospero per tutti. Inoltre viene accolta la decisione assunta dalla riunione dei ministri dello Sviluppo del G7 di Pescara per avviare il segretariato del PGII, al fine di garantire l’attuazione efficace e il coordinamento degli investimenti con i partner, nonché di sostenere l’attuazione della Piattaforma Virtuale di Investimento Africana (African Virtual Investment Platform, AVIP).
Il tema dei corridoi economici, come il Corridoio di Lobito nell’Africa meridionale e centrale, resta primario al pari della decisione dei leader del G7 di lanciare l’iniziativa “Energia per la crescita in Africa”, che contribuirà a superare le barriere agli investimenti in energia pulita in tutta l’Africa. Il tutto senza dimenticare l’Iniziativa sui sistemi alimentari Apulia Food Systems Initiative (AFSI), lanciata durante il G7 di Borgo Egnazia, e il Sustainable Development Goals, con particolare attenzione all’Africa. Ma è nello specifico di due aree altamente delicate che il G7 ha inteso dare un segnale preciso: Libia e Sudan.
Libia
L’obiettivo del G7 è lavorare per la normalizzazione istituzionale della Libia, su cui c’è il sostegno alla richiesta di assistenza internazionale presentata da Tripoli al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per migliorare il coordinamento tra le forze di sicurezza libiche in tutto il Paese. A contempo il G7 non approva “le attività malevole intraprese dalla Russia in Libia per minare la sovranità del Paese e la sicurezza regionale e chiediamo il ritiro immediato di tutti i combattenti stranieri e dei mercenari presenti in Libia”. La bussola è rappresentata in loco dall’azione delle Nazioni Unite e dall’ufficiale incaricato dell’UNSMIL Stephanie Koury “per facilitare un dialogo significativo e inclusivo tra le parti libiche, al fine di invertire la frammentazione istituzionale e procedere verso una stabilità e una sicurezza sostenibili”. In queso senso va letta la recente nomina dei nuovi vertici della Banca centrale libica che il G7 valuta come “un’opportunità per rilanciare un processo che porti a un accordo politico globale basato sul compromesso e che apra la strada a elezioni presidenziali e parlamentari libere, eque e inclusive verso la riunificazione del governo e delle istituzioni politiche, economiche e militari nel Paese”.
Sudan
Il G7 esprime inoltre una ferma condanna verso gli attacchi in corso, compresi quelli indiscriminati e diretti contro i civili ad opera di entrambe le parti: da un un anno e mezzo il paese è attraversato da aspri combattimenti, con conseguenze gravissime sulla popolazione e sulle infrastrutture. L’impatto della crisi, secondo i ministri degli esteri riuniti a Fiuggi, è particolarmente duro su donne e ragazze, per questa ragione vengono condannate le atrocità commesse da entrambe le parti, tra cui rapimenti e abusi sessuali. “Le parti coinvolte nel conflitto devono impegnarsi in seri negoziati volti a garantire un cessate il fuoco duraturo, l’accesso umanitario e la protezione dei civili senza precondizioni”.
Inoltre si chiede a tutti gli attori esterni di fermare il conflitto, in linea con gli impegni assunti nella Dichiarazione di principi adottata alla Conferenza di Parigi, e che rispettino l’embargo delle Nazioni Unite sulle armi in Darfur. “Esortiamo le Forze Armate sudanesi, le Forze di Supporto Rapido (Rapid Support Forces, RSF) e le milizie loro alleate a rispettare il Diritto internazionale umanitario, proteggere i civili e facilitare un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli sia in Sudan che attraverso le linee di conflitto”.
Altra nota dolente è rappresentata dai risultati ottenuti dalla Missione di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite secondo cui le Forze di sostegno rapido e le milizie alleate hanno “commesso crimini contro l’umanità, tra cui la persecuzione su base etnica e lo sfollamento forzato della popolazione”, e che le Forze armate sudanesi abbiano commesso “crimini di guerra con violenza alla vita e alla persona, in particolare omicidi di ogni tipo, mutilazioni, trattamenti brutali e torture”.