La Commissione incassa il via libera dell’Aula di Strasburgo. Ma, all’esito del voto, non si può non notare lo sbilanciamento vero destra della maggioranza che sostiene Ursula. In questo, si aprono delle opportunità per l’Italia, che avrà più peso grazie alla stabilità del governo. E, forse, saranno migliori anche i rapporti con gli Usa. Colloquio con Carlo Curti Gialdino, già ordinario di diritto dell’Unione europea alla Sapienza e vicepresidente dell’Istituto diplomatico internazionale
La Commissione incassa il via libera dell’Aula di Strasburgo. Ma, all’esito del voto, non si può non notare il cambio di morfologia politica che ha caratterizzato la maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen. Una sintesi piuttosto differente rispetto a quella che l’aveva sostenuta nel luglio scorso all’indomani delle consultazioni elettorali. Ma forse l’errore di valutazione è stato quello di applicare i criteri della politica nazionale alle istituzioni europee. Certo è che il baricentro si è spostato a destra. Prima di allarmarsi, però, vanno colte le opportunità – prima di tutto per l’Italia – che questo nuovo assetto potrà portare. Ed è attorno a questo che Formiche.net ha ragionato assieme a Carlo Curti Gialdino, già ordinario di diritto dell’Unione europea alla Sapienza e vicepresidente dell’Istituto diplomatico internazionale.
Professore, abbiamo sbagliato tutto?
L’errore di base, nelle valutazioni sulla governance europea, è quello di applicare i criteri politici che regolano le politiche nazionali degli Stati membri. Sul piano interno, un governo deve incassare la fiducia del Parlamento per poter svolgere il suo ruolo e la deve conservare per evitare di cadere. A livello dell’Ue, non sono questi i meccanismi che regolano i rapporti tra Commissione e Parlamento europeo. La Commissione – salvo casi rarissimi – resta in carica per l’intero quinquennio e, sui singoli atti sottoposti al Parlamento Europeo, ci saranno maggioranze a geometria variabile.
È innegabile, però, che ci sia stato uno scivolamento a destra della maggioranza. Come interpretare questo nuovo assetto anche in chiave italiana?
Sicuramente l’orientamento della Commissione europea è più a destra rispetto alla precedente legislatura. Ma l’Italia ha un ruolo di peso non solo perché è stato affidato a Raffaele Fitto un ruolo di primo piano come la vicepresidenza esecutiva. Ma soprattutto perché quello presieduto da Giorgia Meloni è senza ombra di dubbio un governo solido.
Ma Ecr non è in maggioranza. Per lo meno ufficialmente.
No, certo. Però rispetto ad altri Paesi, l’Italia – pur avendo una forza politica, la Lega, che ha votato in Europa contro la Commissione von der Leyen – ha un governo stabile e forte. Gli screzi sulle piccole cose interne, non hanno peso in Europa. Ciò che conta, invece, è che tanto in Francia quanto in Germania, gli esecutivi sono davvero deboli. Per cui, l’Italia con questo nuovo assetto sarà centrale.
Questo avrà un effetto anche nel rapporto con gli Stati Uniti di Donald Trump?
È possibile. Anche se va detto che tutti i presidenti degli Stati Uniti hanno messo al centro delle loro politiche, prima di tutto, l’America più dell’Europa. I dossier più caldi, comunque, non sono certo questi. Rilevanti, sono invece i conflitti: da quello ucraino, passando per il Medio Oriente fino alla questione potenzialmente deflagrante di Taiwan.
Torniamo al voto di Strasburgo. Dissidenti nel Pd e dissidenti nel Ppe oltre che, chiaramente, Avs, Lega e M5S contrari.
È tutto abbastanza fisiologico. Molti del Pd hanno votato per Raffaele Fitto, i popolari spagnoli non hanno votato il Collegio per via della presenza della socialista Ribera. Insomma, fa tutto parte della dinamica politica europea.
Quanto a destra si potrà spingere nel fare accordi questa maggioranza?
Von der Leyen negli ultimi sei mesi ha cercato di ingraziarsi tutti. E ha stabilito un forte rapporto con Giorgia Meloni. Con Ecr probabilmente le intese su singoli dossier verranno trovate (e il voto di ieri ne è un preludio). D’altra parte mi spingo a dire che nessuno però ha la volontà di stringere accordi con il partito Alternativa per la Germania (AfD), che appartiene al gruppo di estrema destra Europa delle Nazioni Sovrane, che contesta lo stesso progetto di integrazione europea).